Quando è nata la collaborazione tra Marvel Studios e Netflix per un progetto seriale a lungo termine (destinato, a quanto pare, a durare anche oltre il termine dell'accordo generale tra la Disney e la piattaforma di streaming, poiché le serie già avviate su Netflix non migreranno sul servizio apposito della Casa del Topo), il piano prevedeva cinque capitoli: Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage, Iron Fist e, per finire, The Defenders. Questa versione del progetto, conclusasi qualche mese fa, ha in realtà già subito delle modifiche, poiché nel 2016 Daredevil ha avuto diritto a una seconda stagione (la terza è attualmente in lavorazione), nel corso della quale è stato introdotto nel Marvel Cinematic Universe l'antieroe Frank Castle, alias il Punitore. La performance di Jon Bernthal è stata accolta talmente bene da portare praticamente subito all'approvazione di uno spin-off: The Punisher, arrivato sulla piattaforma il 17 novembre 2017. Si tratta di un serial più cupo e violento anche rispetto agli standard delle altre produzioni Marvel di Netflix, privo di elementi soprannaturali e per lo più slegato dalle storyline interconnesse di Daredevil e compagnia bella. Ciò non ha però impedito allo showrunner Steve Lightfoot di divertirsi con i consueti dettagli nascosti, di cui vi proponiamo quelli più significativi (N.B. l'articolo contiene spoiler). A cominciare da un inside joke legato alla modalità di diffusione dello show...
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1. L'orario giusto
Il primo episodio è intitolato 3AM, ossia le 3 di notte. A prima vista è una semplice allusione all'abitudine di Castle di eliminare le proprie vittime in quella fascia oraria, e al fatto che quando non è "in servizio", si sveglia più o meno a quell'ora a causa degli incubi legati alla morte della sua famiglia. Ma c'è anche un elemento autoironico nella scelta di quel titolo, almeno per coloro che vivono sulla Costa Est degli Stati Uniti. Le nuove serie di Netflix sono tradizionalmente caricate sulla piattaforma a mezzanotte sulla Costa Ovest, e quindi alle 3 di notte a New York, la città dove Frank vive e uccide (per l'Italia le 9 del mattino).
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2. Affari di famiglia
Sempre nella puntata inaugurale scopriamo che Castle, fingendosi morto, si fa chiamare Pete Castiglione. Uno pseudonimo tutt'altro che casuale poiché nei fumetti la famiglia di Frank, originaria della Sicilia, si chiamava proprio Castiglione ma fu ribattezzata Castle dalle autorità del servizio d'immigrazione di Ellis Island. Nella versione di Netflix non è specificato se Frank sia effettivamente di origine italiana, ma un'altra allusione genealogica salta fuori negli episodi successivi quando viene fuori che la sua defunta moglie, Maria, era di famiglia sicula.
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3. Tre parole magiche
Prima di avere un ruolo importante nella serie, il personaggio noto soprattutto come Micro si limita ad apparire per pochi secondi al termine del primo episodio, sorvegliando le azioni di Castle e sancendone ufficialmente la "resurrezione" con tre parole (in versione originale): "Welcome back, Frank!". Una frase che è stata accolta con gioia dai fan del Punitore fumettistico, poiché si tratta del titolo di una serie limitata (12 numeri) pubblicata nel 2000 e 2001. Scritta da Garth Ennis e illustrata da Steve Dillon, questa storyline segnò il rilancio del personaggio sul piano fumettistico e il suo ingresso nella scuderia Marvel Knights, sottoetichetta caratterizzata da toni più maturi e violenti (non a caso anche Daredevil fu reinventato in quella sede). Nello stesso ciclo appare anche la famiglia mafiosa Gnucci, i cui emissari vengono uccisi da Castle all'inizio della serie.
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4. Questioni di cronologia
Come abbiamo già detto in apertura, The Punisher è impostato in modo per lo più autoconclusivo (l'unico elemento che richiede in parte una conoscenza pregressa delle serie Marvel è la presenza di Karen Page), senza componenti narrative legate agli eventi di The Defenders (aiuta anche il fatto che Frank sia attivo nel Queens, lontano dai quartieri di Jessica Jones, Luke Cage e Danny Rand). Viene però fornito un indizio sulla collocazione cronologica della serie, tramite gli uffici del New York Bulletin: la consueta rassegna stampa dedicata alle attività paranormali in città menziona anche la battaglia finale tra i Difensori e la Mano, e si può quindi ipotizzare che il tempo presente per Castle corrisponda più o meno al vero autunno del 2017. Questo dà anche una connotazione aggiuntiva (per quanto forse involontaria) a una battuta di Micro durante la sua prima conversazione telefonica con Castle: "Io non sono l'unico fantasma a New York". Il riferimento diretto è al fatto che sia lui che Frank sono dati per morti, ma gli spettatori sanno che c'è un altro personaggio importante a New York che tutti credono defunto: Matt Murdock, alias Daredevil.
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5. Ritratto del cattivo da giovane
All'inizio della serie è difficile sospettarlo se non si conosce la fonte letteraria, ma nei fumetti Billy Russo è la nemesi più nota del Punitore, e gli eventi dello show suggeriscono che lui possa assumere tale ruolo in una possibile seconda stagione, motivato dalla vendetta: a differenza degli altri avversari di Castle, infatti, lui non viene ucciso ma semplicemente sfigurato a vita, un affronto imperdonabile alla sua vanità. L'abbiamo già visto al cinema in Punisher - Zona di guerra, dove Jigsaw (il nome d'arte di Billy) aveva il volto di Dominic West, mentre nel MCU ha le fattezze di Ben Barnes. Una scelta di casting le cui connotazioni ironiche vengono apertamente riconosciute dagli autori: Barnes è stato il protagonista del film Dorian Gray, e nella serie vediamo Billy con in mano il romanzo originale di Oscar Wilde, dove la vanità e l'ossessione della bellezza eterna sono i temi dominanti.