"Prima di cominciare a rispondere alle vostre domande, vorrei chiarire un punto. In molti mi chiedono, ma come mai sei amico di un ragazzo autistico? Siete parenti? Questo perché tanti pensano che ci si avvicini a dei ragazzi autistici - o con dei 'problemi' - solo per necessità, perché si è costretti. Io, invece, sono amico di Enea perché sto bene con lui e mi trovo bene con lui. Da qui nasce il film". Sono le parole di Carlo Zoratti che con The Special Need ha diretto il suo esordio al lungometraggio ed è venuto a presentarlo a Roma alla Casa del Cinema insieme a Enea Gabino, il ragazzo autistico protagonista della pellicola, e a Erica Barbiani della casa di produzione Videomante che ha co-prodotto il film in collaborazione con la società tedesca DETAiLFILM. The Special Need, dopo essere stato presentato in diversi festival tra cui la sezione Cineasti del Presente del Festival di Locarno, sarà in sala a partire dal primo aprile, distribuito dalla Tucker Film. Vi si racconta per l'appunto la vicenda di Enea che - consapevole della sua "speciale necessità", quella di incontrare una donna, di innamorarsi, di fare l'amore - viene aiutato dai suoi amici (lo stesso Zoratti e Alex Nazzi) a trovare una soluzione. Una ricerca che da Udine - dove vivono davvero i tre protagonisti - li porterà fino in Germania in un centro specializzato in assistenza sessuale per persone con disabilità psichiche e fisiche.
La storia di un'amicizia Enea Gabino e Carlo Zoratti si conoscono da quindici anni "da quando" - ricorda Zoratti in tono divertito - "mi resi conto che, a sedici anni, studiando come perito meccanico in una scuola in cui eravamo 2500 maschi e trovandomi a suonare in un gruppo metal, praticamente non avevo contatti con il genere femminile. Perciò decisi insieme a un mio amico di fare volontariato in un'associazione che si occupava della disabilità. Pensavamo che di solito sono solo le donne a fare volontariato e infatti avevamo ragione: eravamo gli unici due maschi". È lì che Zoratti conosce Gabino, la cui forma di autismo è del tutto particolare perché fino agli otto anni si manifestava in modo addirittura non verbale e poi, grazie a una terapeuta - che vediamo anche nel film - il ragazzo ha conosciuto una sorta di rinascita fino addirittura a diventare protagonista di questo film. Un processo, quello della realizzazione di The Special Need, che è stato lungo e laborioso, come rievoca Zoratti: "Mi ero preso un anno sabbatico ed ero tornato a Udine, da dove mancavo da alcuni anni. Era il 2009 e, alla fermata di un autobus, ho rincontrato Enea. Da lì abbiamo ricominciato a frequentarci e ho sentito la necessità di raccontare questa storia". Presente alla conferenza, Enea ha parlato poco e si è spesso confrontato con lo stesso Zoratti, a dimostrazione di un legame molto stretto tra i due. Tanto che per Zoratti il fatto di essere in scena come protagonista del film insieme allo stesso Enea e al suo amico Alex è stata una necessità, non certo un atto di narcisismo. "Avevamo cominciato a girare e io ero dietro la camera. Ma Enea si rivolgeva sempre a me e guardava continuamente in macchina. Una cosa che volevo assolutamente evitare. Perciò, ad un certo punto ho capito che dovevo esserci anch'io in scena." E la presenza in campo di Zoratti è utilissima a The Special Need in quanto testimonianza precisa del coinvolgimento del regista e, insieme, elemento prezioso a indicare la sincerità della sua amicizia nei confronti di Enea. Tanto che forse non è del tutto sbagliato classificare questo film come una sorta di buddy movie. Il non documentarioPur utilizzando i codici del documentario e pur lavorando sui reali percorsi dei protagonisti del film, The Special Need è un film che fa suo un percorso classico della narrazione di fiction, il road movie. E, proprio per questo, non si può definire propriamente un documentario. Sono distinzioni ormai sempre più labili, ma aiutano a comprendere meglio la coraggiosa sfida intrapresa con The Special Need da Carlo Zoratti, diviso sul set tra il ruolo di regista, quello di amico del protagonista e quello di attore. "Sì, ho percepito il tutto in modo schizofrenico, sinceramente diviso tra l'amicizia con Enea e la necessità di dirigere il film. Volevo difendere Enea da determinate situazioni e vi assicuro che alcuni momenti li percepivo davvero come violenza fisica. Ad esempio, il fatto di avvicinare le ragazze per strada dovevamo raccontarlo per forza perché ci rendevamo conto che, altrimenti, sarebbe mancata una parte della psicologia di Enea. Però mettergli il microfono e sentire a distanza quel che diceva è stato terribile, volevo andare a fermarlo". La realizzazione del film è stata comunque fatta in totale accordo con i genitori di Enea e con la sua terapeuta, come ci racconta sempre il regista: "Sì, anzi, quando sono andato da sua madre per parlare apertamente della necessità di Enea di avere rapporti sessuali, lei mi ha accolto a braccia aperte: aspettava da tutta la vita che si affrontasse quel discorso. Per cui tutti insieme abbiamo cominciato a cercare una soluzione e abbiamo deciso di raccontare questa storia in cui Enea diventa l'eroe del film ed è alla ricerca del suo Sacro Graal". Tra situazioni prestabilite, come ad esempio le scene con le prostitute a Udine, ed altre completamente improvvisate, come le avance che Enea fa a una ragazza che segue un corso di teatro con lui, Zoratti ha dimostrato una personalità registico-narrativa non indifferente. Eppure, è sostanzialmente un neofita. "Non ho studiato cinema, ho fatto tutt'altro. Però, nei quattro anni in cui ho lavorato al film, mi sono preparato tanto. In realtà mi sono rifiutato di vedere film che affrontavano questo argomento, come ad esempio The Sessions - Gli incontri, perché non volevo andare in confusione. Ma ho studiato la tecnica cinematografica, in particolare il montaggio, e in tal senso è stato molto utile il campus della Berlinale a cui ho partecipato". Il coraggio produttivo e il movimento friulano
Sono anni questi in cui la produzione friulana sta emergendo sempre più sulla scena nazionale, da L'estate di Giacomo di Alessandro Comodin a Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto a Tir di Alberto Fasulo, vincitore all'ultima edizione del Festival di Roma. "Se c'è un linguaggio comune non so" - ci dice Carlo Zoratti - "Però la mamma di Fasulo ha un ostello vicino al fiume Tagliamento e spesso ci ritroviamo tutti insieme a discutere dei nostri progetti. Sono serate che, arricchite da litri e litri di vino, portano a livelli incredibili di surrealtà. Però mi sembra che siano indispensabili perché una situazione del genere ti fa sentire che non sei solo, che c'è qualcuno che condivide quello che senti e quello che pensi". Se non si tratta di un movimento, comunque è una situazione che ha potuto avere luogo soprattutto grazie a un'attenta strategia istituzionale, come tiene a precisare la produttrice Erica Barbiani: "Secondo me, gran parte del merito va al Fondo Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia in cui non vi è solamente un budget da mettere a disposizione, ma vi sono anche dei programmi di formazione. Per cui, quando ho cominciato a lavorare, avevo sviluppato delle capacità e delle competenze che altrove non avrei avuto modo di maturare. Ad esempio, per dire come ci conosciamo tutti, anni fa ho frequentato un corso al fianco di Alberto Fasulo che stava proprio cominciando a lavorare su Tir. Nel caso di The Special Need, poi, tutto si è svolto quasi come in una comune. Ho ospitato io tutti quanti e quindi mi ritrovavo una decina di persone da gestire a pranzo, cena, colazione. È stato bello e, in fin dei conti, è stato molto utile sia perché si è creata una armonia e una condivisione profonde sia perché è stato meglio cucinare per tutti che dover spendere soldi in giro".
Povera Patria
Ma il punto cruciale del racconto è l'arrivo dei tre protagonisti nel centro in Germania in cui delle assistenti sessuali lavorano per far crescere, maturare e far sentire bene persone con disturbi fisici o psichici. Un qualcosa che in Italia è ancora proibito. The Special Need non intende lanciare una denuncia frontale su una mancanza legislativa del nostro paese, oppure sull'assurdo per cui un ragazzo come Enea, pur avendo superato i trent'anni, è considerato comunque un minore con tutti i problemi giuridici che ne conseguono. "Mettiamola così" - conclude Zoratti - "Se penso alla situazione che c'è in Italia, mi viene in mente quando da bambino potevo andare a dormire da mio cugino e miei zii mi permettevano di fare delle cose che i miei mi proibivano. Non ho mai voluto colpevolizzare i miei genitori per questo. Ho sempre pensato, vabbé, son fatti così. Però, quando stavamo andando in Germania in quel centro, ho avuto la stessa sensazione che avevo quando andavo a dormire da mio zio. Onestamente neanche ho la speranza che un giorno in Italia ci saranno dei centri così".