Questa è semplicemente una versione migliore di te stessa: tu devi solo conviverci. Una settimana per l'una e una settimana per l'altra: un equilibrio perfetto di sette giorni ciascuna. La sola e unica cosa da non dimenticare: tu - sei - una. Non puoi fuggire da te stessa.
È un film profondamente radicato nel presente, The Substance: modernissimo nell'approccio, nella commistione di stili, nella frenesia con cui intreccia l'horror alla black comedy, il dramma al grottesco. Ma al contempo, l'opera firmata da Coralie Fargeat dimostra di aver assorbito un'innumerevole quantità di suggestioni e influenze dalla storia della letteratura e del cinema. The Substance è infatti una pellicola carica di echi: un racconto in cui un tema inossidabile, l'anelito a un'eterna giovinezza, è riproposto mediante una fitta rete di citazioni e di riferimenti, pur senza rinunciare a una visione autoriale personalissima, in cui i capisaldi della narrativa gotica del diciannovesimo secolo sono rivisitati secondo certi canoni del body horror.
The Substance: echi di orrore fra letteratura e cinema
Dopo le proiezioni al Festival di Cannes, dove Coralie Fargeat ha ricevuto il premio per la miglior sceneggiatura, e alla Festa di Roma e le anteprime in alcune sale italiane, The Substance approderà al cinema il 30 ottobre, sull'onda del notevole interesse già suscitato negli Stati Uniti, dove al momento i suoi incassi si attestano sui quattordici milioni di dollari (un primato per MUBI in qualità di distributore). Secondo lungometraggio per la regista francese a ben sette anni di distanza dall'esordio con il thriller Revenge, The Substance ha permesso alla sessantunenne Demi Moore di dar vita a uno dei suoi ruoli più incisivi, nonché a quella che si attesta come la sua migliore performance di sempre: Elisabeth Sparkle, star di Hollywood angosciata dall'età che avanza in quanto condanna ineluttabile per una carriera in declino, secondo le spietate leggi dell'industria dello show business.
La scoperta di una 'sostanza' portentosa, in grado di partorire una versione più giovane di Elisabeth, Sue, a cui presta il volto Margaret Qualley, è all'origine del patto faustiano stipulato da Elisabeth, disposta forse a rinunciare alla propria anima per realizzare il sogno di un successo inscalfibile. Ma oltre al Faust, The Substance fa leva su altri grandi archetipi narrativi: l'infernale sdoppiamento da mantenere segreto, con un alter ego più affascinante ed energico, ma anche pericoloso, rimanda direttamente a Il dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, mentre l'idea di un'imperitura bellezza complementare a un'immagine in progressivo decadimento è mutuata da Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Al di là della letteratura, dicevamo, The Substance si nutre però anche di un'ampia tradizione cinematografica: ecco dunque una rassegna di cinque film da recuperare per prepararsi al meglio alla visione dell'horror di Coralie Fargeat.
The Substance, recensione: la nuova carne di Demi Moore
Viale del tramonto
Parlando del lato oscuro della celebrità, dei feroci meccanismi di Hollywood e soprattutto di attrici cinquantenni terrorizzate dallo spettro dell'oblio, è impossibile non fare i conti con Viale del tramonto, che dopo tre quarti di secolo resta in tal senso un'assoluta pietra miliare. Scritto e diretto da Billy Wilder nel 1950, Viale del tramonto ha consegnato all'immaginario collettivo l'icona di Norma Desmond, diva ingabbiata nel culto necrofilo di se stessa e personaggio reso immortale da una straordinaria Gloria Swanson. L'Elisabeth Sparkle di Demi Moore è, in fondo, una versione di Norma Desmond aggiornata al ventunesimo secolo: la sua sinistra villa in Sunset Boulevard è diventata l'asettico appartamento di un grattacielo di Los Angeles, mentre la sostanza che si inietta Elisabeth contiene le stesse promesse di gloria dello script affidato al Joe Gillis di William Holden. E nel capolavoro di Wilder, come in The Substance, la fusione fra dramma e grottesco prenderà una deriva sempre più folle e dagli effetti inarrestabili.
Viale del tramonto: la Hollywood horror di Billy Wilder
Eva contro Eva
Nello stesso anno di Viale del tramonto, nelle sale faceva il suo debutto un altro capolavoro impegnato ad esplorare, con ironia affilatissima, le tensioni e i compromessi morali all'interno del mondo dello spettacolo: Eva contro Eva, indimenticabile film da Oscar di Joseph L. Mankiewicz, verso cui The Substance rivela più di un debito. Il rapporto simbiotico fra un'attrice di mezza età e una sua 'sostituta' giovane e ambiziosa, in fondo, deriva proprio da qui: dal legame fra Margo Channing, star del palcoscenico che avrebbe costituito il ruolo più famoso della divina Bette Davis, e la Eve Harrington di Anne Baxter, fan adorante pronta a trasformarsi in una temibile avversaria. Dall'iniziale sodalizio a uno scontro senza esclusione di colpi per ottenere un posto sotto la luce dei riflettori, la relazione al centro di Eva contro Eva si riflette nel conflitto via via più violento fra Elisabeth e la Sue di Margaret Qualley: anche lei, come Eve, un'aspirante diva motivata da un'ambizione senza freni.
Eva contro Eva: teatro e guerra nel capolavoro di Joseph L. Mankiewicz
La mosca
Nell'ambito del body horror, categoria in cui The Substance rientra con pieno diritto, un caposaldo indiscutibile è rappresentato dal film più popolare del maestro di questo filone, David Cronenberg: La mosca, trasposizione datata 1986 dell'omonimo racconto di George Langelaan. Nel film di Cronenberg, l'audace esperimento del dottor Seth Brundle, interpretato da Jeff Goldblum, dà il via all'orripilante metamorfosi del corpo dell'uomo, il cui DNA si è fuso con quello di una mosca. E la deformazione del corpo umano, una deformazione progressiva ed irrefrenabile, è l'elemento più spiccatamente horror di The Substance, in cui assistiamo all'accelerata decadenza del fisico atletico e slanciato di Elisabeth, 'divorato' da una settimana all'altra dal vampirizzante alter ego della donna. Senza contare che, in prossimità dell'epilogo, le svolte del film della Fargeat rievocano in più di un'occasione le scene più impressionanti de La mosca.
La mosca, il film di David Cronenberg tra mito ed incubo
La morte ti fa bella
Se c'è un film che, nello spirito, si avvicina moltissimo all'umorismo grottesco e alle venature parodistiche di The Substance, si tratta senz'altro de La morte ti fa bella, black comedy di culto diretta nel 1992 da Robert Zemeckis. Il presupposto narrativo delle due opere è decisamente simile: Madeline Ashton, impersonata da un'irresistibile Meryl Streep, è un'attrice che ha oltrepassato la soglia dei quarant'anni e, proprio come Elisabeth, fatica sempre più a sostenere il peso di un'esistenza ormai appannata e di una carriera che sta affondando. E, al pari di Elisabeth, Madeline si affida (non senza qualche riluttanza) alla miracolosa 'sostanza' fornitale da Lisle von Rhuman (Isabella Rossellini): un filtro in grado di garantirle un'eterna giovinezza, ma che Madeline, come la sua nemesi Helen Sharp (Goldie Hawn), pagherà a caro prezzo. Pozioni per una bellezza immune allo scorrere del tempo, acerrime rivalità al femminile e corpi umani che diventano spaventosi campi di battaglia: La morte ti fa bella è un equivalente di The Substance con tre decenni d'anticipo.
La morte ti fa bella: quando Robert Zemeckis giocava con il tempo
Perfect Blue
Lo show business come una professione vampiristica, in cui l'ossessione per il corpo femminile assume connotati di morbosità agghiacciante: ciò a cui assistiamo durante le riprese del programma di fitness di Elisabeth e Sue impallidisce in confronto al calvario a cui viene sottoposta Mima Kirigoe, giovane popstar agli esordi come attrice, protagonista nel 1997 del cult movie Perfect Blue. Lungometraggio d'esordio del regista giapponese Satoshi Kon e fra le punte di diamante dell'animazione nipponica di fine millennio, Perfect Blue è un altro film in cui i codici del thriller e dell'horror sono utilizzati per indagare i lati mostruosi della celebrità, ma presenta un ulteriore, fondamentale tratto in comune con The Substance: il doppelgänger che assume le fattezze di una maligna versione di se stessi, fino a produrre un allucinato corto circuito in cui, come nel finale di The Substance, diventa pressoché impossibile distinguere fra la realtà e l'incubo.