Kate Winslet non è solo un'attrice talentuosa ma anche una che oramai sceglie con cura i propri ruoli, perché può permetterselo grazie alla carriera che si è costruita. Lo ha fatto ancora di più finora sul "piccolo" schermo, dove si è affacciata pochissime volte e sono sempre coincise - guarda un po' - con un Emmy portato a casa, ovvero gli Oscar della tv. L'aspetto comune è inoltre il coinvolgimento di HBO per un numero limitato di episodi (le cosiddette miniserie) e grandi nomi del cinema dietro la macchina da presa. Non fa eccezione la sua ultima fatica e ci chiediamo se porterà al terzo Emmy della sua carriera - che sarebbe un record date le altrettante poche volte in cui si è approcciata al medium - mentre scriviamo la recensione di The Regime, dal 4 marzo su Sky Atlantic e in streaming solo su NOW in esclusiva e in contemporanea con gli Usa.
Una trama (fanta)politica
La trama di The Regime si svolge lungo un anno tra le mura del palazzo - infatti originariamente era intitolata The Palace, poi forse non si sono voluti soprapporre al film di Roman Pokanski - di un moderno e fittizio regime autoritario europeo. Tutto ruota intorno alla potente e complessata Cancelliera Elena Vernham (Kate Winslet), comandante in capo del regime, che si ritrova minacciata da un dissenso interno sempre più forte. Tutto sembra cambiare con l'arrivo di un militare apparentemente responsabile di un massacro, a farle da guardia del corpo, Hubert (Matthias Schoenaerts). L'uomo, anche lui alle prese coi propri demoni interiori, ha una visione proletaria e utopistica di come dovrebbe funzionare un governo e prova a instillarlo nella mente della sua datrice di lavoro. Ciò a cui assistiamo è da un lato il voler mantenere il potere a tutti i costi - un tema tristemente attuale - dall'altro il vedere come tutto si stia sgretolando intorno a loro. Il loro rapporto è il vero punto di forza e specchio della narrazione perché, proprio come tutta la serie, è surreale e sopra le righe, passando da un eccesso ad un altro.
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Un ritratto (fanta)politico
Ciò che emerge da The Regime - Il palazzo del potere è un ritratto crudo e fortemente satirico della politica oggi, sia essa una monarchia, una repubblica o qualsiasi altro tipo di governo. Il creatore Will Tracy insieme alla sua writers room è stato furbo a creare anche visivamente un qualcosa che ricordasse tantissime realtà mondiali, da Buckingham Palace a Londra al Parlamento di Vienna fino al Palazzo dello Zar che subì la Rivoluzione Russa, senza dimenticare le dittature che hanno caratterizzato la Storia con la S maiuscola, ma senza concentrarsi mai su una in particolare. D'altronde le stesse location sprizzano Europa da tutti i pori: dal Regno Unito si passa al Palazzo Liechtenstein, il Liechtenstein Museum, la Fürstengasse e il Castello di Schönbrunn a Vienna. Dopo Todd Haynes e Craig Zobel, Winslet viene diretta questa volta da Stephen Frears e Jessica Hobbs per tre episodi a testa (su sei) che, tra The Queen, The Lost King e The Crown, oltre all'esperienza televisiva di Frears in A Very English Scandal e Quiz, ne sanno qualcosa di reggenti di varia natura. Il risultato è un insieme grottesco di elementi che rendono la storia talmente surreale da fare il giro e risultare drammaticamente vera, perché spesso è proprio l'assetto fantapolitico reale ad essere drammaticamente e amaramente tale.
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Due interpreti in stato di grazia
Nel cast della miniserie figurano anche due bravi Guillaume Gallienne e Andrea Riseborough, anche se quest'ultima un po' vittima del proprio ruolo, una ben ritrovata Martha Plimpton e un cameo di Hugh Grant, anche dimenticabile e non necessario. Ma a brillare davvero sono loro due, le colonne portanti di The Regime, la Cancelliera e il suo braccio destro, i cui ruoli di potere si ribaltano continuamente nel corso delle sei puntate, e la loro relazione travalica i sentimenti ed è incredibile come i due interpreti siano riusciti a dar credibilità ad un rapporto nato e cresciuto nella più totale follia che imperversa la narrazione e la caratterizzazione dei personaggi. Kate Winslet è una conferma nel dipingere questa donna piena di insicurezze e paure con un rapporto complicato col padre, donandole qualche tic nervoso simile ad una paresi facciale, e un accento particolare non riconducibile a nessuno Stato; mentre la vera sorpresa è Matthias Schoenaerts che finora non si era mai fatto notare così tanto, nemmeno nel nostro Django lo scorso anno. La follia mista a terrore e forza bruta che dona al proprio personaggio, che ha occhi solo per la Cancelliera, emerge fin dalle sue espressioni facciali. Tutto trasuda (sur)realtà nel serial, dai colori scelti per la bandiera e per il regime fittizio del titolo, alle scenografie e ai costumi, così minimalisti e in tinte decise, fino alle musiche che ci ricordano che siamo in un dark comedy e non in un political drama.
Conclusioni
Alla fine della recensione di The Regime siamo attoniti per la (mini)serie che ci siamo ritrovati di fronte, che non è quello che ci aspettavamo, ovvero una chiave satirica e grottesca piuttosto che drammatica e farraginosa, ma ci ha sorpreso in positivo. Così come i due protagonisti, sulle cui spalle si erge l’intero assetto narrativo, ovvero una Kate Winslet che per la terza volta si conferma da Emmy e un Matthias Schoenaerts sorprendente in un ruolo così complesso senza diventare una macchietta. Anche perché è l’intera miniserie a fare il giro per diventare satira feroce e farsesca della politica oggi. Chapeau alla messa in scena che rende perfettamente il tono del racconto fin dalle prime battute, così come alla regia briosa di Stephen Frears e Jessica Hobbs, il cui ritmo si fa però sentire nella lunga durata delle puntate.
Perché ci piace
- Kate Winslet e Matthias Schoenaerts, immensi e incredibili.
- Scenografie e costumi scelti per parlare di politica oggi senza rappresentare uno Stato in particolare, eppure rappresentandoli tutti.
- La chiave farsesca scelta, che spesso supera il surreale…
Cosa non va
- …ma rischia di lasciare interdetti gli spettatori.
- Non tutti i comprimari sono indimenticabili, su tutti Hugh Grant.
- La durata degli episodi un po’ si fa sentire dato il tema complesso affrontato.