All'inizio di Thelma, nel corso di una scena rapida e silenziosa, Joachim Trier riesce a regalarci un incipit di rara potenza. Un uomo, Trond (Henrik Rafaelsen), è a caccia insieme a sua figlia (Grethe Eltervåg). Nella quiete del bosco, la bambina fissa da breve distanza la preda che suo padre si prepara ad abbattere; non può accorgersi che, in quel preciso istante, il fucile dell'uomo è puntato invece verso di lei.
Sul momento non ci vengono fornite ulteriori spiegazioni, se non un'inquadratura dell'espressione agghiacciata del padre, immerso in un terrificante dilemma. L'intera scena si estende nello spazio di una manciata di secondi, eppure sarebbe stato difficile concepire un prologo altrettanto poderoso e disturbante; un prologo che, a visione ultimata, anticipa alla perfezione lo spirito di uno dei film più sorprendenti del 2017, nonché di uno degli horror (etichetta comunque riduttiva) più interessanti ed atipici degli ultimi anni.
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L'educazione sentimentale di Thelma
Nella sequenza successiva, ambientata a molti anni di distanza, ritroviamo la stessa bambina ormai cresciuta: il suo nome è Thelma e il volto, con i lineamenti delicati e lo sguardo timido, è quello della ventiduenne Eili Harboe (artefice di un'ottima prova d'attrice). Prossima a cominciare il suo primo anno di università, Thelma ha deciso di lasciare per la prima volta il tetto familiare e di allontanarsi dalla presenza iperprotettiva dei genitori per vivere da sola a Oslo, dove frequenta le lezioni ma ha qualche difficoltà ad instaurare delle relazioni sociali. Un po' alla volta, spinta dal bisogno di allargare i confini del proprio mondo, la ragazza inizia però a frequentare alcuni coetanei; e una di questi, la sua compagna di studi Anja (Kaya Wilkins), graziosa e spigliata, provoca in Thelma un sentimento particolarmente forte, mai sperimentato prima di allora.
Il quarto lungometraggio di Joachim Trier, autore che ha esordito nel 2006 con Reprise ed era già approdato in Italia nel 2016 con l'eccellente Segreti di famiglia, si muove al confine fra generi diversi: ha l'apparenza e i canoni di un tipico coming of age, incentrato sul primo contatto con i palpiti amorosi e sulla presa di coscienza di un'omosessualità in parte negata e repressa, eppure è un film connotato anche da suggestioni di tutt'altro tipo, al punto da lambire addirittura i territori dell'horror. Ad esempio, perché all'improvviso stormi di volatili si scagliano contro le vetrate della biblioteca universitaria? Qual è la causa delle violente convulsioni da cui è colpita Thelma? E perché sua madre Unni (Ellen Dorrit Petersen) è costretta su una sedia a rotelle e, così come il padre, è tanto preoccupata dal comportamento della figlia?
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Il buio nella mente
Il copione, scritto da Joachim Trier insieme al fedele co-sceneggiatore Eskil Vogt, incasella una dopo l'altra queste domande, costruendo un senso di inquietudine progressivo ma via via più palpabile, accentuato da una messa in scena di rigorosa compostezza e dall'impatto visivo di un CinemaScope che valorizza al massimo grado la cupa fotografia di Jakob Ihre. E per quanto il soggetto alla base del film richiami ovviamente alla memoria la tormentata adolescente di Carrie di Stephen King (e del classico di Brian De Palma), Thelma non scopre subito le proprie carte, pur lasciando intuire al pubblico la direzione verso cui è avviata la storia: un'intuizione favorita da sinistri dettagli e da elementi surreali (il sogno/incubo del serpente che si insinua nella camera da letto della giovane), suscitando echi del cinema più tenebroso ed onirico di Ingmar Bergman (specialmente L'ora del lupo).
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La componente horror di Thelma funge pertanto da veicolo per un racconto sull'esplorazione di sé e del mondo, ma soprattutto sulla minaccia costituita dall'emergere di pulsioni che, nella loro incontrollata intensità, quel mondo rischiano puntualmente di metterlo a soqquadro, con la violenza di una scossa tellurica. Il film, tuttavia, non si fa ingabbiare in un semplice impianto metaforico (l'impulso sessuale come forza perturbante e distruttiva), ma lascia che la sua protagonista scivoli sempre più a fondo negli abissi della psiche, per confrontarsi con gli spettri dell'inconscio e con i segreti che si annidano oltre il velo della rimozione. Fino ad ammonirci, in un epilogo tanto spaventoso quanto emblematico, sulla natura stessa dei desideri e sulla nostra incapacità di imbrigliare il loro imprevedibile, oscuro potere.
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