Thor: Love and Thunder è il nuovo cinecomic diretto e co-scritto da Taika Waititi (in compagnia di Jennifer Kaytin Robinson) che torna a lavorare sul dio del tuono dopo l'eversiva e rivoluzionaria impronta che ha dato al personaggio con Thor: Ragnarok (2017). In particolare, la pellicola si appoggia a due cicli fumettistici de La Casa delle Idee ovvero Thor Dio del Tuono di Jason Aaron ed Esad Ribic e La Potente Thor anch'esso di Aaron. Se dal primo Waititi ha raccolto tutti gli elementi per la costruzione dell'antagonista a partire dal suo background, dal secondo si è ispirato per la trasformazione di Jane Foster in supereroina. Parlando proprio della dimensione divina del film che prende piede grazie alla presenza del Gorr cinematografico di Christian Bale, è interessante notare la lettura atipica e antitetica che è stata fatta delle divinità presenti, delle entità totalmente noncuranti del destino degli uomini che non accettano la loro fine prossima. Questa nostra riflessione contiene degli spoiler su Thor: Love and Thunder.
L'odio di Gorr
Già la prima scena di Thor: Love and Thunder, incentrata sulle origini del villain, non solo fa capire il tono drammatico del film - che si alterna all'umorismo tipico di Waititi - ma sedimenta già dall'inizio la caratterizzazione degli dei che vedremo più dettagliatamente nel corso della pellicola. La disperazione e il dolore di Gorr per la perdita della figlia gli aprono le porte verso il dominio del dio Rapu, che non ha mai esaudito le preghiere dell'uomo e ha totalmente ignorato le sue continue richieste. Il portatore di luce è solo un'entità boriosa e vanitosa che si nutre delle adulazioni degli esseri umani, ma che non ha a cuore la loro salute. Ecco che l'omicidio di Rapu da parte di Gorr segna due importanti traguardi del cinecomic: da un lato la nascita dell'antagonista, dall'altro l'inizio della fine degli dei. Un destino scelto da loro stessi: non accettando il loro ruolo nel vasto ordine cosmico sono destinati all'estinzione per mano dei loro servi più devoti.
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L'umanità senza una guida
Da questo momento in poi, in Thor: Love and Thunder si delinea una prospettiva catastrofica: un universo privo della guida di entità superiori che può probabilmente tendere alla distruzione. Ma è realmente così? Per come Waititi ci descrive le divinità, in realtà Gorr, per quanto sia un omicida, sta rendendo giustizia a tutti coloro che hanno implorato e pregato invano, dando più libertà agli uomini nel nostro mondo. Una sorta di Prometeo marvelliano che invece di donare il fuoco all'umanità, le offre la possibilità di controllare finalmente tutto senza limiti. Da questo punto di vista la nemesi di Thor sembra agire nel giusto, ma ci sono due altri fattori da considerare: in questo modo l'equilibrio cosmico è distrutto e, soprattutto, la vendetta non può essere il motore fondante di una società di soli esseri umani. Ecco che quindi, nonostante i suoi colleghi non meritano di essere salvati, il dio del tuono (Chris Hemsworth) è pronto ad entrare in scena.
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Onnipotence City
Onnipotence City è un luogo centrale all'interno di Thor: Love and Thunder anche se apparentemente sembra incarnare le gag più spassose e inaspettate del lungometraggio. Questo enorme spazio, presente tra l'altro in Thor Dio del Tuono, è una sorta di parlamento dove tutte le divinità dell'universo hanno la possibilità di prendere le decisioni in accordo con tutti gli dei di tutti i pantheon esistenti. Dietro la sua sfarzosa e imponente estetica, il posto è volutamente ridicolizzato da Waititi perché sede del potere di tutte le entità più potenti della galassia e vista la caratterizzazione di Rapu, non deve stupire che anche gli altri dei sono descritti allo stesso modo. I protagonisti si recano qui per far ragionare tutte le divinità e metterle in allerta riguardo la furia sterminatrice di Gorr, ma non riescono nel loro intento e anzi, vengono ridicolizzati. Thor è l'unico che vuole salvaguardare la sua terra, mentre gli altri hanno problemi più futili da risolvere.
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Zeus, un dio deludente
Zeus (interpretato da Russell Crowe), capo dell'Olimpo, è quello che presiede il trono di Onnipotence City ed è la perfetta rappresentazione dei vizi e dei capricci di tutte le divinità presenti nel film. In pochi minuti sappiamo giù tutto di lui: è vanaglorioso, eccentrico, egoista e pensa solamente alle sue orge private. Curioso notare come Thor, che inizialmente lo vede come il suo mito, è proprio colui che lo sconfigge (apparentemente). La sua detronizzazione oltre ad essere fisica è anche simbolica: il figlio di Odino è l'unico realmente degno ad interpretare le esigenze dei suoi simili. Solo lui può salvare la sua razza, ma purtroppo non viene capito e costretto ad una fuga rocambolesca in sella al suo carro in compagnia di Korg (Taika Waititi), Jane (Natalie Portman) e Valchiria (Tessa Thompson). Questo passaggio, però, non è per nulla vano: ha permesso al protagonista di capire realmente il suo destino ed ha fornito un nuovo strumento di morte a Valchiria.
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L'amore che vince contro la vendetta
In tutta la parte finale di Thor: Love and Thunder, al di là dello spettacolare combattimento tra i protagonisti e il Macellatore di Dei, viene veicolato al pubblico un messaggio importante: la vendetta è deleteria e l'amore vince sempre, alla fine. L'amore tra Gorr e la figlia Love, il sentimento forte tra Thor e l'umana Jane Foster che si sacrifica per la Terra, la relazione tra Korg e Dwayne che permette la nascita di una nuova vita. Per quanto gli dei non sono così tanto onnipotenti e perfetti come li immaginiamo e continuano imperterriti la loro esistenza solitaria, sembra che l'umanità ha trovato finalmente il suo scopo ultimo: amare, che è l'unico elemento che consente la risoluzione di ogni conflitto, guerriglia e scontro. Una morale che, per quanto sia scontata, riesce sorprendentemente a chiudere tutte le storylines presenti all'interno del lungometraggio.
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La pace prima della guerra divina
Il filone divino, però, non è affatto concluso all'interno di Thor: Love and Thunder e le scene dopo i titoli di coda sono proprio incentrate sul mondo mitologico. Da una parte abbiamo Zeus che, ancora vivo e ovviamente infastidito dal comportamento di Thor, cova vendetta insieme a suo figlio Ercole (Brett Goldstein). Di tutt'altro tono, invece, è la seconda sequenza che mostra Jane Foster nel Valhalla, dove è stata accolta dopo la sua morte in battaglia. Le due scene, apparentemente scollegate tra loro, in realtà fanno leva per prima cosa sugli aspetti più negativi e oscuri della dimensione divina del film, suggerendo l'avvento di una pericolosa e gigantesca guerra tra Pantheon; l'apparizione della Potente Thor nel paradiso norreno, invece, non esclude il suo ritorno e riporta il pubblico sul lato più pacifico e placido già perseguito al termine del lungometraggio. Queste due anime del cinecomic, quella più dissacrante e inoclasta, quella più delicata e drammatica lottano fino alla fine.
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