"Non sono pazza, ma penso che la logica sia sopravvalutata". In questa frase che O.A./Nina dice al detective Karim Washington durante la The OA 2 c'è racchiuso molto, non solo della serie Netflix del momento, ma anche e soprattutto dell'intera produzione dei due artefici di questo successo: Brit Marling e Zal Batmanglij. Sì perché dietro alla controversa, onirica, delirante e fantastica serie Netflix - a proposito, qui potete leggere la recensione di The OA 2 - c'è esclusivamente l'ingegno di questa coppia, che vanta già un sodalizio artistico quasi ventennale. E allora cercare di capire qualcosa in più su Brit e Zal, analizzare la loro parabola espressiva dall'inizio, può essere utile a delineare uno schema che chiarisca un po' meglio (per quanto possibile) cos'è The OA, come i due autori ci sono arrivati, su che basi poggia e verso quali direzioni può mirare.
Le origini del sodalizio
Se fosse avvenuto all'interno di The OA, il primo incontro tra Brit Marling e Zal Batmanglij sembrerebbe una di quelle casualità che con il senno di poi si rivelano una precisa scelta del Destino. È il 2001, e il migliore amico di Zal alla Georgetown University è Mike Cahill (futuro regista di Another Earth e I Origins con protagonista - guarda caso - Brit Marling), nessuno dei due studia cinema perché alla Georgetown non ci sono corsi in materia, ma entrambi vorrebbero tentare di occuparsene, e decidono così di lavorare insieme al cortometraggio The Kids With the Cameras, che presentano al primo Georgetown University Film Festival. Batmanglij ha raccontato in seguito che alla proiezione è seguita una standing ovation, condotta da una bionda diciannovenne (indovinate chi era) particolarmente esaltata per quanto aveva appena visto.
Il già citato destino, che qui pare averci messo particolare impegno, ha voluto poi che Brit e Zal si incontrassero al supermercato e che Brit si facesse avanti dichiarando al-non-ancora regista di essere disposta a fare qualsiasi cosa pur di lavorare con lui e Mike. Così ha inizio questo sodalizio artistico che vedrà il suo primo frutto ufficiale nel 2007 con The Recordist, il cortometraggio con protagonista Brit Marling che Zal Batmanglij ha scritto, diretto e portato come tesi all'American Film Institute Conservatory di Los Angeles. Brit, che nel frattempo si è laureata in economia, lascia immediatamente il mondo della finanza e si concentra sul cinema, non solo come attrice, ma anche come sceneggiatrice, montatrice e direttrice della fotografia.
2011, l'anno della svolta con Another Earth e Sound of My Voice
Il 2011 è l'anno seminale per la carriera di Brit e Zal. Brit scrive (insieme ai rispettivi registi) e interpreta da protagonista due film: Sound of My Voice, che Zal Batmanglij dirige, e Another Earth di Mike Cahill. Curiosamente entrambe le pellicole sono presentate al Sundance e riscuotono un buon successo (Another Earth maggiormente) ma soprattutto già da queste due opere prime è possibile rintracciare le fondamenta di una poetica che otto anni dopo è ancora viva e ardente. I primi quindici minuti di Sound of My Voice, potrebbero essere tranquillamente il set-up della prima stagione di The OA: anche qui c'è una casa, un gruppo di persone, e Brit Marling che interpreta la loro figura di riferimento, magnetica e indecifrabile, che con una storia incredibile alle spalle si fa portatrice di una verità alternativa rispetto alla logica comune. Oltretutto, per entrare a far parte di questo gruppo (setta?) è necessario conoscere uno specifico saluto con le mani, non così distante dalle ormai famose "mosse" di The OA. Se si pensa poi che Another Earth tratta sostanzialmente della scoperta di una realtà parallela, è immediatamente evidente quanto già dai primissimi lavori Marling avesse un'idea molto precisa di cosa volesse raccontare e quanto l'apice del percorso artistico del duo Marling- Batmanglij rappresentato da The OA non sia altro che una raffinata evoluzione dei loro esordi.
Verso The OA e oltre
La logica è sopravvalutata, dicevamo, e nel caso di Brit e Zal questo assunto è vero non solo per le storie che raccontano, ma anche per il loro percorso individuale e artistico. Se si considera The OA come il centro della loro produzione, il punto a cui tutte le strade della loro partnership portano, la diramazione presa con il film successivo, The East, può sembrare periferica solo a un primo sguardo. Per tutte le motivazioni elencate, l'associazione tra Sound of my voice e The OA è immediata, quella con il thriller di spionaggio The East lo è meno, perché non c'è traccia, nemmeno velata, di fantascienza o ultraterreno, eppure, a ben vedere, anche questo è un tassello di avvicinamento fondamentale. Innanzitutto la tematica del gruppo (di nuovo, setta?) si ripete ossessivamente: c'è di nuovo una casa con al suo interno delle persone che perseguono uno scopo radicalmente diverso rispetto a quello comune al mondo esterno, niente a che vedere con altre dimensioni o esperienze pre-morte, certo, ma anche qui il requisito è una fede incondizionata verso una causa, veicolata ancora da un leader carismatico a capo del movimento (ma stavolta non è Brit).
È proprio con questo film, inoltre, che i due mettono a punto anche il loro stile investigativo che nella seconda parte di The OA ha avuto così tanto spazio grazie all'inserimento del nuovo personaggio chiave Karim.
Che si apprezzi o meno, è un fatto che The OA rappresenti una delle serie più importanti nel panorama seriale: l'uscita della seconda stagione è stato un vero e proprio evento, e il riscontro molto positivo che sta ottenendo posiziona Brit e Zal su un piano totalmente diverso rispetto a quanto non fosse precedentemente.
Se, prima dell'uscita di The OA, erano entrambi considerati due autori talentuosi ma destinati principalmente a un circuito più indipendente (di cui il Sundance è il perfetto contenitore) adesso il loro status artistico ha tutto un altro peso specifico. E ce l'ha a maggior ragione perché il successo è arrivato attraverso un prodotto così peculiare, poco ammiccante e complesso. Come a dire: è facile (si fa per dire) riscuotere consensi con una storia romantica con due bei protagonisti, provate a riuscirci con una trama anti-empatica, ricca di stranezze ed estremi, inquietudine e soluzioni visive ai limiti del pugno in un occhio.
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The OA, a quando la terza stagione?
Per come The OA è creata, in realtà, sembra complicato immaginare che i due autori possano lavorare ad altro mentre sono impegnati nella produzione della serie, perché anche in questo, nella sua creazione, The OA è al di fuori di ogni logica consueta. Come ha spiegato Brit Marling in un post Instagram a novembre 2018, il processo creativo di questa serie è essenzialmente differente da tutte le altre, perché gli episodi non hanno una struttura standard, e la durata e persino il genere possono cambiare. Soprattutto Marling è "lead actor" e "lead writer", e quindi, prima di iniziare a girare, la serie deve essere scritta interamente (oltre al fatto che The OA non è un adattamento e deve essere tutta "inventata") e questo dilata enormemente i tempi. Questo significa che - si mettano l'anima in pace i fan - per vedere la terza stagione di The OA l'attesa potrebbe essere lunga tanto quanto quella trascorsa tra la prima e la seconda parte, che è stata due anni e tre mesi, o forse di più, nessuno lo sa, nemmeno Brit e Zal. Quello che sanno è che non sacrificheranno l'anima del loro prodotto di punta per rispettare dei parametri più commerciali. Ne vale la pena? Assolutamente sì.