Impegno, concentrazione, fatica. C'è chi (a ragione) è fermamente convinto che per riuscire, in qualunque campo lavorativo, servano questi tre ingredienti. Eppure molto spesso si viene superati a destra dal raccomandato di turno, dal figlio, la fidanzata, l'amico di... cosa fare allora? Lamentarsi e prendersi le briciole o provare a riscattarsi con le proprie forze? Matteo Achilli ha optato per la seconda opzione e neanche ventenne ha avuto l'idea capace di rivoluzionare la sua quotidianità di neodiplomato grazie a Egomnia, social network per chi cerca lavoro o dipendenti basandosi solo sul merito dell'iscritto.
Una storia talmente cinematografica da attirare l'attenzione della stampa prima e di Luca Barbareschi poi che ha deciso di produrre un film tratto dalla storia del giovane imprenditore affidandone la regia ad Alessandro D'Alatri. Il risultato è The Startup - Accendi il tuo futuro. Una pellicola che non vuole elogiare o glorificare il sito o il suo inventore bensì provare a raccontare di quella fetta di giovani intenzionati a costruirsi un futuro nel loro Paese, nonostante le scarse possibilità offerte o l'invito, per trovare lavoro, ad andare a giocare a calcetto invece di inviare curricula.
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(Non) è un paese per giovani
La prima immagine del film vede Matteo (Andrea Arcangeli) nuotare in una piscina avvolto da una metaforica luce dorata. Proprio la fotografia curata da Ferran Paredes Rubio, recentemente lodato per la prova di Indivisibili, è uno degli elementi più riusciti del film grazie al suo significato narrativo, come ci racconta lo stesso regista. "C'è un lavoro fotografico straordinario. Con Ferran collaboro da diverso tempo, è un ragazzo spagnolo cresciuto qui in Italia. Si è formato al Centro Sperimentale in una scuola molto importante, quella di Giuseppe Rotunno. Ha assorbito il meglio dei maestri della fotografia italiani. Insieme abbiamo fatto un grande lavoro di pensiero. Nel film c'è un movimento e ci sono due fotografie: Roma e Milano. Due materie diverse, la prima calda e la seconda più fredda, fatta di acciaio, cemento che raccontano il percorso dell'anima di questo ragazzo".
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Un percorso umano e professionale quello di Matteo che nel giro di pochi mesi vira improvvisamente grazie al successo istantaneo della sua startup. Una realtà agli antipodi rispetto a quella vissuta da molti coetanei che sempre più spesso decidono di trasferirsi all'esterno in cerca delle opportunità negate dal loro Paese. Scelta recentemente raccontata sul grande schermo da Giovanni Veronesi con il suo Non è un paese per giovani. "Credo siano facce della stessa medaglia, questi giovani coabitano. C'è chi si muove, chi tenta di andare all'estero, perché non tutti ne hanno le possibilità. Anche un viaggio a Cuba può essere proibitivo dal punto di vista economico o del coraggio" sottolinea D'Alatri. "Penso che i due film messi insieme possano raccontare le varie angolazioni della società giovanile. Noi parliamo di quelli che rimangono e che sono la maggioranza. Trovo interessante capire che esistono dei ragazzi con fiducia in se stessi, qualsiasi sia la loro scelta. Se questo film riesce a dare un piccolo contributo nel ripristinare quell'autostima che i giovani spesso non hanno, per me sarebbe un bel risultato".
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Il sacrificio è necessario
Alessandro D'Alatri, tralasciando le questioni meramente finanziarie legate al social network, si concentra sulla parabola ascendente e discendete di Matteo. Da liceale ad imprenditore nel giro di un anno, dalla borgata romana ai grattacieli milanesi, dalla fidanzatina di sempre alle tentazioni della nuova vita. Al centro di tutto gli sforzi e la fatica fatti per arrivare a premere "invio" sulla tastiera e vedere concretizzarsi online la sua idea. Prezzo da pagare per raccogliere i frutti del proprio lavoro. "Da quando ho capito che era questo quello che volevo fare all'inizio non sembrava un sacrificio perché magari da adolescenti, se si hanno le possibilità, ci si sposta anche all'estero come ho fatto io. Poi, con il passare degli anni nei quali vedi realtà diverse, capisci quanto sia importante casa e ti accorgi che la strada che hai intrapreso è fatta di sacrifici. Questo lavoro comporta anche una specie di solitudine" racconta Paola Calliari, nel film Emma, fidanzata del protagonista con il sogno della danza. Pensiero condiviso anche da Andrea Arcangeli - "È nell'inseguire questa passione che devi rinunciare a delle cose. Alle certezze in primis perché fai un film e poi non lo sai cosa ti aspetta..." - e Luca Di Giovanni, l'attore che presta il volto al programmatore nerd Giuseppe: "Nel nostro caso è un sacrificio bello perché nessuno ci ha costretti a farlo. È un lavoro che richiede grandi rinunce: fisiche, di tempo, di vita sociale. Per quanto mi riguarda è un lavoro di studio, isolamento e ricerca costante. Il sacrificio che ci è richiesto è quello di non impazzire nei periodi in cui non si lavora e le cose non vanno sempre bene".
Ispirato ad una storia vera, il film non è un vero e proprio biopic perché, nonostante parli di Achilli ed Egomnia, il vero intento del regista era quello di mostrare una parte della gioventù spesso non raccontata dai media. Scelta che si traduce anche nella preparazione degli attori come ci racconta Matilde Gioli che nel film presta il volto a Cecilia, direttrice di una rivista universitaria della Bocconi. "Non ho conosciuto la vera Cecilia. Quello che mi serviva sapere l'ho saputo dal regista che a sua volta l'ha saputo dal vero Matteo. Alessandro è sempre stato davvero entusiasta tanto da raccontarmi talmente bene il personaggio che mi è bastato questo per costruirlo. Inoltre in me ha visto molto di lei e questo sicuramente mi ha aiutato perché ho potuto lavorare sulle mie corde". Una preparazione condivisa anche dagli altri attori come conferma Di Giovanni: "Alessandro ci ha incoraggiato tutti a pescare dentro di noi. Non ci ha mai detto come dovevamo interpretarli, ha semplicemente raccontato una storia. Poi con Andrea, in prova, ci siamo arrivati insieme prima di girare. Ci siamo un po' riscritti le battute improvvisandole e abbiamo scelto come parlare, sempre però con la supervisione dello sceneggiatore e del regista".