Affrontare la recensione di The Vigil - Non ti lascerà andare, film horror di matrice statunitense che ha cominciato a circolare nelle sale nell'estate del 2020, dopo aver debuttato al Festival di Toronto nel settembre del 2019, significa in parte rievocare un'esperienza particolare: per chi scrive, infatti, è stata la prima nuova esperienza al cinema dopo la riapertura delle sale (in Svizzera, dove risiedo), escluse proiezioni per la stampa, uscite di pellicole che negli Stati Uniti erano finite on demand e retrospettive di cineteche. Era il 23 luglio, in un cinema di Zurigo, prima proiezione pubblica in lingua originale. Il sottoscritto, dopo aver letto del film sulla bacheca Facebook di un amico che l'aveva visto a Toronto e avrebbe voluto portarlo in un festival (annullato per cause di forza maggiore), si avventura alla scoperta di questo oggetto produttivamente modesto (la spinta distributiva l'ha data la Blumhouse), e assiste, completamente da solo, alla notte inquietante concepita dal regista Keith Thomas, il quale porta sullo schermo in ottica da brivido un pezzo di mitologia ebraica, rileggendo a modo suo il topos della casa infestata.
La veglia maledetta
The Vigil - Non ti lascerà andare si basa sul vero concetto della shemira, la pratica rituale nella religione ebraica di vegliare sui corpi dei defunti prima della sepoltura. Questo è solitamente fatto dai membri della famiglia, ma qualora non fossero disponibili è diffusa la pratica di pagare qualcuno per fare da shomer - o shomeret se è una donna - per un determinato periodo di tempo. È quello che succede a Yakov Ronen (Dave Davis), un giovane squattrinato che sta cercando di allontanarsi dalla comunità ortodossa di cui faceva parte a New York. L'amico Reb Shulem gli propone di passare la notte a vegliare sul cadavere di un tale Mr. Litvak, anche se la vedova (Lynn Cohen, alla sua ultima apparizione cinematografica) è contraria alla presenza di Yakov nella sua casa, invitandolo ad andarsene. Alla fine egli accetta, salvo poi pentirsene molto rapidamente: tra le mura dell'abitazione si cela infatti un'entità maligna, alimentata dai sensi di colpa, e questa ha deciso che Yakov sarà la sua prossima vittima...
Gli orrori del passato
La casa infestata da spiriti maligni è uno degli elementi ricorrenti più gettonati nel cinema horror, soprattutto quando i cineasti hanno a disposizione un budget limitato e quindi devono essere creativi con quella che forse è l'unica location utilizzabile (il caso emblematico recente è Paranormal Activity, che mescola quel topos con quello del found footage). Keith Thomas, pur cadendo occasionalmente nella trappola dello jump scare, si serve dell'espediente con un buon occhio per la costruzione di un'atmosfera claustrofobica e malata, veicolata tramite primi piani di un protagonista che per gran parte della durata del film è solo, tormentato da suoni e voci (una di queste appartiene al caratterista Fred Melamed, forse l'attore più noto dell'intero cast, e qui presenza invisibile), in un gioco di luci, ombre e sound design che si fa sempre più teso, senza mai mollare la presa.
Dalla Strega di Blair a The Gallows, il fenomeno degli horror 'found footage'
È una confezione efficace, alimentata sul piano tematico dalle specificità degli elementi ebraici, con attori provenienti da quella comunità e una ripartizione equa tra inglese e yiddish per i dialoghi. Non è la prima volta che questa mitologia viene sfruttata in ambito horror (c'è stato, ad esempio, Il mai nato), ma il più delle volte era solo per dare l'apparenza di un sapore diverso. Qui invece tale componente è profondamente radicata in una cultura che Thomas vuole esplorare, per quanto a modo suo, in modo rispettoso e approfondito, restituendoci un microcosmo dove la difficoltà quotidiana dell'essere uscito dall'ortodossia va di pari passo con la minaccia ultraterrena del demone (chiamato mazzik nel film, ma più simile alla figura del dybbuk, già vista nello strambo prologo di A Serious Man dei fratelli Coen), il quale sceglie le proprie vittime in base ai loro traumi. E da quel punto di vista, considerando che il film stesso fa notare in più punti come la piaga dell'antisemitismo, anche oggi, rimanga una ferita aperta, è una storia molto attuale, che parte dai decenni passati per mostrarci uno spaccato della società odierna. Con un antagonista che, come quell'altro nemico invisibile che ha caratterizzato le nostre vite per gran parte del 2020, fa i danni maggiori se si esce di casa senza le dovute precauzioni.
Perché The Vigil è il film horror perfetto per il 2020
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di The Vigil - Non ti lascerà andare, e con essa la nostra rievocazione di quella lunga notte da brivido che il regista esordiente Keith Thomas porta sullo schermo con notevole bravura, evitando molte trappole dell'horror odierno per regalarci una semplice ma efficace storia di tensione, sensi di colpa e curiosi rituali.
Perché ci piace
- L'atmosfera lugubre regge per tutto il film.
- Il volto tormentato di Dave Davis è una grande fonte di tensione.
- La componente mitologica è intrigante e originale.
Cosa non va
- I (pochi) jump scare sono un po' prevedibili.