Dalla terra all'acqua. Quattro anni fa The Wave aveva rievocato un tragico tsunami che negli anni Trenta uccise 40 persone in Norvegia. Una frana caduta da un monte sollevò un'onda anomala che non diede scampo a un piccolo villaggio situato all'interno di un fiordo. Un evento molto sentito in patria, che spinse il regista Roar Uthaug ad adottare uno stile asciutto, severo, assai realistico. Quattro anni dopo, il suo sequel si mette in scia e non cambia tono. In questa recensione di The Quake - il terremoto del secolo, questa volta diretto da John Andreas Andersen, prendiamo atto di un film norvegese anti-epico, intimo, che prende le distanze dalla spettacolarizzazione tipica dei disaster movie americani.
Senza esasperare mai, The Quake - il terremoto del secolo ci conferma che la Natura non ha bisogno di ulteriore enfasi per dare spettacolo e che l'uomo ci mette del suo senza bisogno degli artifici del cinema. Dimenticate gli eroi, il mondo che aspetta di eleggere i suoi paladini, personaggi che si elevano al di sopra degli altri. No, in The Quake ci sono soltanto persone che fanno il meglio per sopravvivere. Al terremoto e a se stessi.
Intimista nella prima parte e più convenzionale nella seconda, il film di Andersen trova nel disastro anche un motivo per riflettere sulla famiglia e sul senso di colpa. Il tutto raccontato con stile asciutto, severo, senza tradire mai i canoni di un realismo che cade spesso nel dramma.
La trama: Norvegia senza eroi
Il senso dei colpa dei sopravvissuti corrode, logora, annienta. È quello che succede al geologo Kristian (un intenso Kristoffer Joner), sopravvissuto a uno tsunami che non ha risparmiato decine di vittime. Lui ha fatto il possibile per salvare tutti. "Non abbastanza", sussurra una voce severa dentro il nostro. Per questo, dopo i fatti di The Wave, Kristian ha reagito a tutto quel dolore chiudendosi a riccio, esiliandosi dalla sua famiglia per rintanarsi in un posto isolato da tutto e tutti. Anche da moglie e figli tenuti a debita distanza. Un paradiso incontaminato solo in apparenza, perché non è altro che una prigione dove si cova malessere. Trasandato e scostante, Kristian ha fatto di quella tragedia un'ossessione, non solo per quello che è stato, ma soprattutto per la paura di quello che potrebbe essere. Così, quando un tunnel crolla sulla testa di un suo stimato collega, il timore che Oslo possa essere colpita da un devastante terremoto diventa concreto. Nonostante un impianto narrativo alquanto classico, uno dei meriti di The Quake - Il terremoto del secolo è quello di partire dai detriti ancor prima che il terremoto vada in scena.
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Le briciole sono i resti di un uomo dilaniato dal dolore a cui, quasi per contrappasso, serve uno scossone per tornare a vivere e ad amare. In questo senso è come se il violento terremoto del film assuma le sembianze di condanna e di salvezza, di nemico e di alleato per la dimensione umana e familiare di Kristian. Un personaggio che incarna alla perfezione il tono "normalizzante" di The Quake, perché nonostante la sua devozione alla causa e la sua caparbietà, questo padre di famiglia risulta sempre riluttante a qualsiasi forma di eroismo, sempre ordinario anche quando si trova davanti allo straordinario.
Nel ventre della terra
The Quake è un film spaccato in due dal suo stesso terremoto. La prima parte procede placida, segnata da un ritmo compassato e paziente, tutto soffermato sull'anestesia affettiva di un uomo bloccato dai suoi fantasmi. Uno stato d'animo malinconico che si specchia in un'ambientazione dominata da una Natura silente, nostalgica, che vuole essere lasciata in pace come il protagonista. Con l'inevitabile incombere del sisma, The Quake cambia elemento, passa dall'acqua alla terra, dall'astrazione alla materia. Entra in scena Oslo con i suoi grattacieli, i fiordi lasciano spazio al cemento e al ferro, e il film assume forme più convenzionali, ma non per questo meno efficaci. Il secondo atto del film subisce una brusca accelerazione che lo porta nella comfort zone del disaster movie: tensione, ansia, dolorosi addii. Abile nella messa in scena in cui l'azione è sempre chiara e leggibile, Andersen chiude i personaggi in una nuova "trappola di cristallo", riuscendo a farci credere che chiunque possa morire da un momento all'altro. Pur senza brillare per originalità, The Quake porta avanti con fierezza la sua esigenza di realismo. Perché è proprio dalla realtà che emergono le sue storie. Storie che vanno rispettate senza che il cinema sconfini nella vanità e nell'eroismo forzato. Una scelta etica semplice ma meno banale di quel che sembra.
Conclusioni
In questa recensione di The Quake abbiamo lodato un disaster movie scandinavo capace di prendere le distanze dal classico modello “made in USA”. Anti-spettacolare, anti-epico e privo del classico eroe, il film di John Andreas Andersen rievoca una vera tragedia con tono asciutto e severo. Certo, The Quake non brilla di originalità e non riscrive nuove pagine del genere, ma nel secondo atto riesce a catturare con sequenze ad alto tasso ansiogeno.
Perché ci piace
- La recitazione implosa di un ottimo Kristoffer Joner.
- La scelta di evitare un'eccessiva spettacolarizzazione.
- Alcune sequenze creano pura ansia nello spettatore.
Cosa non va
- Il film risulta forse troppo canonico.
- Avremmo preferito un maggior approfondimento del dramma familiare.