Che la nuova serie HBO fosse un prodotto di alta qualità - per regia, scrittura e recitazione - l'avevamo capito (e scritto) fin dal primo episodio. Che The Night Of fosse molto di più di un semplice e banalissimo whodunit pure l'avevamo intuito con l'arrivo in scena, nel finale del pilot, del vero protagonista dello show, l'avvocato John Stone, meravigliosamente interpretato da John Turturro. Negli episodi successivi poi era diventato piuttosto evidente che l'interesse degli autori Richard Price e Steven Zaillian (quest'ultimo anche regista) risiedeva non tanto nel svelare i misteriosi eventi della notte del titolo, ma nelle conseguenze per tutti coloro che si ritrovano in un modo o nell'altro coinvolti nella vicenda.
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Eppure fa un certo effetto arrivare al termine di un lungo ed appassionante viaggio durato 10 ore che ci ha portato attraverso processo, investigazioni e perfino l'inferno del carcere per poi rendersi conto che dell'assassino della povera Andrea Cornish non sappiamo poi molto di più, o quantomeno non abbiamo alcuna certezza. Fa un certo effetto soprattutto perché siamo ormai talmente abituati a rivolgerci proprio alle serie televisive per trovare conforto e fiducia nella giustizia, rincuorati nel sapere che per ogni crimine, anche il più feroce e il più misterioso, c'è una squadra della scientifica, c'è un detective infallibile o un investigatore privato (magari anche aiutato da poteri soprannaturali) destinato a togliere le castagne dal fuoco. E dimentichiamo che a volte, troppe volte, la realtà del sistema giudiziario è invece immersa nell'incertezza, nei dubbi, e in un senso di colpa che probabilmente non abbandonerà mai buona parte delle persona toccate da fatti così drammatici.
L'importanza del dubbio
Già dal suo titolo "monco", il nuovo show HBO lasciava invece intendere quindi che l'incertezza sarebbe stata la vera protagonista, tanto da inserire al centro della sua trama due ore di completo blackout in cui l'omicidio viene commesso ma a cui nessuno - nè il sospettato Nasir Khan o gli avvocati che lo difendono, nè tantomeno il detective che ha effettuato l'arresto o il procuratore distrettuale - saprà dare una spiegazione. In uno show "normale", almeno nell'ultimo episodio, per di più della durata di un'ora e mezza, lo spettatore avrebbe avuto finalmente la risposta a questo e tanti altri quesiti, avrebbe avuto "in regalo" quantomeno un recap di quanto successo in quelle due ore di vuoto: ma The Night Of non è uno show "normale" ed è per questo che al massimo ci possiamo accontentare di nuove domande. Che però non troveranno mai alcuna risposta.
Eppure un finale più perfetto e più giusto di questo scritto da Price e Zaillian sarebbe impossibile pretenderlo, perché ci lascia riflettere non su chi sia colpevole e chi innocente, ma sul senso più ampio di giustizia. Perché il sistema giudiziario è qui mostrato con tutti i suoi difetti e le contraddizioni, ma ne è comunque un esempio quasi del tutto virtuoso in cui i poliziotti, detective e procuratori fanno il loro lavoro al loro meglio, in cui gli avvocati credono davvero nel "ragionevole dubbio" e in quello che fanno e in cui perfino la giuria si dimostra forte e indipendente proprio come dovrebbe essere.
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L'odore dell'innocenza
Ma nonostante questo la vita di alcune persone toccate da quella tragica notte è cambiata per sempre ed in peggio, perchè è bastato semplicemente il far parte del sistema, come l'essere arrestato e chiuso in carcere nel caso di Naz per rovinargli per sempre il futuro, per fargli perdere la fiducia della madre e degli amici, per costringerlo a mostrare lati oscuri del suo carattere che aveva probabilmente cercato di sopprimere. The Night Of non è un giallo e non vuole esserlo, ma piuttosto è uno straordinario ritratto di quanto le nostre vite a volte possano essere davvero appese ad un filo e di quanto l'innocenza o la colpevolezza abbiano poi poco a che fare con il nostro destino.
John Stone questo lo sa benissimo, crede davvero in quel "ragionevole dubbio" ("Non lo so") e paga caro, sulla sua pelle martoriata, questa fatica ad accettare il mondo in cui vive. Così come molti faranno fatica ad accettare questo tipo di serie così brutalmente sincera e fuori dagli standard, che ci sbatte in faccia la realtà e che ci dice che possiamo anche credere che in TV esistano, separati tra loro, tanti generi per ogni gusto - il procedurale, il processuale e il dramma penitenziario - ma nella realtà a volte non puoi scegliere e devi viverli tutti, fino in fondo.