The Palace, la recensione: Roman Polanski firma il suo Vacanze di Natale

La recensione di The Palace, il nuovo film di Roman Polanski che racconta il folle Capodanno del 2000 in un hotel di lusso sulle Alpi Svizzere, nei cinema italiani dal 28 settembre.

The Palace, la recensione: Roman Polanski firma il suo Vacanze di Natale

Non lasciatevi fuorviare dal riferimento contenuto nel titolo di questa recensione. Prima di diventare sinonimo di commedia becera e triviale, il primo Vacanze di Natale di Carlo Vanzina era una satira pungente e amara che prendeva di mira i vizi italici dei vacanzieri negli anni '80. Un film figlio del suo tempo, caratteristica che si è persa con la serializzazione del brand e con la riproposizione di gag trite e ritrite dove la volgarità gratuita ha preso il posto della satira. Dubitiamo che Roman Polanski avesse in mente il film di Vanzina quando ha scritto The Palace in sinergia col connazionale Jerzy Skolimowki, con cui nel 1962 aveva firmato Il coltello nell'acqua, e con Ewa Piaskowska, eppure è proprio quello il sostrato in cui va a pescare il film (che ci sia lo zampino del produttore Luca Barbareschi?). Il che provocherà sdegno in molti cinefili.

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The Palace: Fanny Ardant in una scena del film

A quasi 90 anni, Polanski si rifugia nella satira di costume cercando conforto in un mondo che conosce molto bene. The Palace, il lussuoso hotel sulle Alpi svizzere frequentato da ricconi riuniti per festeggiare il Capodanno 2000, ha molto in comune col Gstaad Palace che Polanski ha eletto a buen retiro per quasi 50 anni. Il cineasta posa il suo sguardo d'autore sulla fauna varia e internazionale che frequenta quel luogo filtrandola attraverso una lente deformante grottesca con esiti spesso comici.

Non è mai troppo tardi per farsi una risata

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The Palace: Pliver Masucci in una scena del film

In un tripudio di volti plastificati, trucco pesante, pellicce, limousine e volgarità smaccata, sono due gli universi che si incrociano in The Palace. A un primo livello ci sono i clienti dell'hotel, ricconi (o presunti tali) che si permettono di nutrire i cani a caviale e lottano per accaparrarsi la suite più spaziosa. Intorno a loro ruotano i dipendenti dell'hotel guidati dall'impeccabile direttore Hansueli (Oliver Masucci) e dal suo braccio destro Tonino (Fortunato Cerlino). Lo scontro tra questi due mondi dà vita a una sequela di gag fisiche e verbali costruite ad hoc per ridicolizzare ossessioni e idiosincrasie dei ricchi.

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The Palace: un frame del film

Mettiamo subito in chiaro una cosa. La comicità di The Palace è tutt'altro che raffinata. Per promuovere la sua tesi, Roman Polanski calca la mano sulle idiosincrasie dei clienti dell'hotel dando vita a improbabili gag che vedono coinvolti chihuahua con problemi intestinali, pinguini che vagano per i corridoi dell'hotel, anziane ubriache o affette da Alzheimer e pornoattori in pensione. C'è perfino una specie di Hugh Hefner a cui presta il volto John Cleese con moglie 22enne al seguito (anche se a interpretarla è la formosa Bronwyn James, non proprio una playmate). Il linguaggio scurrile abbonda così come gli escrementi e i liquidi corporei, e c'è perfino un momento alla Weekend con il morto (che continua a strappare risate, dopotutto il vecchio modello non sembra passato di moda). Ma perché giunto a questa età Polanski ha sentito il bisogno di "sporcarsi le mani"?

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La galleria dei mostri

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The Palace: Oliver Masucci in una foto

La satira funziona quando il suo bersaglio è chiaro e immediatamente riconoscibile. Guardando The Palace, è palese che Polanski non nutre grande stima nei confronti dell'élite benestante che si trova a frequentare e che qui diventa oggetto di derisione. Va detto, però, che il regista non affonda il colpo, ma si limita a una rappresentazione macchiettistica e superficiale dei clienti dell'hotel, in cui spiccano la Marchesa cinofila e ipocondriaca di Fanny Ardant e il clan di russi che irrompe nell'hotel proprio la sera in cui Boris Eltsin dà le dimissioni a favore di Vladimir Putin. Non c'è approfondimento nella psiche dei personaggi, alcuni dei quali risultano troppo poco definiti per risultare divertenti; in primis quello di Mickey Rourke, qui chiaramente sottoutilizzato. Anche i pochi spunti drammatici degli di nota (la moglie del chirurgo con l'Alzheimer o il figlio che compare per ricongiungersi al padre) vengono lasciati cadere nel vuoto.

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The Palace: Oliver Masucci durante una scena del film

All'opposto, chi ne esce bene in questo delirio collettivo è il personale dell'hotel che risponde con prontezza a ogni insensato capriccio dei clienti senza fare una piega. Per Polanski sono loro i veri eroi che si districano tra problemi di ogni tipo, sono lo sguardo giudicante, ma sotto sotto benevolo perché si lasciano scivolare addosso l'inferno che gli hanno fatto passare i ricchi accontentandosi di un buon sigaro e qualche bicchiere di vino. Ed è dal ceto medio che un Polanski anziano, rinchiuso ormai da tempo in una prigione dorata, prova a lasciarsi ispirare. Un'ispirazione mediata, non sempre genuina, che si rifugia spesso e volentieri nello stereotipo, ma ogni tanto il vecchio leone riesce ad assestare qualche zampata ben assestata qua e là costruendo una satira di costume tanto gretta quanto l'oggetto della derisione, ma visivamente ricca e dal ritmo vorticoso. Peccato per gli effetti digitali non all'altezza.

Conclusioni

Divisivo più che mai, Roman Polanski confeziona una commedia sfrenata che attinge a una comicità bassa e grottesca per prendere di mira l'élite benestante. Durante il Capodanno del 2000 il lussuoso hotel The Palace si trasforma in un girone infernale dove il personale è costretto a tamponare le follie dei clienti in una galleria mostruosa e deforme. Non tutti i personaggi sono all'altezza, spesso e volentieri si attinge a stereotipi e luoghi comuni, ma i momenti in cui si ride di gusto non mancano.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • L'irriverenza con cui Roman Polanski prende di mira i ricchi.
  • La situazione scelta dal regista, un grand hotel immerso nella neve, offre spunti interessanti.
  • La verve di alcuni interpreti, in primis Oliver Masucci e Fortunato Cerlino.
  • La presenza di John Cleese.

Cosa non va

  • Molti personaggi non sono adeguatamente approfonditi e delineati con chiarezza, Mickey Rourke appare sottoutilizzato.
  • A volte la comicità a cui attinge Polanski risulta davvero un po' troppo facile e triviale.