Nicole Kidman non sta facendo parlare di sé solo per il premio ricevuto a Venezia 81 per la sua parte in Babygirl, ma anche per The Perfect Couple, la miniserie Netflix in cui è tornata protagonista e produttrice dopo i tanti titoli degli ultimi anni, compreso The Undoing dove ha lavorato con Susanne Bier, che qui ritrova dietro la macchina da presa. Proprio la regista spiega il loro rapporto nella nostra intervista: "Nicole Kidman è incredibile perché può fare letteralmente qualsiasi cosa. In questo show è una fiera madre di tre figli maschi ed è anche una donna che non è particolarmente carina con la sua futura nuora quindi ha una sorta di luce enigmatica. Greer è piena di segreti ed è questo l'aspetto più interessante del personaggio: da un lato c'è l'eleganza fascinosa, quasi regale, del suo portamento e dall'altro si percepisce che c'è molto di più sotto la superficie, una passione espressa in molti modi differenti che non la mettono sempre a proprio agio".
Con la regista infatti abbiamo chiacchierato a proposito della serie, ammiccando al finale. Un finale che non solo ha svelato l'identità dell'assassino del giallo al centro della storia, ma ha anche riportato all'interno del racconto una svolta comedy apparentemente stridente e inaspettata ma in realtà perfettamente sensata e che rende la miniserie Netflix un unicum. Ovviamente: attenzione agli spoiler nella lettura.
The Perfect Couple: chi è il colpevole?
Il finale, intitolato That Feels Better, è scritto dalla creatrice Jenna Lamia sempre partendo dal romanzo originario di Elin Hilderbrand. Alla fine tra soldi, sesso e potere hanno prevalso i primi come movente per l'omicidio di Meritt Monaco (Meghann Fahy), la migliore amica della sposa Amelia (Eve Hewson). La donna aveva una relazione con Tag (Liev Schreiber), padre dello sposo e marito della matriarca Greer (Kidman). Non solo: era anche incinta e glielo aveva rivelato la sera prima delle nozze, per essere ritrovata senza vita sul bagnasciuga la mattina dopo, in seguito ad un apparente annegamento accidentale.
Così non era: Abby (Dakota Fanning) la moglie incinta del primogenito Thomas (Jack Reynor), una volta scoperta la gravidanza, ha temuto che un nuovo erede all'impero dei Winbury impedisse a lei e al marito di raccogliere il denaro del suo fondo fiduciario, che si sarebbe attivato solamente al compimento del diciottesimo anno d'età del più giovane dei Winbury, oltre a costringerli a dividere il patrimonio in quattro parti e non più in tre. Tom aveva anche dei debiti da sanare anche se era convinto che la moglie non ne fosse a conoscenza. Non si sospetta mai di una donna incinta eppure è stata lei a drogare Merritt sulla spiaggia offrendole qualcosa da bere per stordirla - con i barbiturici che Tom aveva sottratto alla madre della sposa, malata di cancro - e poi tenerla sott'acqua fino a farla annegare. Ecco perché lavava insistentemente un bicchiere la mattina dopo, quando è arrivata la polizia ed è stata interrogata come tutti gli altri ospiti. Un dettaglio che non sfugge alla detective Nikki Henry (Donna Lynne Champlin) e si rivela decisivo.
La sigla della miniserie Netflix
I crediti di apertura di The Perfect Couple colpiscono da subito perché risultano quasi uno stacco dalla drammaticità degli eventi raccontati nello show. Susanne Bier ci racconta come sono stati realizzati: "Nella sceneggiatura quella era una scena che rappresentava un incubo che iniziava come una danza e poi diventava horror. La sequenza onirica preferivo non girarla ma c'era qualcosa in quel ballo che secondo me funzionava e che non volevo abbandonare del tutto. A quel punto ho iniziato a pensare che per i crediti di apertura volevo qualcosa di diverso, e così ho avuto l'idea: se fossi riuscita a coinvolgere l'intero cast, sarebbe venuto fuori qualcosa di molto divertente. A quel punto però avevamo pochissimo tempo per girarla: solitamente ci vogliono due giorni, noi avevamo un'ora e mezza. Penso però che sia stato meglio così perché è venuto fuori qualcosa di spontaneo e naturale. Tutti dicevano 'Io non so ballare' ma poi si sono buttati perché noi dicevamo 'Dobbiamo girare, dobbiamo girare'. Mi sembra proprio che si sia divertiti tutti da matti nel farlo." Ed è sembrato anche a noi vedendo la sigla, che ovviamente ci è rimasta in testa.
Dramma e commedia
C'è una parte comedy in questo crime family drama che si accentua soprattutto all'inizio, quando ci vengono presentati i vari invitati (e quindi sospettati) al matrimonio di Amelia e Benji (Billy Howle). La stessa torna prepotentemente nel finale della serie Netflix, nella scena madre che rivela una volta per tutte i segreti dei Winbury, che sono tutto fuorché la coppia perfetta e la famiglia perfetta. Il divario economico e sociale è una delle tematiche del racconto, attraverso questo giallo che coinvolge un nucleo dell'alta società di Nantucket; come dicono nel trailer "ricchi quanto farla franca con un omicidio". Proprio tutto questo extra-lusso esplode nel finale - tanto che il matrimonio alla fine non si fa e Amelia e Benji ripartono ognuno per la propria strada perché di mondi davvero troppo diversi.
Nicole Kidman è centrale nel finale quando rivela che in realtà era un escort ed è così che ha conosciuto Tag, che ha pagato ben tre volte prima di decidere di frequentarla seriamente. Non solo: lo ha fatto per mantenere la propria famiglia fin da ragazza, ed era il fratello che organizzava questi suoi incontri a pagamento: Broderick Graham (Thomas Flanagan). Svelata così anche l'identità dell'uomo misterioso che si era imbucato alla presentazione dell'ultimo libro della scrittrice di gialli. Anche lei veniva dai bassifondi ed è per questo che ha trattato sempre duramente Amelia, per mantenere a tutti i costi le apparenze, ma poi si è stancata. Tanto da scrivere una nuova saga letteraria incentrandola proprio sulla figura della mancata nuora e chiederle il permesso per la pubblicazione alla fine.
Dice Bier: "La componente comica in realtà è proprio ciò che mi ha avvicinato e fatto accettare il progetto. Adoravo l'idea di fare qualcosa che fosse potenzialmente un giallo whodunit ma che allo stesso tempo facesse ridere il pubblico. Amavo anche la deliziosa satira sociale sul fatto che le persone privilegiate credono che non sono obbligate a seguire le regole come tutti gli altri. Che sono sopra la legge in un certo senso. Possono fare quello che vogliono. Ma è proprio questo atteggiamento che li sbugiarda e li distrugge pezzo dopo pezzo. In parte minano se stessi con questo atteggiamento".
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Questione di primi piani
La regia di Susanne Bier è figlia di quella di The Undoing. C'è una grande attenzione da parte della sua macchina da presa per i dettagli degli interpreti durante i dialoghi tra due personaggi, che spesso sono interrogatori della polizia. Gli occhi e il linguaggio del corpo sembrano quasi trasformare la regista in una profiler, pronta a svelare tutti i loro segreti agli spettatori. Come se il pubblico potesse partecipare attivamente all'indagine, mettendosi nei panni di chi gli sta parlando. La Bier ci ha spiegato il motivo di questa scelta creativa e tecnica: "Sono rimasta sempre molto affascinata dai primissimi piani e dai dettagli. Quando osservi il volto di una persona, vedi solamente quello, ma se ti avvicini e guardi gli occhi, riesci a scorgere qualcos'altro. Magari riesci a guardare dentro la sua anima. Lo stesso vale per il dettaglio di un paesaggio. Parallelamente però amo anche l'ambiguità che questa scelta comporta all'interno di un giallo come il nostro. Da spettatore ti diverti a pensare 'Che sia stato lui o lei?' mentre osservi questi particolari e forse finisci per sentirti maggiormente coinvolto nell'indovinare il colpevole".