The Walking Dead: i non-morti della AMC sbarcano in TV

Darabont riesce a coniugare una regia che è squisitamente cinematografica con una scrittura che si prende il suo tempo per sviluppare i personaggi, fornendo elementi importanti su cui fare ipotesi, diluendo la narrazione in un racconto che sarà anche e soprattutto umano.

Da qualche anno gli zombie sono tornati di moda, nell'horror americano. Questa figura di mostro che fa ormai parte della mitologia del genere (specie cinematografica) era finita un po' nel dimenticatoio fino alla metà del decennio scorso, prima di essere riportata agli onori delle cronache da film come L'alba dei morti viventi di Zack Snyder e soprattutto dal suo papà storico, George A. Romero, che con le sue nuove pellicole ha dato avvio a una nuova e più che mai sanguinosa ondata di zombie-movie, non solo statunitensi.

Anche la televisione, che finora aveva sempre snobbato il filone (anche a causa di un'estetica di genere non proprio da prime time) ha deciso così di sfruttare la rediviva popolarità dei morti viventi, prima con la miniserie Dead Set, andata in onda in Gran Bretagna nel 2008, e ora con questo The Walking Dead, commissionato dalla rete AMC (tra i loro prodotti sono da ricordare Mad Men, Breaking Bad ed il remake di The Prisoner) a un regista del calibro di Frank Darabont, anche co-produttore esecutivo insieme a una vecchia conoscenza del cinema fantastico, Gale Anne Hurd (produttrice di film come Terminator e Aliens - Scontro finale). La fonte, per quella che parte come una miniserie da 6 episodi di poco più di un'ora ciascuno (ma una seconda stagione è già confermata) è un fumetto di Robert Kirkman, anche lui co-produttore esecutivo oltre che sceneggiatore del quarto episodio.

L'alba televisiva dei morti viventi

Il pilot della serie, andato in onda negli USA il 31 ottobre, da noi, su Fox, l1 novembre, inizia in mezzo agli eventi, con l'agente di polizia Rick Grimes, interpretato da Andrew Lincoln, che si trova a fronteggiare una bambina-zombie in uno scenario in cui si respira già la morte e il disfacimento in corso. Da lì, veniamo trasportati indietro alla sparatoria in cui Rick rimane gravemente ferito, per svegliarsi su un letto di ospedale, debole ma vivo, apparentemente poco tempo dopo; in realtà, come apprendiamo quasi subito, sono passati diversi giorni dal suo ricovero, l'ospedale è deserto e in città ci sono solo cadaveri, forse vittime di un morbo letale, forse di un'inspiegabile ondata di violenza collettiva. Ma il poliziotto, che ha appena iniziato la sua odissea, finora ha visto solo i morti che restano a terra: non quelli che si alzano e camminano, come gli verrà rivelato poco dopo.
In questo pilot, che parte quindi da una situazione che rimanda a film come 28 giorni dopo (e relativi sequel), si notano già una scrittura e una regia molto curate, unite a un rispetto filologico delle coordinate del genere, senza le deroghe che abbiamo spesso visto al cinema negli ultimi anni: gli zombi non corrono come nel film di Snyder, ma hanno un'andatura claudicante e vanno eliminati, come da tradizione, con un colpo alla testa; non c'è alcuna concessione a derive umoristiche né a interpretazioni del genere sbilanciate sull'azione, come nei vari Resident Evil e in parte in esempi derivativi come il recente The Horde. Quello che c'è è, al contrario, un reale senso di terrore e un'atmosfera in cui è palpabile la sensazione di apocalisse imminente, la perdita di tutti i punti di riferimento, la profanazione e l'esibizione grafica, cruda e senza mediazioni, di un elemento culturalmente rimosso di tutte le società occidentali come la morte. Tutte componenti che fanno parte del DNA del filone così come fu codificato da Romero nel suo La notte dei morti viventi, ma riproposte qui con una nuova attenzione alla narrazione e specie alla caratterizzazione dei personaggi, tutti ben delineati, tutti forieri di possibili sviluppi narrativi che sarà interessante seguire.

Cosa è successo ad Atlanta?

Darabont riesce in effetti, in questo primo episodio, a coniugare una regia che è squisitamente cinematografica (con momenti di tensione altissima, come tutta la parte ambientata nell'ospedale) con una scrittura che si prende il suo tempo per sviluppare i personaggi, fornendo elementi importanti su cui fare ipotesi, diluendo la narrazione in un racconto che sarà anche e soprattutto umano: non sappiamo ad esempio quale sia la natura della crisi tra il protagonista e sua moglie, ma sappiamo quanto sia forte il legame che ancora li unisce; non sappiamo cosa sia successo esattamente nella città di Atlanta, indicata come riparo dall'esercito e in realtà preda dei morti viventi, ma intuiamo (anche dal finale di episodio) che anche in questo caso l'uomo ha le sue colpe. Su tutto, sembra di scorgere uno sguardo non privo di pietà, una certa umanizzazione della figura dello zombie (figlia forse dell'ultimo Romero) che ce lo fa apparire innanzitutto vittima, oggetto di una terribile sofferenza, individuo privato della facoltà di pensare, ma forse non privo di ricordi della vita passata.

E' da rimarcare, in un pilot che fa capire quindi quanto la sceneggiatura e lo sviluppo dei personaggi saranno importanti nel prosieguo della serie, la buona interpretazione di Andrew Lincoln nel ruolo principale (lo abbiamo visto nella commedia Love Actually - L'amore davvero, ma anche nella serie tv britannica Afterlife) e un Jon Bernthal (recentemente nel cast di The Pacific) nei panni dell'agente di polizia Shane, amico del protagonista, che qui ha ancora poco spazio ma che certamente ne acquisterà, e molto, nei prossimi episodi.
Una miniserie, dunque, che si presenta nel migliore dei modi, con un primo episodio che cattura l'attenzione nella giusta misura, senza rinunciare a nulla in termini grafici (il gore c'è ed è abbastanza esplicito) ma guardando anche a chi il genere non lo mastica. Se il pubblico premierà (come finora ha sempre fatto per i prodotti AMC) potrà rappresentare anche un ottimo viatico per l'approdo, in massa, di questa icona dell'horror sul piccolo schermo.

Movieplayer.it

4.0/5