The Whiskey Bandit, la recensione: un bio-pic criminale da una storia vera

La storia di The Whiskey Bandit è incentrata sulla figura di Attila Ambrus, rapinatore diventato famoso negli anni Novanta per i suoi metodi gentili ed eccentrici. Su Rai4 e RaiPlay.

Un'immagine del film The Whiskey Bandit

Non ha avuto un'infanzia semplice Attila Ambrus, cresciuto nella Romania di Ceaușescu in un Paese dove il minimo sgarro poteva segnare il confine tra la vita e la morte. Abbandonato dai genitori e allevato dalla nonna, Attila sin da piccolo ha manifestato un'indole ribelle, proprio quell'indole che lo farà finire in riformatorio dove il suo carattere verrà ulteriormente forgiato a fuoco.

The Whiskey Bandit Bence Szalay
The Whiskey Bandit: Bence Szalay beve il suo whiskey prima di una rapina

Al punto che ormai adulto, in The Whiskey Bandit il protagonista non si lascia scappare l'occasione di trovare una via di fuga e abbandonare il ruolo militare impostogli, per cercare fortuna all'estero. Entrato in Ungheria clandestinamente, cerca di ottenere un permesso di soggiorno ma ogni suo tentativo viene meno, imbrigliato nelle maglie della burocrazia o nei loschi traffici di faccendieri corrotti. Fino a quando non decide di rapinare una banca: un colpo che va a buon segno e che lo spinge a proseguire la sua carriera criminale, che lo porterà a essere considerato una sorta di (anti)eroe nazionale da parte dell'opinione pubblica.

The Whiskey Bandit: colpo dopo colpo

The Whiskey Bandit Bence Szalay Immagine
Una scena del film su Attila Ambrus

Era considerato come una sorta di moderno Robin Hood, o meglio come Sándor Rózsa - sorta di controparte ungherese del più celeberrimo fuorilegge di Sherwood - il personaggio sul quale è basato questo bio-pic criminale all'insegna dell'azione, al punto da essere per l'appunto battezzato, come dice anche il titolo, il bandito del whiskey. Un personaggio scomodo e controverso, senza dubbio affascinante in quell'ottica dove il fascino del male attecchisce in certi contesti, soprattutto se chi compie malefatte si distingue per evitare spargimenti di sangue o affini. Ad ogni modo la sceneggiatura non intende nasconderne i lati più oscuri, evitando un approccio agiografico in favore di una solida messa in scena di genere che non prende posizione, limitandosi a raccontare - con tutte le libertà del caso - alcune fasi salienti nella vita di questo rapinatore sui generis.

Questione di controllo

The Whiskey Bandit Bence Szalay Scena
Il crimine ha un prezzo nel film

Dietro la macchina da presa troviamo il regista di origini autoctone, seppur naturalizzato statunitense, Nimród Antal, che ricordiamo soprattutto per il sorprendente esordio Kontroll (2003), prima che fosse fagocitato dall'Hollywood dei franchise e aver firmato tra gli altri l'improbabile Predators (2010). Ma lo stile è fortunatamente rimasto e in quest'occasione sfodera uno stile cool e scattante, capace di gestire sia le fasi più tranquille e psicologiche che l'anima action, esaltante in diversi passaggi, tra inseguimenti su due e quattro ruote e fughe / evasioni di vario tipo. E già dai primi minuti, con la macchina da presa che segue alle spalle il protagonista e i flashback e i flashforward che ci mostrano sia l'infanzia che il conseguente arresto / interrogatorio utile a ripercorrerne a ritroso la carriera criminale, The Whiskey Bandit opta per un dinamismo incalzante e avvincente, che riesce a evitare tempi morti mantenendo un certo flavour per tutte le due ore di visione. Merito da condividere con l'efficace performance di Bence Szalay, mai fuori posto o in over-acting ma sempre pienamente dentro il personaggio.

Straniero in terra straniera

The Whiskey Bandit Foto
Una delle rapine di The Whiskey Bandit

La difficoltà di integrarsi in un Paese che continua a vederlo come un corpo estraneo e l'amore per una bella ragazza locale, i cui genitori subodorano qualcosa di losco e preoccupante, sono alcuni degli elementi scatenanti che spingono Attila verso quella via criminale che appare al contempo salvifica e liberatoria, trascinandolo in un circolo senza via d'uscita che si complica inesorabilmente. Una copertura difficile da mantenere quando i soldi aumentano e con esso il lusso, in un gioco del mostrare annichilente e compromettente, pronto a ritorcersi contro quando meno te l'aspetti. The Whiskey Bandit arriva dritto al sodo senza perdersi in fronzoli inutili, asciugando quando necessario e trovando il giusto equilibrio tra approccio biografico e cinema d'intrattenimento, per un film che ha poco da invidiare a omologhe produzioni d'Oltreoceano ben più blasonate e altisonanti e che ha il grosso merito di rendere interessante un personaggio del quale la maggior parte del pubblico non ungherese ignorava l'esistenza.

Conclusioni

Diventato famoso per i travestimenti eccentrici, per donare fiori alle cassiere prima dei colpi e per regalare bottiglie di vino alla polizia; ma anche per il suo carattere "gentile", tanto che non vi è mai stato uno spargimento di sangue durante una delle sue rapine. Il criminale Attila Ambrus, etichettato negli anni Novanta come una sorta di moderno Robin Hood dalla stampa ungherese, è al centro di questo bio-pic diretto da Nimród Antal, abile nel non mitizzare una figura complessa ma nel raccontarla con un piglio deciso e robusto, all'insegna dei migliori film di genere a tema. Azione e scavo psicologico convivono in un film che non perde tempo, focalizzandosi su stile e intrattenimento anche a costo di potenziali libertà narrative.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Stile e ritmo da vendere nella regia di Antal.
  • Un protagonista in palla e un ottimo cast di supporto.
  • Un bio-pic che intrattiene per due ore piene.

Cosa non va

  • Qualche comprensibile libertà narrativa.