La resurrezione come hobby, il trauma come certezza, le cicatrici come souvenir da portarsi sempre addosso. Frank Castle è uno condannato a vita. Uno che morirebbe volentieri pur di riabbracciare, finalmente, quello che non ha più. Un fantasma arrivato più volte al confine della morte con quel mezzo sorriso sul volto che sapeva di liberatoria sublimazione. E invece no. Eccoci ancora qui a raccontare le testarde gesta dell'antieroe Marvel per eccellenza. Eccoci nella recensione di The Punisher 2, seconda stagione della serie Netflix di cui abbiamo visto i primi cinque episodi (su un totale di tredici).
Dev'essere proprio vero che il mitico Punitore è un combattente duro a morire, uno spirito coriaceo capace di resistere anche all'epidemia che, poco per volta, sta facendo cadere le serie Marvel-Netflix come tessere di un domino. Dopo le cancellazioni di Daredevil, Luke Cage, Iron Fist e The Defenders, soltanto Jessica Jones e Frank Castle sono rimasti a tenere alta la bandiera della Casa delle Idee nell'Olimpo californiano dello streaming. E temiamo che non resisteranno ancora a lungo. Per questo è lecito aspettarsi dalla seconda stagione di The Punisher un conclusivo canto del cigno che chiuda il cerchio di sangue, morte e dolore attorno all'iracondo reduce marchiato dal teschio bianco. Nella prima stagione abbiamo imparato a conoscere un uomo letteralmente dilaniato, costretto a uccidere ogni giorno e infestato dal ricordo tartassante della sua famiglia sterminata. Come schegge che gli si conficcavano in testa di continuo, i ricordi ferivano ogni volta Frank Castle molto più dei cazzotti e delle pallottole.
Un approccio intimista, destinato ad andare al di là delle corazze (e dei giubbotti antiproiettile) per ispezionare quest'uomo addolorato addentrandosi nell'animo ferito di una persona. Un approccio che, nella parte iniziale di questa seconda stagione, non viene abbandonato ma traslato su quel che resta di Billy Russo. L'ex collega e amico di Castle, sfigurato senza pietà proprio dalle mani di Frank nel truce duello con cui ci avevano detto arrivederci. Perché per chi è destinato a combattere ed è condannato a vivere, l'addio è un lusso non concesso.
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Soldato o guerriero? Il destino di Frank Castle
Al chiodo ha appeso qualsiasi arma possibile e immaginabile, il suo mitico teschio e soprattutto il suo vecchio nome. Frank Castle non c'è più. È solo un ricordo, un fantasma rimpiazzato da Pete Castiglione, uomo dalla fedina penale pulita grazie all'accordo strappato alla Homeland Security. Sono passati sei mesi dalla fine delle ostilità contro il mellifluo e cinico Billy Russo, e Pete (o Frank, fate voi) prova ad andare avanti, a vivere sereno, tranquillo, lontano da mitra e proiettili conficcati sottopelle. Lo fa nelle zone più sperdute e quiete dell'Ohio, aggirandosi di bar in bar, di motel in motel. Una sera come tante, incrocia il suo sguardo con una donna che riesce nell'impresa di conquistarne l'affetto immediato e (soprattutto) la fiducia. Un dettaglio non banale, emblematico di quanto Castle voglia rimettersi in gioco senza rimanere aggrappato al passato. Ed è per questo che finora il nostro non aveva mai ceduto al fascino femminile, come se fosse ancora sposato, fedele e rispettoso del suo matrimonio. Però la maledizione di certi destini balordi è capace di raggiungerti ovunque. Anche nel bel mezzo dell'Ohio. Così, nel corso di una sparatoria, Frank si ritrova a difendere un'altra ragazza in possesso di foto compromettenti. Ricercata da un'oscura e losca organizzazione intenzionata a riavere quel materiale prezioso, la giovane non è chi dice di essere, ma nonostante tutto il solito istinto protettivo di Castle (Karen Page ne sa qualcosa) ha la meglio.
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Anche quando il caro, vecchio Frank voleva tenersi alla larga dai problemi, la violenza bussa alla porta di The Punisher senza chiedere il permesso. La seconda stagione si apre, quindi, catapultando Castle in una situazione casuale, rendendolo forse troppo vittima degli eventi e (nonostante le scene d'azione ipermuscolari non manchino e Jon Bernthal sia ormai un tutt'uno col protagonista della serie) poco incisivo nell'economia della storia. Ha così inizio un lungo (e lento) vagabondare della strana coppia (che di tanto in tanto cita Leon) che non brilla per ritmo, porta un po' troppo per le lunghe certi misteri e presenta sprazzi di umorismo inediti per la serie. Prendendo esempio dall'abitudine del fumetto seriale, possiamo dire che Netflix sembri aver fatto una scelta. La prima stagione era su Frank Castle. La seconda è con Frank Castle. Ovvero quell'uomo che non è più un soldato che risponde ad ordini altrui, ma un guerriero alla ricerca della sua missione per sentirsi utile, dare un senso a quella vita che non vuole saperne di lasciarlo andare.
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Billy Russo: una trama a favore di villain
Bei vestiti, faccia da bravo ragazzo, modi gentili. Se c'era una cosa che importava a Billy Russo era apparire migliore di come fosse in realtà. Ed è per questo che Frank, uno che lo conosce come le sue tasche, lo ha ferito nel suo punto debole: lo ha sfigurato e lo relegato a un'esistenza di trauma e dolore. Esattamente come la sua. La trama dei primi cinque episodi di The Punisher 2, che nel frattempo ci presentano poco per volta un secondo antagonista criptico, spietato e affetto da fanatismo religioso, si sofferma sulla straziante convalescenza di Russo. Anima in pena in preda alle proprie agonie (mal di testa lancinanti e incubi ricorrenti), Russo rifiuta il suo aspetto fino a coprirsi il volto con una maschera.
Grazie al rapporto con la sua terapeuta, scopriamo che ha la memoria ancora confusa, il corpo ormai debole e fuori allenamento, ma non ha certo perso il suo ascendente sul sesso femminile e le sue capacità manipolatorie. Finora, le sequenze più interessanti e profonde di questa seconda stagione sono proprio quelle dedicate al rinato Russo. Deturpato, ferito, infestato e dotato di una maschera che lo rende anche affascinante a livello iconico, Billy è la scheggia impazzita della serie. Un orfano che forse non deve il suo carattere sadico soltanto alla sua infanzia e alla sua esperienza di soldato, perché forse risponde solo e soltanto alla sua natura. Le speranze per una seconda parte di stagione più densa e catalizzante sono proprio nelle sue mani. Magari nella sua voglia di prendere Frank Castle, farlo sguazzare nel suo stesso fango, e rimetterlo davanti allo specchio in cui i condannati a vita, questa volta, sono due.
Movieplayer.it
3.0/5