The Walking Dead 11, recensione del quattordicesimo episodio: ricchi e poveri

La recensione del quattordicesimo episodio dell'undicesima stagione di The Walking Dead (11x14), che approfondisce il marciume del Commonwealth.

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The Walking Dead 11: una scena del tredicesimo episodio

Con la recensione di The Walking Dead 11x14 possiamo confermare l'impressione positiva delle ultime settimane, con la storyline del Commonwealth che sta assumendo contorni intriganti e "fumettosi" (in senso buono), dando alla stagione di commiato un'abbondante dose di carne al fuoco, dopo le esitazioni iniziali dovute a un approccio altalenante nel chiarire fino a che punto Hornsby e soci siano cattivi. Ora che è ufficialmente chiaro a tutti (personaggi e spettatori) dove si situino le lealtà dei vari personaggi, la serie sta ritrovando il gusto dell'avventura pulp con qualcosa di interessante da dire sulla nostra società in ambito post-apocalittico, senza per forza cadere nelle vecchie trappole del sottotesto da esplicitare (in stagioni passate non mancavano momenti in cui praticamente dicevano a chiare lettere che il titolo si riferisce non ai cadaveri rianimati, bensì a chi è sopravvissuto alla pandemia zombie). E seppure in modo minore rispetto a quello che avrebbe potuto fare in passato, questo capitolo mantiene le promesse di quello precedente.

Attriti multipli

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The Walking Dead 11: Jeffrey Dean Morgan in una scena del settimo episodio

Nello scorso episodio di The Walking Dead si erano poste le basi per uno scontro all'interno di un edificio, senza possibilità di fuga, ed è lì che ritroviamo Aaron e Gabriel e il loro gruppo, con Maggie e Negan che da parti diverse arrivano per offrire manforte. Si intersecano le tre storie che c'erano nel capitolo precedente, e comincia a delinearsi chiaramente il disegno per il resto della stagione, con tutti più o meno sulla stessa lunghezza d'onda circa le intenzioni del Commonwealth. Come dice Lydia, sono esattamente come i Sussurratori, ma indossano un tipo diverso di maschera. Altrove, Daryl e Carol hanno a che fare con Sebastian Milton, figlio di Pamela e simbolo di tutto ciò che non funziona all'interno della sedicente comunità utopica: per lui è importante solo il wealth, la ricchezza, e delle persone comuni non gli importa nulla, come fa capire chiaramente quando pensa di poter sistemare qualunque cosa e ottenere tutto ciò che vuole semplicemente perché ha i soldi. C'è del marcio nel regno del Commonwealth, e le conseguenze non saranno piacevoli...

The Walking Dead 11, recensione del tredicesimo episodio: intrighi temporali

Verso la fine (e nuovi inizi)

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The Walking Dead 11x08: Norman Reedus in una scena

Se da un lato questi quaranta minuti sono molto efficaci, soprattutto nel riappropriarsi della componente cruenta che era stata ridotta in seguito alla pandemia per la necessità di non avere troppe persone (una sequenza in particolare trasuda gioia nel poter sfruttare gli effetti più stomachevoli associati alla realizzazione dello show, anche se in misura ridotta rispetto alle stagioni pre-pandemia), dall'altro rimane la constatazione che la linea temporale della serie, a forza di salti vari, comincia ad avere poco senso. C'è un che di frustrante nell'assistere al ritorno di Negan, che è al contempo coinvolgente - Jeffrey Dean Morgan si sta divertendo un mondo con la ritrovata umanità del personaggio, elemento che presumibilmente farà parte del recentemente annunciato spin-off - e fonte di qualche dubbio sulla durata degli eventi. Il paradosso centrale della gestione della serie a opera di Angela Kang, che ha ereditato i problemi strutturali del predecessore ma ritrovato le personalità dei vari membri del gruppo, in precedenza sacrificate in nome di sparuti, arbitrari momenti "forti".

The Walking Dead 11, recensione del dodicesimo episodio: il dubbio di Maggie

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The Walking Dead 11: una foto di scena

Paradosso accentuato da un altro binomio curioso: l'attesa genuina di sapere come andrà a finire la serie, unita alla consapevolezza che difficilmente ci saranno vittime maggiori tra i protagonisti, data l'esistenza di almeno due spin-off che dovrebbero garantire la sicurezza di alcune delle figure-chiave dello show. In questo caso, il primo fattore è alimentato soprattutto dai cattivi, che seppure in maniera grossolana rappresentano una vena satirica da cinema horror di serie B non priva di un certo fascino rozzo. Insieme a Hornsby, Sebastian si riconferma villain perversamente ipnotico grazie ai suoi eccessi, che rimandano a tanto immaginario collettivo di genere e allo stesso tempo non si discostano da vere figure di rampolli viziati che abbiamo avuto modo di vedere in ambito politico statunitense negli ultimi anni. Anche da quel punto di vista, i morti che camminano siamo noi, perché la distopia immaginata da Robert Kirkman non è più tanto difficile da immaginare nella nostra realtà, al netto della componente zombie.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di The Walking Dead 11x14, sottolineando come si tratti di un episodio che si regge sul paradosso della suspense unita alla consapevolezza che il gran finale della serie non sarà una conclusione definitiva.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • Jeffrey Dean Morgan è magnetico come sempre.
  • Gli effetti gore sono usati molto bene, senza svelare troppo le restrizioni pandemiche della lavorazione.
  • Il finale suggerisce sviluppi interessanti per i due episodi a venire.

Cosa non va

  • La gestione della linea temporale dello show fa un po' acqua.