È oramai chiaro che Netflix si sia fatta i conti in tasca e stia facendo un repulisti all'interno del proprio catalogo, facendo andare avanti e rimpolpando i generi che funzionano e possono portare abbonati e possibili franchise all'interno della piattaforma. Dopo la meno riuscita Treason e la scoppiettante The Recruit, il servizio streaming continua il filone spionistico con The Night Agent, disponibile dal 23 marzo. Una storia familiare che è anche una storia di cospirazioni e che basa tutto sull'incontro e sulla chimica tra i due giovani protagonisti, senza dimenticare la vecchia guardia dell'FBI, direttamente dai meandri della Casa Bianca. Di questo parleremo nella recensione di The Night Agent, un esperimento decisamente riuscito.
Thriller spionistico al telefono
Dopo aver affidato The Recruit al fan delle reclute e degli ultimi arrivati Alexi Hawley, il papà scelto da Netflix per The Night Agent è invece Shawn Ryan, veterano dei procedurali tra tv generalista e via cavo che ha creato quel gioiellino che è ancora oggi The Shield, che per la prima volta presentava un poliziotto corrotto come antieroe, e che torna al doppiogioco in questo adattamento del romanzo omonimo di Matthew Quirk. Questa volta Ryan ci presenta un giovane - ancora ingenuo ma non per questo sprovveduto - senza macchia e senza paura di nome Peter Sutherland (interpretato da un cresciutissimo Gabriel Basso dopo The Big C), un agente dell'FBI che, dopo aver sventato un attentato alla metropolitana, viene reclutato dalla Casa Bianca per fare l'agente di notte del titolo, ovvero qualcuno che risponda al telefono ad altri agenti che lavorano come controspionaggio sul suolo statunitense. L'ufficio di Peter si trova in uno sgabuzzino nel seminterrato della Casa Bianca e per questo il ragazzo si sente l'ultima ruota della catena gerarchica. Tutta la forza della serie è sulle spalle dell'incontro tra i due giovani protagonisti, da un lato appunto Peter e dall'altro Rose Larkin (Luciane Buchanan), CEO di un'app nella Silicon Valley la cui vita lavorativa e personale è andata in pezzi, quando assiste all'omicidio degli zii, che in realtà sono agenti di notte ovviamente sotto copertura.
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La forza è nella coppia
Come dicevamo, la forza dello show è nella chimica e nel rapporto di reciproca fiducia che si instaura tra i due giovani protagonisti, che si sentono gli ultimi nella catena alimentare ma proprio per questo si faranno coraggio l'un l'altro. Non solo: per entrambi si rivelerà una storia familiare, poiché Rose vuole capire meglio i segreti della propria famiglia e Peter deve affrontare ogni giorno l'essere tacciato di tradimento proprio per quell'attentato in metro, dopo che il padre era stato accusato ingiustamente dello stesso reato ed era morto prima di poter difendersi.
Il passato tornerà nella vita dei protagonisti ma l'aspetto interessante di The Night Agent è che entrambi si ritrovano in una storia e in uno schema molto più grande di loro. Dovranno ricorrere a tutta la loro inventiva e creatività per uscire da questo impiccio, scovare la verità che potrebbe annidarsi proprio alla Casa Bianca. I due interpreti Gabriel Basso e Luciane Buchanan sono infatti stati bravi a costruire nel corso degli episodi un rapporto che nasce pian piano e si evolve, senza mai forzare la mano e accelerare i tempi, mentre imparano a fidarsi l'uno dell'altro, perché non possono fidarsi di nessun altro, nemmeno dei propri capi. E in questo un plauso va a Hong Chau che, dopo i recenti The Menu e The Whale, è ancora trasformista nell'interpretare l'anziana capo di gabinetto della Presidente degli Stati Uniti, che sembra sempre sincera e anche materna nei confronti dei due ma non capiamo mai se sotto sotto nasconda qualcosa.
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Le colpe dei padri (e degli zii)
La tragedia greca ancora una volta la fa da padrona in queste storie spionistiche in cui le colpe dei padri (o dei parenti in generale) sembrano dover ricadere necessariamente sui figli. I due protagonisti sono braccati e quindi iniziano una corsa contro il tempo, con solo alcuni pit stop lungo la strada, che li riportano sempre più vicini al governo degli Stati Uniti, in un vero e proprio gioco del gatto col topo fino alla fine. Un gioco pericoloso che ha ramificazioni ai piani più alti del governo statunitense e che, ancora una volta, dopo Slow Horses, Tom Clancy's Jack Ryan e le altre spy story seriali citate, potrebbe avere legami con gli strascichi della Guerra Fredda. Quasi un'allegoria del rapporto generazionale tra giovani e adulti nella società di oggi: i primi non riescono ad avere fiducia nel mondo che gli è stato lasciato, i secondi non sanno come mollare la presa e non rimanere ancorati alle proprie tradizioni. La regia, affidata a Seth Gordon, che viene dalle comedy ma anche da ibridazioni dramedy come Sneaky Pete e For All Mankind, porta sul campo movimenti di macchina, dettagli ed escamotage di messa in scena che rispecchiano bene la natura fresca e avvincente della storia raccontata, tra inseguimenti, sparatorie e colpi di scena. Ci auguriamo che Netflix continui su questo filone spionistico con protagonisti giovani e carismatici, perché alla fine pare proprio che ripaghi.
Conclusioni
Una spy story che si fa forza sul rapporto tra i due giovani protagonisti, impegnati a fuggire e a combattere un mondo di adulti che nascondono più di quanto dicono. Di questo abbiamo parlato nella recensione di The Night Agent, che mette a confronto due personaggi e due generazioni per portare alla luce verità insospettabili e una cospirazione in atto nelle stanze più luminose della Casa Bianca.
Perché ci piace
- Gabriel Basso e Luciane Buchanan funzionano moltissimo insieme e hanno una chimica graduale.
- Menzione speciale per Hong Chau, che si conferma una grande interprete trasformista.
- Mescolare la spy story al dramma familiare e generazionale.
- Una messa in scena dinamica senza esagerazioni.
Cosa non va
- Forse è un pochino ripetitiva nei dieci episodi nell'aspetto della fuga.