Missione suicida. Non si poteva trovare sottotitolo migliore per descrivere l'ultimo film di James Gunn. Irriverente, grottesco, fuori di testa, iper-violento: questo The Suicide Squad - Missione Suicida è pura dinamite, pronta ad esplodere per far saltare in aria ogni aspettativa e abitudine del canonico film di supereroi. E spazzare via anche sé stesso. Legato a doppio filo al nome e alla poetica del suo regista, The Suicide Squad è un film unico, che volontariamente si auto-sabota per non assomigliare a nessun altro blockbuster (pur seguendone le regole). Come i reietti protagonisti del film, dei villain che sono costretti a fare squadra, forse morire, per salvare il mondo, diventare eroi controvoglia senza perdere la loro vera natura interiore. Arrivati ai titoli di coda si ha la sensazione che The Suicide Squad - Missione Suicida sia un fiero dito medio ai blockbuster di serie A, quelli che ci hanno anestetizzato nel corso degli anni. Un dito medio che descrive il carattere di questo b-movie, come nel migliore rock and roll.
Nota: nell'articolo sono presenti alcuni spoiler sul film
Fingere di essere eroi
Non chiamateli eroi, perché non lo sono. I personaggi che compongono questa Suicide Squad sono dei veri e propri criminali, uomini e donne dal passato doloroso rinchiusi nel pericoloso carcere di massima sicurezza che risponde al nome di Belle Reve. Spinti da un individuo quasi più pericoloso di loro, la direttrice Amanda Waller (ancora interpretata da una straordinaria Viola Davis), questo gruppo dovrà imbarcarsi in una missione pericolosa dove le chances di sopravvivenza sono bassissime. In un corto circuito da manuale, lo spettatore è in qualche modo costretto a tifare per loro, a legarsi emotivamente (in particolare grazie ai personaggi di Ratcatcher e King Shark), a trattarli da eroi positivi. Eppure questi personaggi stralunati, ognuno con problemi, paranoie, manie, non corrispondono ai canoni del supereroe a cui siamo abituati, soprattutto al cinema. Senza farne un confronto di qualità, è sotto gli occhi di tutti la differenza che passa tra un Loki, il dio dell'inganno che nella sua serie dedicata si è evoluto trasformandosi da villain della Fase Uno del Marvel Cinematic Universe all'ennesimo eroe senza più aspetti negativi, e i personaggi che, nel terzo atto del film, combattono contro Starro il Conquistatore. Alla ricerca di un riscatto personale, ma altresì pronti a tradirsi e non rinunciare al loro lato più violento e cinico, questi personaggi rispecchiano il desiderio dello stesso film e della sua ragion d'essere: un film che solitamente non verrebbe realizzato in queste condizioni, con questo budget enorme, senza limiti e con questa scrittura.
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Staccarsi come T.D.K.
Tutto il film presenta un legame tra l'idea che lo rende esistente e il film come si svolge durante la proiezione. Uno dei personaggi, interpretato da Nathan Fillion, si chiama T.D.K. e il suo superpotere è quello di poter separare le braccia dal suo corpo e usarle come armi, alla stregua di un'action figure snodabile. The Suicide Squad - Missione Suicida si stacca dal resto dei film di supereroi come questo personaggio. Fiero di essere un b-movie, consapevole delle sue scorciatoie narrative e dei suoi limiti, questo film mantiene una certa patina superficiale da blockbuster canonico e ordinario (ma d'altronde, a suo modo, si tratta sempre di un film che deve raggiungere certi obiettivi economici) ma se ne distacca quasi completamente. Nel linguaggio parlato, volgare e diretto (in America il film è rated-R, cioè vietato ai minori); nel linguaggio filmico, pazzo e irrispettoso delle regole; nel linguaggio dei cinecomics. Mosca bianca addirittura all'interno dello sfortunato e tutt'oggi un po' confuso DC Extended Universe, The Suicide Squad - Missione Suicida non è completamente un sequel del film di David Ayer del 2016, presenta varianti di personaggi già visti in altri film del progetto ma dimenticandosi del loro trascorso, non si collega a niente. Esiste reggendosi totalmente sulle proprie gambe. Elemento da non sottovalutare in un anno come il 2021, dove i prodotti supereroistici visti finora, hanno fatto del legame e dei collegamenti tra passato e futuro del progetto editoriale il loro punto di forza. Finalmente, invece, abbiamo un film che non si interessa del resto, letteralmente. Indipendente come i film della Troma, la casa di produzione low budget e irriverente dove James Gunn ha iniziato la propria carriera. Mantenendone inalterato il divertimento sopra le righe, realizzato con l'anarchia del puro intrattenimento, Gunn, senza i paletti produttivi della Marvel e senza il problema di essere un tassello di un mosaico più grande, decide di buttare giù il muro della nostra prigione. Ci porta oltre quei confini su cui tutti quanti (produttori e spettatori) ci siamo adagiati e ci mostra la cruda realtà: c'è un mondo fuori da ciò che abbiamo scelto di accettare.
Un (Harley) Requin Andalou
Evviva la provocazione, quindi, che ci risveglia e ci scuote. Date queste premesse non possiamo che concludere allo stesso modo, confrontando un momento posto nel finale del film di James Gunn (attenzione agli spoiler che seguono) con una delle immagini più memorabili della storia del cinema: l'occhio della donna tagliato da un rasoio nel cortometraggio di Luis Buñuel e Salvador Dalì dal titolo Un chien andalou. In questo cortometraggio surrealista, che spinge lo spettatore a una reazione viscerale più che a trovare un vero e proprio significato concreto, quell'occhio tagliato è da sempre interpretato come un'immagine sconvolgente (e quindi degna di una reazione forte da parte del pubblico), che invita lo spettatore a scoprire il potere del cinema: quello di vedere cose che non vedrebbe mai, di scoprirne una forza nascosta, proprio tramite due azioni legate al montaggio cinematografico, ovvero quel procedimento che di fatto crea il film stesso. Guardare e tagliare diventano le azioni su cui si basa la creazione del cinema. Non sorprende, quindi, che questa primigenia provocazione venga ripresa nel film di James Gunn.
Harley Quinn e King Shark (da qui il nostro gioco di parole con la traduzione di squalo, requin, in francese) sono due dei personaggi che, combattendo contro Starro, un alieno (e quindi qualcosa di straordinario) che diventa più forte ingrandendosi via via che trasforma le persone intorno a sé in zombie passivi. Harley Quinn entrerà nell'occhio di Starro e lo taglierà con una lama. In questo gesto, vero e proprio "vaffa" a un certo tipo di cinema che ha reso il proprio pubblico passivo, diventando via via sempre più predominante, si riscopre la potenza del sano intrattenimento. Non chiamateli più film di serie B, non chiamateli "film trash". Da personaggi sbeffeggiati e fallimentari quando costretti a interpretare il ruolo di film di serie A (vedasi il primo Suicide Squad), la nuova Suicide Squad ricorda a tutti noi quanto le idee siano superiori al budget, quanto il rock and roll diverta di più della solita musica studiata a tavolino, di come l'arte viva grazie alla visceralità, più che alla raffinata confezione.