I gemelli identici hanno sempre evocato un immaginario conturbante, tanto è vero che fin dall'antichità sono al centro di molteplici storie di fantasia, su scambi di persona, equivoci e misteri. Si può passare dalla commedia all'horror, ma gli spunti che offrono sono inesauribili, proprio perché ci riesce difficile immaginare due persone dall'aspetto identico e con lo stesso patrimonio genetico: ci sembra un'anomalia, che non può che portare a conseguenze imprevedibili. Come vedremo in questa recensione di Three Identical Strangers, nell'intrigante documentario di Tim Wardle, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2018 e ora disponibile on demand sulle principali piattaforme, i gemelli sono addirittura tre, e fino all'età di diciannove anni erano inconsapevoli della reciproca esistenza.
La favola che si avvera
New York, 1980. Robert Shafran deve affrontare il suo primo giorno di college: è elettrizzato e un po' nervoso, ma l'ansia cede presto il passo allo stupore quando si sente salutare cordialmente da tutti, e si trova inopinatamente a dover raccontare come abbia passato l'estate a vecchi amici che non sapeva però di conoscere. La singolare evenienza nasconde una verità molto più strana: è stato scambiato per Edward Galland, che aveva frequentato il college fino a poco tempo prima e che ha il suo stesso sorriso, i suoi stessi ricci, la sua stessa corporatura. E soprattutto la sua stessa data di nascita. Eddie è il fratello gemello che Robert non sapeva di avere: lo scopre a diciannove anni dal suo compagno di stanza del college, e adesso è determinato più che mai a incontrarlo. Galvanizzati e increduli, i due gemelli così si conoscono; a un certo punto vengono fermati in macchina per eccesso di velocità da un poliziotto, che ovviamente non crede al resoconto della loro giornata e li liquida con una multa. La loro storia viene diffusa dai giornali e dalle reti televisive locali: i due gemelli separati alla nascita, adottati da famiglie diverse e ritrovatisi per caso a diciannove anni.
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Il risvolto surreale
Fin qui è una favola che commuove e regala ottimismo a persone assuefatte a giornate banali e a notiziari tragici. La favola diventa presto una barzelletta surreale: i due gemelli vengono notati su un quotidiano da una signora del Queens. Non sono identici solamente fra di loro, ma lo sono anche con il suo figlio adottivo, David; le grosse mani che sembrano guantoni da baseball ne sono la riprova: David Kellman è il terzo gemello, anch'egli adottato quando era in fasce da una famiglia ignara quanto le altre due dei retroscena.
La storia non è più incredibile, ma pazzesca, e viene seguita con passione negli Stati Uniti. I tre gemelli, in estasi, diventano ospiti di programmi in cui il presentatore gongola nel rimarcare le loro somiglianze in fatto di gusti e di movenze. Sono ospiti fissi dello Studio 54 e, dopo essere stati contattati da Madonna, partecipano come divertite comparse al film Cercasi Susan disperatamente. Il ristorante che aprono a New York, il Triplets, diventa un locale di tendenza, che solo nel primo anno fattura oltre un milione di dollari. Robert, Eddie e David non si conoscevano fino ai diciannove anni e, di colpo, sono diventati inseparabili.
La favola dai toni dark
Non si può scrivere di un documentario del genere evitando lo spoiler (quindi chi preferisce non scoprire gli sviluppi interrompa qui la lettura), proprio perché la peculiarità di Three Identical Strangers è quella di deragliare continuamente dalla strada che sembrava aver imboccato. I colpi di scena sono continui, così come i cambi di atmosfera: la favola ottimistica diventa un racconto di fantascienza inquietante, e poi volge in tragedia. Perché quella che sembrava una divertente coincidenza, ovvero l'adozione dei tre gemelli da parte di tre famiglie tutte di estrazione sociale diversa, non ha nulla di casuale. Il giornalista del New Yorker, Premio Pulitzer, Lawrence Wright, scopre che il collante di questa e di molte altre presunte coincidenze è l'esperimento dello psichiatra Peter Neubauer. Con la complicità dell'allora rinomata agenzia di adozioni Louise Wise Services, Neubauer voleva capire, sulla scia eccitante della ricerca e del progresso che si respirava in America in quegli anni, in che percentuale incidessero nello sviluppo di una persona il patrimonio genetico e l'ambiente familiare: quale dei due prevalesse rispetto all'altro. Data la morte di Neubauer nel 2008, Wardle intervista Natasha Josefowitz, l'anzianissima ex assistente dello psichiatra che, sorridente e affabile, spiega come in questa lotta ancestrale prevalgano i geni, e il nostro percorso sia quasi predeterminato. Non abbiamo vie di fuga dal nostro destino: un risvolto terribilmente pessimistico per quella che all'inizio sembrava una fiaba.
L'ennesimo colpo di scena
La tesi che sembra sostenere il documentario per fortuna è un'altra: la gente vede ciò che vuole vedere. Le somiglianze nei gusti e negli atteggiamenti, a detta degli stessi "triplets", venivano enfatizzate per compiacere le aspettative del pubblico, che ama tanto la semplificazione quanto i buoni sentimenti. Ma la verità è ben più complessa: i tre gemelli avevano caratteri diversi e priorità diverse, e quando hanno cominciato a prendere strade differenti è stato Eddie a risentirne di più. La sua fragilità e il suo incrollabile affetto per la famiglia celavano una grave depressione, che lo ha infine portato al suicidio. Ma su questo risvolto drammatico probabilmente non hanno inciso soltanto i geni, bensì anche l'ambiente in cui Eddie è cresciuto, forse una severità maggiore nell'educazione impartitagli, nonché il suo essere riuscito meno bene a integrarsi con la propria famiglia adottiva rispetto a Robert e David. I quali, ormai adulti e molto meno simili tra loro (l'uno emaciato, l'altro pasciuto), ci raccontano questa storia inverosimile: prima con divertimento, poi con rabbia e commozione. Il loro sorriso accogliente non è cambiato negli anni, ma lo è la percezione della loro vita: in un primo tempo protagonisti perfetti di un film della Disney, in un secondo tempo cavie di un esperimento crudele. Il documentario di Tim Wardle intreccia le interviste ai due gemelli superstiti e agli altri personaggi di questa imprevedibile storia con immagini e filmati d'epoca. Approfondito e dal ritmo incalzante, Three Identical Strangers spiazza continuamente lo spettatore che, alla fine del film, si chiederà se per caso ignori anche lui di avere un gemello, o forse due, da qualche parte nel mondo.
Conclusioni
Come abbiamo visto nella recensione di Three Identical Strangers, il documentario di Tim Wardle spiazza continuamente lo spettatore, presentandosi prima come una favola e assumendo via via le sfumature inquietanti della fantascienza più cupa. E a fine visione ci sentiremo affascinati e commossi al pensiero che ogni colpo di scena nel film si è verificato davvero.
Perché ci piace
- Tim Wardle racconta la storia incredibile di tre gemelli che si sono “scoperti” a diciannove anni, e lo fa con ritmo e stile.
- Via via la storia si rivela diversa da ciò che sembrava, e i colpi di scena si distribuiscono perfettamente nell’arco dell’appassionante documentario.
- I gemelli hanno un sorriso simpatico e irresistibile, e le loro interviste sono divertenti o toccanti, a seconda della circostanza.
- Il documentario, prima quasi fiabesco e poi drammatico, è interessantissimo da ogni punto di vista: storico, scientifico, psicologico.
Cosa non va
- Lo spettatore riprenderà la sua vita chiedendosi se ci sia un suo gemello da qualche parte nel mondo.