Con questa recensione di The Truffle Hunters, documentario a tema italiano diretto da due americani, arriviamo alla fine di un lungo, travagliato percorso per il film stesso. Inizialmente, infatti, sembrava ben piazzato per un percorso festivaliero come gli altri, avendo debuttato al Sundance nel gennaio del 2020, quando la crisi sanitaria globale era ancora un'ipotesi che pochi osavano veramente contemplare. Poi, con i vari lockdown, è diventato uno dei titoli fantasma della famigerata Selezione Ufficiale di Cannes 2020 - leggi: i film su cui la kermesse francese ha piazzato lo stampino per mettere i bastoni fra le ruote a Venezia e Berlino - e nei mesi autunnali, tra presenziale e online, ha lentamente ricominciato a crearsi il percorso di cui sopra con eventi come Toronto, San Sebastián e Zurigo. Per l'Italia era previsto il passaggio in anteprima al Torino Film Festival, dato l'elemento piemontese, ma quell'appuntamento, causa migrazione in rete dell'evento, è stato rimandato di un anno, con una proiezione speciale pochi giorni prima dell'uscita in sala, che a sua volta precede di otto giorni la nuova edizione di uno dei più importanti festival italiani.
Vecchie abitudini
The Truffle Hunters è la storia di un gruppo di anziani, residenti nelle colline piemontesi, che si dedicano quotidianamente a un'attività in via di estinzione: la caccia al tartufo, per l'esattezza quello bianco, rarissimo e richiestissimo in ambito culinario. Accompagnati dai loro cani, questi signori vivono un'esistenza fatta di piccoli rituali (letteralmente, poiché il prete locale li benedice prima che inizino l'attività quotidiana), a stretto contatto con la natura, in un'epoca dove il fattore commerciale da un lato e il cambiamento climatico dall'altro stanno alterando, in maniera forse inesorabilmente irreversibile, il modo di vivere di questa piccola comunità. Una comunità che i due registi Michael Dweck e Gregory Kershaw seguono con la giusta distanza, senza mai intervenire direttamente - non ci sono interviste - al fine di contribuire, a modo loro, alla preservazione del microcosmo che hanno avuto il privilegio di osservare. E talvolta il loro modo di osservare è portato sullo schermo con fare originale e simpatico: nei titoli di coda viene menzionato l'escamotage del dog cam, ossia le macchine da presa posizionate sulle teste degli accompagnatori a quattro zampe.
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Un mondo da acquolina in bocca
I due cineasti hanno precedentemente collaborato nel 2018 al documentario The Last Race, anch'esso incentrato su un mondo che sta lentamente scomparendo. In trasferta sul suolo italiano, si portano dietro una certa malinconia, mescolata in questo caso con tocchi di humour un po' surreale (vedi il momento dell'uomo che fa il bagno con il proprio cane) e filtrata attraverso un'estetica che sottolinea il clima da altri tempi pur non rinunciando a un contesto contemporaneo (la fotografia è degli stessi Dweck e Kershaw). È un'atmosfera incantevole, la cui eleganza formale sarebbe comunque in grado di giustificare una trovata tecnica come l'Odorama, stratagemma associato al cinema volutamente trash di John Waters ma che non sarebbe fuori luogo in questo caso, per ampliare l'impatto sensoriale dell'uso del tartufo, la cui mera presenza visiva è già sufficiente per arrivare dritta allo stomaco del pubblico (si sconsiglia la visione a digiuno). Anche per questo è bene che il film sia arrivato - seppure un anno dopo la data inizialmente prevista - nel circuito cinematografico nostrano, perché il buio della sala e il grande schermo sono l'ambiente ideale in cui entrare in contatto con questo curioso, delizioso microcosmo cinematograficamente italoamericano.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di The Truffle Hunters, documentario intimo, surreale e squisito (in tutti i sensi) che racconta una cultura ormai desueta e in via d'estinzione con affetto e originalità, accompagnando i protagonisti nei boschi piemontesi.
Perché ci piace
- I protagonisti, umani e non, sono irresistibili.
- L'estetica del film è curata e restituisce la giusta sontuosità all'argomento trattato.
- L'equilibrio fra rispetto della natura, omaggio alle tradizioni e momenti di humour stralunato è gestito bene.
Cosa non va
- Non è indicato vedere il film a stomaco vuoto.