Dodici anni: questo è il periodo di tempo dal quale Roman Coleman si trova dietro le sbarre, per scontare la condanna inflittagli per l'aggressione alla sua ex-compagna, rimasta poi in stato vegetativo. Un evento che ha ovviamente sconvolto la sua esistenza, a cominciare dal rapporto con la figlia Martha che, ormai cresciuta, chiede di liberarsi legalmente dal padre per poter ricominciare da zero con il suo nuovo fidanzato, del quale è anche incinta.
Come vi raccontiamo nella recensione di The Mustang, Roman fa parte di un programma di riabilitazione nella speranza che, a termine del suo periodo di detenzione, possa far ritorno nella società con un atteggiamento diverso e propositivo. Ma controllare gli scatti d'ira non è per nulla semplice per il protagonista, che pare trovarsi a disagio con gli altri esseri umani e felice soltanto nella sua solitudine. La situazione prende una piega imprevista quando riceve l'incarico di addestrare un esemplare di mustang, considerato incavalcabile già dal suo stesso allevatore del carcere, l'anziano Myles. Con il passare dei giorni tra Roman e l'animale si sviluppa un rapporto sempre più profondo di fiducia, ma le insidie sono sempre dietro l'angolo e i giri criminali all'interno del penitenziario rischiano di complicare indelebilmente la situazione...
Dalle stalle alle stelle
Il film è ispirato a un programma di riabilitazione che si tiene effettivamente nel carcere di Carson City, in Nevada, servito poi da modello ad altre strutture detentive nella speranza di rilasciare poi individui socialmente meno pericolosi. Un tentativo che a quanto pare sembra funzionare, dato che in base alle statistiche - come ci informa una scritta durante i titoli di coda - coloro che vi partecipano hanno probabilità molto minori di tornare a delinquere una volta tornati in libertà.
The Mustang sottolinea in più occasioni il messaggio edificante dietro quest'amicizia tra uomo e animale, una dicotomia in grado di catturare l'attenzione del grande pubblico, sempre affamato di storie che riflettano l'esaltazione di una sintonia inter-specie. E nella sua anima etica e piacevolmente naturalista l'operazione svolge il suo compito con una certa lucidità.
Un uomo chiamato cavallo
Certo, l'ora e mezza di visione non riesce a schivare eccessi di retorica e alcuni passaggi, come il contrastato legame tra il protagonista e la figlia, sembrano esasperati nella loro piccata drammaticità. Sta di fatto che ciò che conta maggiormente sono le numerose scene nelle quali Matthias Schoenaerts e il cavallo selvaggio condividono lo schermo. Proprio l'attore belga è alpha e omega umano dell'operazione, circondato da personaggi secondari più o meno interessanti tra i quali spicca un vecchio leone come Bruce Dern. I presunti villain e il sistema carcerario rimangono costantemente in secondo piano, mero sottofondo al percorso di rivincita e redenzione di un uomo che ha perso tutto per via dei propri errori.
Alla ricerca del proprio posto nel mondo
Per la serie "chi è causa del suo mal, pianga se stesso", Roman è una figura tormentata che sembra (ri)trovare un motivo per vivere proprio nel suo nuovo impiego di addestratore di cavalli, unica via di fuga da quella prigione - fisica ma soprattutto mentale - nella quale ormai è rinchiuso da lungo tempo, da quel tragico giorno che ha sconvolto per sempre la vita sua e quelle delle persone che gli stavano accanto.
Ben fotografato, con gli immensi paesaggi desertici che circondano la prigione - a metafora di uno spazio chiuso insito in una vastità desolante e spaesante - The Mustang può inoltre contare sulla ferma regia di Laure de Clermont-Tonnerre, attrice francese che esordisce dietro la macchina da presa di un lungometraggio proprio in quest'occasione e dimostra già una certa bravura nel dirigere gli attori e gestire l'impianto scenico, seppur limitato nel numero di ambientazioni.
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Conclusioni
Un dramma sul riscatto ambientato dentro le mura di un carcere, dove il galeotto protagonista cerca nuovi stimoli per vivere nell'addestramento di un cavallo selvaggio: il programma di riabilitazione infatti prevede che alcuni detenuti lavorino a stretto contatto con gli animali. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di The Mustang il film è un intenso dramma privato, con le dinamiche familiari a fondamentale contorno e una sottotrama crime di mero sottofondo alla vicenda principale, sorretta soprattutto dall'intensa e convincente performance di Matthias Schoenaerts.
Perché ci piace
- Matthias Schoenaerts è un protagonista perfetto, intenso e credibile.
- La storia convince nella sua semplicità.
Cosa non va
- Alcuni personaggi secondari sono poco approfonditi e superflui alla trama principale.