La TV, lo diciamo tutti da un pezzo, è diventata sempre più sorprendente, guadagnando diversi punti rispetto al grande schermo. Lo ha confermato Giuseppe Piccioni, direttore artistico del Roma Fiction Fest, edizione 2016, introducendo un interessante panel sullo stato della serialità italiana al quale hanno partecipato dieci affermati autori della nostra televisione: Peter Exacoustos, Laura Ippoliti, Michele Pellegrini, Barbara Petronio, Andrea Purgatori, Stefano Sardo, Maurizio Careddu, Fosca Gallesio, Pierpaolo Pirone e Amelia Pollicino, tutti riuniti insieme per discutere con un pubblico di specialistidel perché molto di ciò che vediamo provenire dall'estero è impensabile nel nostro paese.
"Quando è apparso Six Feet Under mi sembrava quasi impossibile" ha infatti spiegato in apertura Piccioni, "anche solo pensare di proporla ad un dirigente della nostra TV sarebbe impensabile." Ma perché si è arrivati a questo punto, per una televisione che negli anni '70 aveva prodotto con coraggio e lungimiranza? Cosa c'è che non funziona nel nostro sistema produttivo e televisivo che impedisce ad uno scrittore italiano, pur bravo e creativo, di proporre le sue idee, consapevole che non sarebbero accolte di buon grado?
I grandi assenti: i produttori
La prima anomalia italiana viene fuori sin dalle prime battute del convegno e la solleva Andrea Purgatori: "Questi scambi di idee sono molto utili per noi e lo sarebbero anche per i produttori... se ci fossero." Un atteggiamento che fa eco al loro "spirito conservativo" ed al nostro "mondo chiuso da mettere a confronto con un altro che si muove alla velocità della luce". Si fanno esempi alti, si cita Fargo che si ispira ad un film , è prodotta dai registi di quell'opera e riesce a non sfigurare in confronto al materiale di partenza. In generale si prende di mira la miopia di una classe dirigente incapace di capire lo stato delle cose e stare al passo. Gli fa eco Laura Ippoliti, la quale sottolinea che "i commissioner, quelli che chiedono prodotto qui da noi, si mantengono su una linea di prodotto rassicurante, che non spiazzi, che non turbi e non sorprenda, che è l'antetesi stessa della creatività", aggiungendo che al recente Mercato Internazionale dell'Audivisivo "la maggior parte dei progetti presentati erano ambientati a Napoli, action polizischi, sulla scia di Gomorra."
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L'epoca d'oro della TV
Il successo di Gomorra - La Serie non è passato sotto silenzio, essendo stata da poco celebrata in USA come terza migliore serie dell'anno e facendo sì che da fuori si guardi molto al nostro paese. "Questo per noi autori è un momento emozionante", ha continuato la Ippoliti, "dopo anni di chiusura, sentiamo che la valanga di creatività montata all'estero è arrivato fino a noi. Non ci sono più solo Stati Uniti e Gran Bretagna, ma anche paesi scandinavi ed altre realtà. Per le persone creative è un terreno fertile da cui prendere a piene mani, ma poi ci confrontiamo con una situazione italiana che fatica a mettersi al passo." Una situazione che però sta cambiando, sia per l'ormai consolidata posizione di Sky che per l'arrivo di altre realtà come Netflix e, a breve, Amazon, che produrranno nel nostro paese. "Credo che sia un momento bello, in cui molti soggetti stanno entrando," conferma Maurizio Careddu, "il mercato si sta allargando e la Rai ha iniziato a fare qualcosa di più innovativo su Rai 2 e Rai 3, coinvolgendo una fetta di pubblico più giovane, quella che abbiamo perso."
Su Netflix ha qualcosa da aggiungere Barbara Petronio, che sta lavorando all'adattamento di Suburra: "Anche Netflix ha le sue richieste per noi autori, ma non riguardano i temi da trattare, quanto la struttura narrativa." Netflix tiene al suo binge-watching e la scrittura deve favorirlo ovviamente. Ma in quanto a temi, si inserisce in questo filone di novità un percorso italiano che "è iniziato qualche anno fa con Romanzo criminale - La serie, che ha aperto le strade a qualcosa di diverso da quello a cui eravamo abituati"_, ha completato la Petronio.
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Questione di diritti
Un ulteriore ostacolo allo sviluppo della nostra serialità è quella relativa alla proprietà intellettuale. Lo spiega ancora Purgatori: "Possiamo scrivere una serie straordinaria come Gomorra e non guadagnare nulla più del solito su questa creatività, non prendendo quello che negli altri paesi viene dato agli autori." Lo sceneggiatore non ne fa solo una questione economica: "è anche un problema di libertà," aggiunge, "perché ci darebbe il potere di dire 'no, questa storia è una cazzata, fattela da solo'. Solo modificando ciò possiamo sedere al tavolo in modo paritario." Ce lo conferma Barbara Petronio spiegando come "scontiamo sulla nostra pelle anni di mancate conquiste", mentre Stefano Sardo, ironizzando sul famigerato "Da un'idea di Stefano Accorsi" di 1992 sottolinea come "nessuno ci ha mai chiesto un'idea originale per una serie". Un punto essenziale perché limita anche gli sforzi e la voglia di investire lavoro su un progetto per migliorarlo il più possibile. "Dobbiamo difendere con le unghie e con i denti i nostri diritti," ha detto ancora Sardo, "se faccio una cosa che vende in 100 paesi ma non guadagno un euro di più, chi me lo fa fare?"
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Il mestiere del nostro futuro: Lo showrunner
In Italia però manca anche un ultimo passaggio fondamentale, quello che riguarda l'impronta e la firma del prodotto. "Bisognerebbe accettare che le serie sono il medium degli sceneggiatori," afferma Sardo, "mentre un film si concentra più attorno al regista, la serie ha bisogno di una figura come lo showrunner con una visione artistica che possa perpetuarsi per anni. Nella nostra visione europea, questa cosa è un'eresia. In Italia non c'è nessuno showrunner vero, si contano sulle dita di una mano e non lo siamo sul serio, perché non abbiamo il controllo creativo. Questo è il vero punto." Un'eccezione recente è stata quella di Paolo Sorrentino per The Young Pope, un autore vero che ha potuto dare una sua impronta forte e precisa all'intero progetto. "È qualcosa che può aprire le porte ad altri autori per fare altrettanto," ha detto Pierpaolo Pirone, "per lavorare a idee originali con la stessa libertà che ha avuto Sorrentino". Ma il timore è che possa essere un caso isolato e difficile da replicare quando i nomi coinvolti non avranno la stessa risonanza dell'autore de La grande bellezza.
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