Il 9 settembre 2017, avendo vinto il Leone d'Oro alla 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica grazie a La forma dell'acqua - The Shape of Water, Guillermo del Toro ha affermato nel suo discorso di ringraziamento "I believe in monsters!", riassumendo perfettamente il proprio cinema a base di creature più o meno strambe (La spina del diavolo, Hellboy, Il labirinto del fauno, eccetera) e il suo amore per il genere fantastico in tutte le sue forme (tra i tanti progetti che ha dovuto accantonare c'era anche un adattamento di H.P. Lovecraft). Era anche un urlo di gioia in nome di un tipo di cinema che i festival maggiori e organizzazioni come la Academy of Motion Picture Arts and Sciences tendono a ignorare. Tra le poche eccezioni c'è proprio The Shape of Water che la notte del 4 marzo 2018, quasi sei mesi dopo la vittoria veneziana, si è portato a casa quattro Oscar su tredici nomination, inclusi quelli per il miglior film e la migliore regia. Nella stessa cerimonia il premio per la sceneggiatura originale è invece andato a Scappa - Get Out, altro elemento "anomalo" tra i lungometraggi candidati in quanto pellicola appartenente al genere horror (e uscita nelle sale americane nel gennaio del 2017, un anno prima delle votazioni). In teoria, ciò dovrebbe costituire un segnale di incoraggiamento per il cinema di genere, ma non è detto che il rapporto non facile tra l'Academy e i film tradizionalmente ritenuti "non da Oscar" sia cambiato più di tanto.
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Il mostro "giusto"
Partiamo dalla vittoria di The Shape of Water, un tempo ritenuta improbabile e ora definita da alcuni sui social un cosiddetto safe choice, una scelta che avrebbe messo d'accordo tutti o quasi. Un'espressione che di per sé fa venire voglia di sorridere, poiché l'aggettivo safe è forse l'ultimo che si assocerebbe alla storia di una donna muta che si innamora di una creatura divina dalle fattezze anfibie (con tanto di accoppiamento interspecie). Eppure ci sono diversi elementi nel lungometraggio che sono effettivamente nelle corde dell'Academy di oggi (composta per la maggior parte, ricordiamolo, da professionisti il cui orientamento politico è l'esatto opposto di coloro che detengono attualmente il potere a Washington): la protagonista è una figura femminile forte, nonostante la sua disabilità; il periodo storico è quello della Guerra Fredda, e oggi il rapporto tra Stati Uniti e Russia è nuovamente problematico; i due comprimari più importanti sono una donna di colore e un uomo che tiene nascosta la propria omosessualità; e per finire, il regista, pur essendo da anni attivo soprattutto nell'ambiente hollywoodiano, è originario del Messico, la nazione che Donald Trump attaccò spudoratamente (definendola un paese di "criminali, droga e stupratori") quando annunciò la sua candidatura presidenziale nell'estate del 2015.
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Non a caso, lo stesso del Toro, accettando la statuetta per la regia, ha incentrato il proprio discorso sul potere del cinema come forza capace di eliminare le barriere, partendo dal proprio background per poi dire che grazie al suo mestiere lui vive ovunque, che si tratti del domicilio vero o dell'ufficio dove un gruppo di produttori approvarono l'idea di The Shape of Water. Un film che guarda al passato, dell'America e del cinema, ma riguarda anche il presente, e per questo - presumibilmente - ha fatto breccia nel cuore dei membri votanti (laddove altri film di genere con nomination importanti, come 2001: Odissea nello spazio, Guerre stellari o Avatar, hanno vinto solo premi tecnici). Ed è forse proprio la sua impostazione molto classica ad aver superato l'ostacolo che invece si è creato per Get Out: pochi giorni prima della cerimonia degli Oscar sono infatti usciti degli articoli, principalmente sull'Hollywood Reporter ma anche sul sito Vulture, dove diversi membri anonimi dell'Academy svelavano le loro preferenze e alcuni retroscena. In più di un caso è emerso che la percentuale più anziana non avesse molto di positivo da dire sul film di Jordan Peele, un thriller dalle tinte horror che affronta la questione del razzismo al giorno d'oggi in modo irriverente e intelligente. Stando alla testimonianza di alcuni membri più giovani dell'Academy, molti dei decani non avrebbero nemmeno visto il film, bollandolo a priori come un prodotto "indegno". E può darsi che chi l'ha visto abbia faticato ad apprezzare la componente satirica di un film dove i cattivi sono i liberali benestanti ("Cioè l'Academy?", come direbbe l'Honest Trailer degli Oscar di quest'anno). Alla luce di queste considerazioni, non sorprende che Peele abbia vinto "solo" il riconoscimento per la sceneggiatura originale, categoria dove poteva contare sul sostegno maggiore dato il precedente trionfo ai WGA Awards.
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Le interpretazioni mancanti
Tornando a The Shape of Water, non è passata inosservata una piccola lacuna tra le candidature recitative: hanno ricevuto le nomination la protagonista Sally Hawkins e i comprimari Octavia Spencer e Richard Jenkins, mentre manca completamente all'appello l'altra metà della storia d'amore raccontata da del Toro, ossia Doug Jones. Un attore che è riuscito a rendere tridimensionale e "umano" un personaggio che umano non è, e a far trasparire tutte le proprie emozioni sotto strati di trucco che, per ammissione dello stesso interprete, gli limitano seriamente la vista e l'udito sul set. E qui si palesa la più significativa forma di discriminazione da parte dell'Academy (o meglio, da parte dei membri attori, poiché le nomination per la recitazione le decidono loro): la totale indifferenza verso performance notevoli ma associate a figure non umanoidi. Ne sa qualcosa George Lucas, che nel 1980 cercò di far candidare Frank Oz per L'impero colpisce ancora ma fu snobbato perché Yoda era "solo" un pupazzo con la voce di Oz. E ne sa qualcosa Peter Jackson, che nel 2002 e nel 2003 provò a fare la stessa cosa con Andy Serkis e dovette fare i conti con la diffidenza delle persone nei confronti della performance capture. Una diffidenza che continua ancora oggi, nonostante l'impegno dello stesso Serkis (vedi video sotto) per far capire che sotto il "trucco digitale" della tecnologia usata per personaggi come Gollum o Hulk c'è comunque l'interpretazione fisica di un attore. Difatti, qualora ci sia stata una nomination recitativa (e in alcuni casi addirittura una vittoria) per pellicole horror, fantasy o di fantascienza, si trattava sempre di performance "umane": Linda Blair ne L'esorcista, Sigourney Weaver in Aliens - Scontro finale, Ian McKellen ne Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello...
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Il curioso caso dei cinecomics
Sempre nella già menzionata intervista di Vulture uno dei membri votanti più giovani ha chiesto come mai non ci fosse stata nessuna candidatura per film come Wonder Woman. Dato per favorito da alcuni anche per la sua importanza socio-politica in America (è il film più visto di sempre diretto da una donna), il lungometraggio supereroistico di Patty Jenkins si è ritrovato completamente a bocca asciutta. Un risultato che, al di fuori di eventuali candidature tecniche, non ha sorpreso chi sa del disprezzo generale dell'Academy nei confronti dei film tratti dai fumetti, ancora ritenuti una forma d'arte "inferiore". Basta ricordare un articolo di Variety uscito nell'estate del 2012, dove fu chiesto a un anonimo membro votante degli Oscar se Il cavaliere oscuro - Il ritorno (sequel de Il cavaliere oscuro che tre anni prima fece vincere una statuetta postuma a Heath Ledger) avesse qualche possibilità di fare incetta di premi per festeggiare la conclusione dell'acclamata trilogia, sulla falsariga della piazza pulita che fece Il signore degli anelli - Il ritorno del re nel 2004. La risposta dell'intervistato: "L'Academy guarda sempre alla fonte. Il film di Jackson era tratto da un'opera letteraria, questo è tratto da un fumetto." Una condanna durissima che andava anche a smentire la popolare teoria secondo la quale fu il secondo cinecomic di Christopher Nolan a spingere l'Academy ad aumentare il numero di nomination nella categoria Miglior Film da cinque a dieci (è più probabile che avesse pesato la mancanza di WALL·E, tant'è che nei due anni in cui erano obbligatorie dieci candidature - dal 2012 in poi è il numero di voti a determinarle, fermo restando che cinque è il minimo e dieci il massimo - si ritrovarono a competere per la statuetta più ambita Up e Toy Story 3 - La grande fuga).
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Va però precisato che la discriminazione tende a colpire solo i comic books, non le graphic novel, dove forse trae in inganno il secondo termine ("romanzo" in inglese). Ci sono infatti state nomination di un certo peso, per attori e/o sceneggiatori, nel caso di film tratti da fumetti più maturi, non supereroistici: Ghost World, Era mio padre, A History of Violence. Lo stesso nei festival, dove premi importanti sono stati vinti da Old Boy, Persepolis e La vita di Adele. Un'eccezione notevole fu la nomination di Al Pacino come miglior non protagonista per Dick Tracy, e nel 2015 è stato scelto come miglior film d'animazione Big Hero 6, lungometraggio Disney tratto da una miniserie della Marvel (ma qui vanno considerate due cose: la Disney e la Pixar tendono a vincere nella maggior parte dei casi, ed è stato confermato dagli articoli dell'Hollywood Reporter che molti membri votanti per la categoria in questione si basano sulle preferenze dei figli). Quest'anno Logan - The Wolverine è riuscito a convincere gli sceneggiatori, conquistando una candidatura tra i migliori adattamenti, evoluzione naturale dell'unico percorso dove i cinecomics tendono a godere di un certo prestigio tra i professionisti: negli anni precedenti, il Writers Guild of America ha assegnato nomination per la sceneggiatura non originale a Il cavaliere oscuro, Guardiani della Galassia e Deadpool. C'è anche l'American Film Institute che, a seconda delle annate, sceglie un film di supereroi tra i rappresentanti del meglio del cinema statunitense, e per il 2017 c'era appunto Wonder Woman. Alcuni si stanno già chiedendo se Black Panther, acclamato già adesso come il blockbuster più importante del 2018 con oltre un miliardo di dollari al box office mondiale, riuscirà ad invertire la tendenza (tra coloro che scommettono su una nomination nella categoria più significativa c'è proprio Christopher Nolan). Per ora siamo abbastanza scettici al riguardo, basandoci sulle testimonianze di cui sopra: sarà probabilmente necessario aspettare un ricambio generazionale su larga scala nelle file dell'Academy prima che vengano presi in considerazione certi progetti. Nel frattempo godiamoci la vittoria di The Shape of Water, un film che, a conti fatti, per i membri votanti degli Oscar era anomalo ma non troppo.