Il lago delle oche selvatiche, la recensione: un noir cinese ricco di intrighi e scene cult

La nostra recensione di Il lago delle oche selvatiche, thriller cinese presentato in concorso al Festival di Cannes.

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Il lago delle oche selvatiche: Lun-Mei Kwei in una scena del film

Con questa recensione di Il lago delle oche selvatiche, film presentato in concorso a Cannes 2019, ci apprestiamo a riconnetterci con l'opera del regista cinese Diao Yi'nan, che con il suo quarto lungometraggio è tornato sulla Croisette a dodici anni da Night Train, l'opera seconda selezionata in Un Certain Regard nel 2007, e con in mezzo il fortunato exploit di Fuochi d'artificio in pieno giorno, arrivato anche nelle sale italiane dopo aver conquistato l'Orso d'Oro a Berlino nel 2014. Proprio con quel film il cineasta si dedicò al genere allo stato puro, declinando con un gusto raffinato e cinefilo le convenzioni del noir, territorio in cui torna con il nuovo lungometraggio e che ha esplorato anche come attore, recitando nel 2018 ne I figli del Fiume Giallo del connazionale Jia Zhang-ke, anch'esso passato nel concorso principale della prestigiosa kermesse francese.

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Storia di un gangster in fuga

Come da buona e consolidata tradizione noir, la trama di Il lago delle oche selvatiche inizia in medias res, sotto la pioggia, quando il protagonista Zhou Zenong (Ge Hu) incontra Liu Aiai (Lunmei Kwai, interprete femminile principale di Fuochi d'artificio in pieno giorno, una prostituta incaricata di consegnarli un messaggio da parte della moglie. Da lì si va a ritroso, svelando che Zhou è in fuga dopo una lite con altri membri della sua banda di criminali, uno scontro territoriale che portò a un paio di morti da entrambi i lati della legge. Egli è quindi braccato sia dai colleghi che dalla polizia (il capitano è Liao Fan, un altro attore del film precedente del regista), con una taglia considerevole sulla propria testa. Come da consuetudine abbondano intrighi e tradimenti, e la caccia all'uomo si fa sempre più spietata.

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Il lago delle oche selvatiche: Fan Liao in una scena del film

Rispetto a cinque anni fa la componente puramente politica rimane in superficie, con squarci del ceto medio-basso cinese che si batte per la sopravvivenza in un mondo sempre più ingiusto, in un passato recente (siamo nell'estate del 2012, presumibilmente per far sì che i personaggi non si affidino troppo alle tecnologie odierne). Manca anche l'economia narrativa del film precedente di Diao Yi'nan, che per la sua prima incursione nel thriller duro e puro scelse di concentrarsi su pochi personaggi alle prese con una singola minaccia.

Qui invece la trama si fa più intricata, per non dire ingarbugliata, con alcuni passaggi che a una prima visione possono risultare poco chiari, anche per il pubblico cinese: come abbiamo infatti appreso a Cannes, i dialoghi sono recitati nel dialetto di Wuhan, regione scelta dal regista per questioni geografiche (il lago del titolo), difficilmente comprensibile, e il cineasta ha rassicurato i propri connazionali circa la presenza di sottotitoli per l'uscita cinematografica in patria.

Personaggi che si muovono in un'atmosfera dark

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Il lago delle oche selvatiche: un'immagine del film

È un mondo complicato quello dove si muovono i personaggi di Il lago delle oche selvatiche, ma anche visivamente affascinante, grazie ai giochi cromatici di una fotografia che omaggia gli stilemi del genere e al contempo li rielabora in un'ottica più contemporanea, applicando un filtro socio-culturale locale che diventa anche universale. E poi c'è la componente action, affidabilmente spettacolare e brutale nel cinema orientale, che Yinan mette in scena con un misto di classicismo e moderno parossismo, in particolare durante una sequenza tesissima all'interno di un palazzo che, pur non rifacendosi esplicitamente a The Raid, ne richiama in parte la frenesia adrenalinica e ipercinetica e regala diversi momenti già cult (in particolare quello dell'ombrello). È un esercizio di stile raffinato e impressionante, sorretto da due interpretazioni centrali che danno il giusto spessore a un racconto che, al netto di qualche sbavatura narrativa e personaggi secondari abbastanza approssimativi, risulta estremamente godibile.

Conclusioni

Arrivati al termine della nostra recensione di The Wild Goose Lake, ripensiamo con discreto piacere alla visione del nuovo noir di Diao Yi'nan, che compensa qualche pecca di scrittura con un'atmosfera suggestiva e un apparato tecnico sopraffino, soprattutto nei non pochi momenti d'azione che confermano la vitalità del cinema orientale su quel versante. Un paio di momenti brevemente, squisitamente brutali sono già cult.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • I due protagonisti hanno la giusta aura da archetipi del noir.
  • La scene d'azione sono costruite in maniera precisa e sbalorditiva.
  • L'atmosfera piovosa e lugubre è molto affascinante.

Cosa non va

  • La trama in alcuni punti è troppo ingarbugliata.
  • I personaggi secondari mancano un po' di spessore.