The Romanoffs sono i discendenti della famiglia reale russa... o almeno credono di esserlo. Ma sono soprattutto i protagonisti del nuovo lavoro di Matthew Weiner, il primo dopo Mad Men, pensato e realizzato per Amazon Prime Video, ma concepito in modo da andare controcorrente rispetto alla tendenza al binge-watching e la frenesia della serialità contemporanea: in primo luogo perché si tratta di una serie antologica, i cui singoli episodi si presentano come autonomi e autoconclusivi; in secondo luogo per la durata di essi, un'ora e mezza in cui l'autore di prende il suo tempo, che li rende dei veri e propri film autonomi; inoltre perché la sua pubblicazione nel catalogo del canale streaming è scaglionata settimanalmente.
The Romanoffs è in uscita, infatti, dal 12 ottobre, ma solo i primi due capitoli di questa saga familiare sono disponibili da subito (The Violet Hour e The Royal We), mentre i successivi seguiranno, uno a settimana, fino al 23 novembre per un totale di otto storie diverse per altrettanti personaggi. Otto capitoli che procedono placidi, che si adagiano su tempi e spazi, ambientati in località sempre diverse in giro per il mondo, da Parigi a Toronto e Hong Kong, e affidati a un cast ampio, variegato e ricco, che va da Aaron Eckhart a Amanda Peet e Christina Hendricks, da Noah Wyle a Isabelle Huppert, Griffin Dunne e Diane Lane.
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Otto storie per otto eredi: il valore del cast di The Romanoffs
Nomi di spicco che però non devono trarre in inganno, perché Weiner è bravo a far sì che non siano unici catalizzatori dell'attenzione del pubblico, ma valore aggiunto di un insieme che vive e funziona al di là della loro presenza. Prendiamo per esempio l'episodio The Violet Hour che apre la stagione della serie, oggetto principale della nostra prima recensione di The Romanoffs: Aaron Eckhart è presente e condisce la storia con il proprio carismatico apporto, ma il cuore pulsante è Marthe Keller che dà vita alla sua snob e insopportabile zia, magistralmente accompagnata dalla bravissima Inès Melab che costruisce il brillante ritratto della sua domestica medioorientale. La Keller è infatti Anushka, donna francese altezzosa che si dichiara discendente dei Romanov e vive nel suo enorme ed elegante appartamento parigino, alla quale il nipote americano Greg (Eckhart) affianca una giovane donna mussulmana, per occuparsi di lei, ma anche tenerla occupata. Personaggi che si muovono in uno script che si adagia sui particolari, che prende il suo tempo per raccontare le relazioni tra loro e l'evoluzione di esse.
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Una saga familiare sui generis
Quel che colpisce dell'impostazione di The Romanoffs, che abbiamo potuto saggiare con i primi tre episodi visionati, è come e quanto Weiner si sia dedicato al racconto di queste otto storie senza cercare necessariamente un filo conduttore forte dal punto di vista della costruzione narrativa: ognuna vive nel suo proprio mondo, ognuna di esse ha i suoi pregi e i suoi difetti, e non ci stupiremmo se gli episodi preferiti di qualcuno fossero quelli più detestati da altri. È un aspetto che colpisce e intriga per un duplice motivo: da una parte per il coraggio e la solida consapevolezza del Matthew Weiner autore; dall'altra, e parallelamente, per l'evidente libertà e fiducia accordategli dagli Amazon Studios che a lui si sono affidati per la realizzazione di questa ambiziosa serie.
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La firma di Matthew Weiner
The Romanoffs è infatti una creatura di Matthew Weiner in tutto e per tutto, perché l'autore di Mad Men ha diretto in prima persona tutti gli otto episodi e ha scritto o co-sceneggiato sei di essi (i due rimanenti sono comunque affidati a fedelissimi della serie AMC che ha reso celebre l'autore). Lo è perché è evidentemente lui il vero, e forse unico, filo conduttore nel passare da un potenziale erede della famiglia russa a un altro, da una debolezza all'altra seguendo personaggi che oscillano tra fragilità e presunzione. Weiner non ci porta solo in giro per il mondo, ma ci conduce in un viaggio in cui ci possiamo aspettare di tutto, come è chiaro sin dalla spiazzante e dirompente sequenza dei titoli di testa, una vera e propria dichiarazione d'intenti che ci pone nel giusto stato d'animo per immergerci nelle storie che seguiranno.
The Romanoffs non è Mad Men, ma nemmeno cerca di esserlo nel suo iniziale rifiuto di dedicarsi alla costruzione di personaggi centrali e forti e di una storia da sviluppare in archi narrativi complessi. Segue piuttosto una voglia di esplorare le regole della narrazione seriale, giocare con esse per costruire il proprio fragile castello di carte, pur osando e rischiando di farlo crollare. Non è una serie che accontenterà tutti, ma è una serie a cui dare una possibilità.
Movieplayer.it
3.5/5