Un corridoio, nemici che ci affrontano, un'abbondante dose di violenza. Così inizia The Villainess, proiezione di mezzanotte di Cannes 2017 che ci immerge fin dal suo potente incipit nel pieno dell'azione, mettendoci letteralmente al posto del suo personaggio principale con un punto di vista in soggettiva che ci guida, corridoio dopo corridoio, nemico dopo nemico, in una elaboratissima coreografia di morte, costruita come un unico piano sequenza, mentre ci facciamo strada nel quartier generale rivale.
È solo al termine di questo primo e lungo combattimento in prima persona, quando apriamo una porta che ci conduce in una palestra ed al cospetto di ulteriori nemici, che la camera si stacca da noi e ci mostra, per la prima volta, che la protagonista è una donna, facendoci intuire che quella messa in piedi da Jung Byung-Gil per il suo nuovo lavoro si può considerare l'ennesima rilettura di storie come Nikita, che segue le gesta di una giovane e letale assassina lungo un intreccio (fin troppo) articolato.
Questo primo scontro di Sook-hee è, infatti, solo l'inizio della sua storia e pur avendo vinto la prima battaglia della sua vendetta per il padre ucciso, è ora imprigionata e condotta in un centro di addestramento governativo dove le viene proposto un accordo: se accetterà di lavorare per dieci anni per l'intelligence coreana, sarà libera di vivere la propria vita. Questo accordo, che la donna accetta, probabilmente influenzata dal suo essere incinta, la porta non solo a proseguire il proprio addestramento come spietata assassina, ma anche ad essere sottoposta a chirurgia plastica e quindi ad un cambio di identità per il quale saranno necessarie le abilità da attrice che le vengono parallelamente insegnate.
Motore, azione!
Quella di The Villainess è una complessità narrativa che ci è apparsa francamente eccessiva. Non perché non sia interessante lo sviluppo dell'intreccio, ma perché la costruzione del film di Jung Byung-gil pone talmente tanta enfasi sulla sua componente action a portarci a considerare gli intermezzi narrativi come una fastidiosa interruzione dello spettacolo pirotecnico che ci viene proposto. Per carità, è ammirevole la volontà di costruire qualcosa di più complesso del classico e lineare action movie, ma è probabile che il il film, nel suo complesso, avrebbe beneficiato da un paio di scorciatoie in grado di alleggerirne la fruizione e non annacquare troppo quello che è, senza alcun dubbio, il suo principale punto di forza.
Nel cuore dello scontro
Abbiamo iniziato questa nostra recensione, infatti, ponendo la giusta enfasi su una sequenza d'apertura in piano sequenza e in soggettiva, ma non è l'unica mirabilia propostaci da Jung Byung-gil ed il suo staff tecnico. Ogni combattimento è infatti una gioia per gli occhi, con la camera che, una volta persa l'identificazione con lo sguardo di Sook-hee, continua a ruotarle attorno, avvicinandosi ed allontanandosi come un elastico, per mostrarci i combattimenti tra i più dinamici visti sul grande schermo. C'è almeno un'altra sequenza che ci torna alla memoria con prepotenza, quella di un adrenalinico scontro a bordo di tre motociclette, impugnando armi da taglio, mentre la camera cambia continuamente posizione, arrivando anche a passare tra le ruote di una delle moto in corsa per poi risalire dalla parte opposta.
Un risultato che ottenuto con grande maestria tecnica, con l'ovvio e inevitabile supporto della CGI, ma anche con un superbo lavoro di stunt che è nelle corde di un regista che ha esordito proprio con un documentario dedicato a questo mondo, Action Boys, prima di dedicarsi al thriller con Confession of Murder. Insomma questa Midnight Screening di Cannes 2017 si è rivelata una piacevolissima sorpresa, che ci ha lasciati con l'ennesimo nome da appuntare e tenere d'occhio per il futuro, curiosi di vedere i limiti che riuscirà a superare con i prossimi lavori.
Movieplayer.it
3.5/5