Con questa recensione di The Red Sea Diving Resort torniamo su Netflix, dove il film di Gideon Raff è disponibile dopo un singolo passaggio in sala all'interno del San Francisco Jewish Film Festival. Il contesto giusto per far uscire la nuova fatica registica di un cineasta che è noto soprattutto per i suoi lavori televisivi e da quel punto di vista è diventato uno dei nomi riconoscibili nell'era dello streaming, al punto che il suo prossimo progetto catodico - la miniserie The Spy, sulla vita di Eli Cohen - sarà disponibile su Netflix anziché puntare su una prima messa in onda via cavo come accaduto con le sue serie precedenti.
Un vero salvataggio
Israeliano di nascita e residente a Los Angeles da quasi vent'anni, Gideon Raff si è sempre interessato alle questioni politiche in Medio Oriente, prima con Prisoners of War e il suo remake americano Homeland e poi con Tyrant, la sua prima produzione televisiva realizzata direttamente per il mercato statunitense. Per il suo terzo lungometraggio, questo The Red Sea Diving Resort, Raff ha deciso di raccontare una storia vera, traendo ispirazione da una missione di salvataggio di ebrei sudanesi che vennero poi portati in Israele, nota come Operation Brothers.
In particolare il film racconta una delle tattiche usate per aggirare le ostilità delle varie fazioni del governo sudanese: tra il 1979 e il 1984 il Mossad gestiva un albergo sul Mar Rosso, stratagemma efficace per trasportare rifugiati senza dare troppo nell'occhio.
The Red Sea Diving Resort porta sullo schermo quella storia con fare inevitabilmente romanzato (i titoli di coda specificano che eventi e personaggi sono inventati, presumibilmente per motivi legali), ma non senza una palpabile empatia di Raff per la situazione. C'è un che di hollywoodiano nell'operazione e nella costruzione della trama, e la copertura dell'albergo unita a un tono che unisce serietà e leggerezza non può non far pensare ad Argo, i cui eventi ebbero luogo nel medesimo periodo. Al posto di Ben Affleck c'è Chris Evans nei panni di Ari Levinson, un personaggio lontano anni luce da Steve Rogers: fuma, impreca e ammette candidamente di essere un poco di buono. Al suo fianco c'è un team internazionale, che include l'americana Haley Bennett e l'olandese Michiel Huisman, il tutto sotto la supervisione di Ben Kingsley e Mark Ivanir che a momenti gareggiano per vedere chi si arrabbia in modo più istrionico (e la presenza di Kingsley rende ancora più inevitabile il flashback cinefilo quando si sente la citazione ebraica "Chi salva una vita, salva il mondo intero").
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La dura realtà
Ci sono due anime che per certi versi si scontrano nel film: da un lato la voglia di raccontare una storia (vera) che sia anche in grado di intrattenere, facendo leva sul carisma comico di Chris Evans e sulla sua alchimia con gli interpreti degli altri personaggi, dall'altro il desiderio sincero di andare oltre la cornice cronologica dell'albergo sul Mar Rosso per sottolineare quanto la situazione non sia cambiata in quarant'anni. Raff racconta un episodio specifico legato al suo popolo, ma le consuete didascalie finali ci ricordano che la crisi migratoria dei rifugiati riguarda tutti, ed è difficile non scorgere una critica neanche tanto velata all'attuale amministrazione americana, l'esatto opposto dell'unico personaggio statunitense presente nel film che si dimostra solidale nei confronti del lavoro di Levinson.
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Due elementi non sempre in equilibrio, come dimostra la scena in cui gli agenti vengono apertamente redarguiti perché non prendono sul serio il lavoro sotto copertura, ma che combinati creano qualcosa di divertente e stimolante, che in altre circostanze si sarebbe potuto ritagliare un discreto spazio in sala. Il fatto che sia su Netflix (a maggiore rischio di invisibilità a causa dell'algoritmo), nonostante la fama globale dell'attore protagonista, la dice lunga su come sia cambiato il panorama audiovisivo.
Conclusioni
Arrivati in fondo alla recensione di The Red Sea Diving Resort, è senz'altro notevole che Netflix abbia deciso di dare spazio ad una storia d'altri tempi ma anche molto attuale, di quelle che al giorno d'oggi faticano a farsi notare su un grande schermo dominato da produzioni ad alto tasso di spettacolo. Gideon Raff non fa nulla di rivoluzionario, ma la sua partecipazione emotiva personale è evidente dalla prima all'ultima inquadratura.
Perché ci piace
- La storia vera che ha ispirato il film è fonte di spunti interessanti.
- Chris Evans è un leader carismatico.
- I richiami all'attualità sono evidenti ma non invadenti.
Cosa non va
- L'equilibrio tra entertainment e riflessione seria traballa in alcuni momenti.