Per la sua prima volta in concorso al Festival di Cannes, Noah Baumbach ha deciso di parlare di famiglia e di come sia messa alla prova dal rancore che deriva dalla mancanza di attenzioni e dal differente successo dei membri che la compongono. In The Meyerowitz Stories Dustin Hoffman è Harold, patriarca di una famiglia di aspiranti artisti: scultore che sente di non aver ottenuto i riconoscimenti e il successo che meritava, l'uomo ha avuto quattro mogli e tre figli, Danny (Adam Sandler), Matthew (Ben Stiller) e Jean (Elizabeth Marvel), tutti con rancore verso il padre, reo di non aver dato a nessuno di loro la giusta attenzione. A sconvolgere ancora di più il già precario equilibrio familiare è non solo Maureen (Emma Thompson), eccentrica e alcolizzata nuova moglie di Harold, ma anche l'improvviso crollo di salute dell'uomo, al cui capezzale i tre figli devono fare pace con tutte le loro faccende in sospeso.
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Presentato in concorso al 70esimo Festival di Cannes, The Meyerowitz Stories è, insieme a Okja, uno dei due film prodotti da Netflix presenti alla kermesse francese, che sarà presto distribuito sulla piattaforma di streaming. Sulla Croiesette oltre a Baumbach sono arrivati anche i suoi quattro stellari protagonisti: i premi Oscar Dustin Hoffman ed Emma Thompson insieme a Ben Stiller e Adam Sandler.
La musicalità delle parole di Baumbach
Hoffman, Thompson, Stiller e Sandler hanno abbracciato il progetto con entusiasmo, pur trattandosi di una produzione a budget ridotto - Thompson in conferenza stampa ha scherzato dicendo: "Fare questo film mi è costato dei soldi!" - vista la grande stima che tutti hanno di Baumbach e delle sue sceneggiature: "Non potevo mettere giù la sceneggiatura" ha detto Sandler, proseguendo: "Ti prende, sapevo che il film sarebbe stato divertente ed emotivamente carico. Mi sono affezionato subito al mio personaggio. Ero emozionatissimo: per un attore comico è raro ricevere queste proposte. Il mio primo pensiero ogni volta è non deludere nessuno e dare il meglio".
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Dustin Hoffman invece: "Non mi piace chi dice di essere cresciuto con i miei film. Quando ho letto il copione volevo farlo, ma non volevo interpretare il vecchio, pensavo di essere perfetto per entrambi i ruoli di Stiller e Sandler. È stato mio figlio a convincermi. Con Noah ci siamo incontrati e abbiamo paragonato i nostri genitori. Molti di noi a un certo punto diventano come i genitori, come i nostri padri: ho preso ispirazione dal mio per interpretare Harold. Nel film diciamo ogni singola parola della sceneggiatura, che ci piaccia o meno. C'è musica nel testo di Noah: è un artista singolare, non so se voglio lavorare di nuovo con lui, ma non si può negare il suo talento".
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Stiller: "Ero felice di tornare a lavoro con Noah. All'inizio ho pensato che le prime 30/40 pagine fossero lente: il mio personaggio arriva a pagina 41. Quando mi hanno detto che Dustin stava facendo lil provino per il ruolo del padre sono stato felicissimo: abbiamo lavorato insieme per Mi presenti i tuoi? (2004), in un determinato contesto, ero curioso di lavorare con lui in un film diverso. Ogni volta che ci lavoro lo apprezzo sempre di più: è divertente e generoso... ma a volte è deprimente cenare con lui e sentire le sue storie incredibili e l'enorme serie di aneddoti sui film classici che ha fatto. È stato bello anche lavorare con Adam, con cui ci conosciamo da anni: interpretare due fratelli è stata l'occasione di avvicinarsi ancora di più. È stata una delle più grandi esperienze della mia carriera".
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Thompson: "Ho sempre voluto lavorare con Noah perché amo tutto il suo lavoro. Quando ho letto il copione, dato che non vengo dall'America, non avevo idea di come sarebbe andata, ma sapevo che sarebbe stato affascinante. Ho dovuto interpretare un'americana che, da inglese, è dura, ma per fortuna è un'alcolizzata, quindi per me è facile. La cosa interessante di questo film è che le parti comiche, che potrebbero sembrare più superficiali, sono in realtà la parte davvero profonda: è lì che c'è la verità".
L'arte, il successo e la famiglia
In questo film Baumbach voleva esplorare il rapporto delle persone con il successo: "Nei miei film mi piace esplorare la distanza che c'è tra chi vorremmo essere e chi siamo davvero. Mi interessa capire quanto sia grande quella distanza: il successo nell'arte, o il successo professionale, è un ottimo modo di scoprirlo. Che cosa vuol dire avere successo? Danny sente di essere un fallito, ma è un ottimo papà, un concetto che non è valorizzato abbastanza in questa famiglia". D'accordo Thompson: "In questo film tutti hanno un'idea diversa di successo e fallimento, ma la costante è la vergogna: la nostra cultura e la nostra società sono fondate sull'avere successo, tendiamo a giudicare chi non è un vincente e questo ci porta a provare costantemente vergogna per ogni piccolo fallimento".
Il #Netflixgate al Festival di Cannes
Inevitabile affrontare la questione Netflix: per Baumbach: "Ho fatto questo film con budget indipendente e come tutti i miei altri film ho girato pensando che sarebbe uscito al cinema. Per me il cinema è un'esperienza unica, una forma d'arte che non penso verrà sostituita da internet. Netflix è arrivato durante la post-produzione, mi hanno supportato tanto, e per questo sono loro sono grato". Ironico Dustin Hoffman: "Io a casa ho uno schermo enorme: possiamo andare a vedere il film nel mio salotto".
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