The Toxic Avenger è probabilmente uno dei recenti lungometraggi che è passato più in sordina, complice probabilmente un retaggio controverso e un mercato cinematografico difficile che fagocita i titoli di nicchia dando maggiore peso ai prodotti mainstream. Ma nonostante questo, la pellicola, diretta e scritta da Macon Blair (Hold the Dark, I Don't Feel at Home in This World Anymore), ha un grande potenziale in primis per quello che rappresenta, ovvero il rilancio di un sottogenere filmico oramai perso nel tempo, ma anche perché, in questo contesto, potrebbe essere l'occasione giusta per rileggere in modo moderno un cult eversivo e rivoluzionario. È quindi opportuno andare a capire, passo dopo passo, come mai The Toxic Avenger è sulla carta un lungometraggio molto promettente, cominciando ovviamente dalle origini, da quella scommessa della Troma che si è trasformata nella loro bandiera più fulgida ed espressiva, divenendo il simbolo della loro poetica cinematografica.
La nascita del mito
Come tutti i grandi miti, il nostro racconto comincia un po' per caso, da una casa di produzione filmica che, fino a quel momento, aveva prodotto perlopiù commedie sexy e demenziali e che, proprio con Il vendicatore tossico (che ha visto la luce nel 1984), ha alzato l'asticella, proponendo per la prima volta un horror (comunque low-budget considerando l'investimento di 500.000 dollari), che però ha spopolato nel corso del tempo, nonostante un'iniziale accoglienza glaciale da parte del pubblico americano. Il lungometraggio racconta la storia dell'imbranato Melvin Ferd, un ragazzo che lavora in una palestra deriso ed umiliato da tutti. Dopo una caduta accidentale in un contenitore di rifiuti tossici, la sua vita cambia totalmente: da emarginato, Ferd diventa un improbabile eroe, ridicolo e goffo, ma dalla propensione naturale al salvataggio degli innocenti. Una decostruzione distruttiva e irresistibile del genere supereroistico, dove non esiste bene o male, giusto e sbagliato che si completa con un linguaggio cinematografico ricchissimo che unisce umorismo, fantascienza, gore e contenuti adult inaspettati.
Una scia tossica lunga più di 10 anni
Casualmente, questo vigilante armato di spazzolone è diventato il personaggio cardine della Troma, che, da quel momento in poi, riscrive spietatamente molti classici del cinema, creando tra l'altro una vera e propria saga con il Vendicatore tossico protagonista. Probabilmente il pubblico, negli anni '80, aveva bisogno di un'alternativa a tutti i film action mainstream dell'epoca (come Rambo, Terminator, RoboCop, Interceptor - Il guerriero della strada e molti altri) che, seppur di qualità, proponevano sempre lo stesso stereotipo machista di eroe. Dopo il deludente quarto capitolo della saga, Citizen Toxie: The Toxic Avenger IV (2000), per diversi anni nessuno ha sentito nominare più l'iconico supereroe fino al 2010, quando si è iniziato a parlare di un remake del lungometraggio sotto l'etichetta della Original Media. Diversi cambi registici e produttivi si sono alternati recentemente, finché non è arrivato l'annuncio più compiuto e definitivo, nel 2019, quando è stato coinvolto alla regia e sceneggiatura Blair, coadiuvato dalla Troma e da Legendary Pictures, al lavoro però su un reboot totale del franchise.
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James Gunn è la chiave di tutto
Come mai solo nel 2019, dopo una travagliata produzione, si è arrivati al concept giusto, tra l'altro giungendo alla conclusione che rilanciare interamente da zero il franchise era la strada più corretta? La risposta, che sembra apparentemente sconnessa, ha un nome e cognome: James Gunn. L'attuale co-CEO di DC Studios insieme a Peter Safran, nonché alfiere di punta de La Casa delle Idee con la trilogia di Guardiani della Galassia, è figlio della Troma non solo perché agli inizi della sua carriera ha lavorato a parecchi progetti della company, dai film Tromeo & Juliet fino a passare a Terror Firmer e diverse serie tv correlate, ma anche perché è stata proprio la Troma a codificare il suo stile registico e narrativo, dissacrante, fortemente ironico e sprezzantemente violento. Quando Legendary e la casa di produzione sopracitata hanno capito che Gunn era riuscito a trasformare le sue umili e indipendenti origini cinematografiche in qualcosa di diverso e commerciale (e, decisamente più redditizio), hanno intuito che la via per il futuro in qualche modo era già stata spianata.
Un approccio supereroistico alternativo
Proprio The Toxic Avenger, nonostante si ponga diversamente dal punto di vista narrativo con qualche differenza fondamentale, non cambia la sostanza: il protagonista, in questo caso Winston Gooze (che ha il volto di Peter Dinklage), ovvero un custode di un centro benessere, diventa un supereroe improbabile in maniera del tutto casuale e, per quanto sia l'eroe della storia, non si pone allo stesso modo di figure positive come Spider-Man o Batman, per citare i più famosi supereroi degli schieramenti Marvel e DC, ma rappresenta un eroismo per così dire più democratico, diventando un vero e proprio portavoce degli umili. Anche i suoi metodi, tra l'altro, sono più vicini ad un antieroe violento e dissacrante come Deadpool piuttosto che ad un retto e inossidabile Captain America. Ed è proprio in queste differenze che si può nascondere un'ottima opportunità: finalmente il pubblico ha un'altra figura con cui empatizzare, con la quale può però dialogare più serenamente a livello interiore, non nascondendo lati più estremi e oscuri della propria personalità.
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Più mezzi a disposizione, tanto margine di manovra
È chiaro che, a differenza del 1984, inoltre, ora ci sono molti più mezzi a disposizione per realizzare effetti speciali senza ricorrere necessariamente a soluzioni improvvisate e cheap per costruire l'impalcatura trash/gore del film. Certo, le tecnologie avanzate non devono diventare una scusa per mascherare il lungometraggio con eccessiva artificialità, ma ci sono in generale maggiori potenzialità espressive sul piano tecnico. Allo stesso modo, ora che la figura del supereroe è stata decostruita in più di una occasione sul grande schermo, c'è anche un margine di manovra più ampio in The Toxic Avenger dal punto di vista contenutistico e tematico, senza dover per forza rischiare l'attacco mediatico. Anzi, probabilmente più ci saranno elementi disturbanti, maggiore sarà l'attenzione che il progetto riuscirà ad ottenere. Ci sono sicuramente tante carte in tavola e ci auguriamo che siano state gestite tutte con intelligenza, non snaturando il prodotto originale, ma anzi arricchendolo sfruttando tutte le nuove possibilità, sia tecnologiche che artistiche che il cinema attuale può offrire.