Da Andor c'è solo da imparare. La serie originale di Star Wars con protagonista Diego Luna ha spalancato un intero nuovo modo di narrare la Galassia Lontana Lontana, ampliando i punti di vista e calandosi in casacche differenti. Miscelando i generi per restare sempre ancorato allo spy-thriller di fondo, il prodotto scritto e ideato da Tony Gilroy ha fatto empatizzare per la prima volta il pubblico di Star Wars con un diretto dipendente dell'Impero e ragionando sul valore stesso della ribellione, sul radicato bisogno di combattere e rivoltarsi capace di cambiare nel profondo le persone.
Soprattutto, è il modo di estendere e ri-elaborare lo storytelling della saga di George Lucas ad aver reso Andor una vera nave scuole contemporanea per il franchise, e infatti a seguire l'esempio dello show è arrivata adesso anche la terza stagione di The Mandalorian (qui potete leggere la recensione dei primi due episodi, che al suo terzo episodio cambia pelle e focus, gettandosi in una digressione tanto appagante quanto inattesa sulla Nuova Repubblica e lo status quo post-caduta imperiale. Si innesca così un curioso corto-circuito ricettivo che non ci aspettavamo dalla serie, perché in contesto ad appassionare di più è l'approfondimento laterale del prodotto rispetto alla trama orizzontale con Din Djarin (Pedro Pascal) e Bo-Katan (Katee Sackhoff).
[ATTENZIONE, SPOILER A SEGUIRE]
Redenti
Un lungo episodio (59 minuti, il più lungo della serie finora) The Convert, che però non è interamente dedicato alla sola digressione. La puntata tira infatti le fila dalla precedente, con Din e Bo usciti sani e salvi dalle Acque Vive di Mandalore e completamente redenti, uno per volontà, l'altra per conseguenza delle sue azioni. Salvando infatti l'alleato mentre sprofondava nelle Acque, Bo si è involontariamente immersa fino al fondo delle stesse, lavando via ogni sua precedente trasgressione del Credo Mandaloriano e reintegrandola in sostanza nella Via di Mandalore. Di ritorno al castello di Bo-Katan i due vengono però attaccati da alcuni cacciatori TIE, in una corposa sequenza d'inseguimento tra le migliori e meglio coreografate dello show.
Se non che la casa di Bo viene rasa al suolo da altre navi dell'ex-Impero ormai disgregatosi e Din decide di tornare all'avamposto segreto dei Mandaloriani visto nel primo episodio, dove si trovano l'Armaiola e gli altri membri del Credo. Con lui anche Bo-Katan. Avendo portato con se un campione delle Acque Vive per dimostrare la propria redenzione, Din cessa ufficialmente di essere un apostata e viene accolto nuovamente nel credo. L'Armaiola spiega inoltre a Bo che anche lei può rientrare nella Via di Mandalore, non essendosi mai tolta il casco dal momento dell'immersione nelle Acque.
E finché lo terrà sarà parte di loro. A stupire è la silenziosa reazione di lei, che circondata di nuovo dalla sua gente e venendo accolta con calore e rispetto sembra sentirsi nuovamente parte di una comunità, non più isolata e forse addirittura convinta a rispettare i precetti del Credo Mandaloriano. Probabilmente la crisi di Bo e il rapporto con Din saranno al centro di un più corposo arco narrativo stagionale, ma The Convert per quanto li riguarda non aggiunge nulla più, spostando l'attenzione al segmento principale dell'episodio che in verità spezza in due la parte dedicata ai mandaloriani che funge da scorrelato prologo ed epilogo dello stesso.
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Amnistia o condanna?
Il focus si sposta su Coruscant, capitale della Nuova Repubblica. Qui è stato creato il Progetto Amnistia per gli ex-collaboratori dell'Impero desiderosi di mettere i loro talenti e competenze al servizio del nuovo ordine politico galattico. Tra questi ritroviamo il Dottor Penn Pershing (Omid Abthai), lo scienziato a capo del progetto di clonazione-replicazione voluto da Moff Gideon (Giancarlo Esposito) che nelle due stagioni precedenti di The Mandalorian mirava al piccolo Grogu per impossessarsi del suo straordinario patrimonio genetico. Catturato Gideon e la sua piccola flotta imperiale residuale, Pershing è stato introdotto nel Progetto Amnistia ad archiviare materiale e tecnologia dell'ex-Impero. Questo zoom narrativo sulla via dello scienziato ricorda da vicino il trattamento del Syril Karn di Kyle Soller in Andor, dove entriamo nell'esistenza calma ma grigia di un vecchio membro imperiale senza più uno scopo, stordito dalla normalità e mai così desideroso di sentirsi necessario a qualcosa.
In questo lasso di tempo digressivo The Mandalorian si trasforma in una sorta di lectio magistralis di Jon Favreau su Coruscant, che viene definita - forse per la prima volta - una "ecumenopoli", a indicare l'agglomerato di città a grattacieli che ricoprono per intero la superfice del pianeta, di cui ammiriamo anche la Cima dell'Umate, il punto più elevato della montagna più alta di Coruscant - ovviamente inglobato nell'ecumenopoli. Ci viene persino rilevato il dato di abitanti della città-pianeta, pari a mille miliardi di residenti. L'idea è quella di farci conoscere meglio una location tra le più note di Star Wars ma mai realmente approfondita o vissuta da vicino nei suoi tanti e vari ambienti, non prima di Andor comunque e non in live-action. Qui ci spostiamo tra residenze del Progetto Amnistia a un intero settore destinato allo smantellamento della flotta imperiale pieno di incrociatori in via di smembramento. È proprio qui che Elia Kane (Katy O'Brian) conduce lo scienziato per fargli procurare tutto l'essenziale a un laboratorio mobile, così da lasciargli continuare la sua ricerca "per il bene della Nuova Repubblica".
Anche l'ex-ufficiale delle comunicazioni di Moff Gideon è infatti entrata nel Progetto, però il suo obiettivo non sembra essere quello di collaborare con il nuovo ordine, piuttosto quello di impedire una fuoriuscita d'informazioni sensibili dei residui dell'Impero, soprattutto se correlato al lavoro di Pershing che - lo sappiamo - porterà eventualmente alla creazione del Leader Supremo Snoke e all'instaurazione del Primo Ordine. Per questo lo tradisce e lo vende agli ufficiali della Nuova Repubblica, fingendosi un'agente infiltrata per loro conto ma in verità ancora al servizio dell'Impero e della sua missione, tanto da arrivare a eliminare l'intera memoria di Pershing con fare disinvolto, torturandolo compiaciuta e impietosa, senza un briciolo d'empatia. Una performance attoriale persino notevole da parte della O'Brian, villain perfida ed efficace che siamo curiosi di scoprire quale ruolo continuerà ad avere nel progetto.
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La strada giusta
Un episodio dalle tinte morali evidenti dove la Nuova Repubblica sembra agire come l'Impero pure se in fase di negazione (emblematica la scena del Mind-Fleyer con Pershing). Il modello Andor funziona e si conferma la strada giusta per esplorare con uno storytelling di qualità personaggi e ambienti della Galassia di Star Wars, affinando inoltre la regia intorno al racconto e non viceversa. Classica e funzionale la visione di Lee Isaac Chung, new entry nel mondo mandaloriano e scelto per la sua capacità d'inoltrarsi nelle emozioni più contrastanti dell'essere umano, la solidità dei suoi primi piani e la regia degli interpreti votata alla ricerca d'espressività nel disagio o nella timidezza, di cui il suo bellissimo Minari è grande dimostrazione. Il problema di fondo risiede nel complesso, essendo le parti ancora molto slegate tra loro e con la narrazione di Din che fatica a ingranare la marcia esatta, bloccato in un limbo concettuale tra redenzione e nuovo obiettivo.
Ci auguriamo che il quarto episodio riesca a elaborare più concretamente il prossimo step del protagonista, gettando le basi del racconto futuro a lui dedicato. Vogliamo credere che si arrivi a legare quanto accaduto su Coruscant ad eventi significativi per l'arco narrativo stagionale di Din, che debba forse affrontare da vicino le preoccupanti ma ancora embrionali avvisaglie della nascita del Primo Ordine, cercando al contempo di riunificare il popolo mandaloriano sotto la forte spinta del Credo, che resta parte attiva e fondamentale della storia. La strada è quella giusta, dicevamo. Bisogna solo percorrerla fino alla fine, adesso.
Conclusioni
Per concludere la nostra recensione di The Mandalorian 3x03, l'episodio diretto da Lee Isaac Chung si rivela un'ottima digressione al nuovo arco narrativo di Din Djarin e Grogur, quasi totalmente dedicata a una marcata esplorazione della Nuova Repubblica e dei suoi metodi su Coruscant. Mentre tira le fila della puntata precedente, mostrandoci il prosieguo del percorso di Din e Bo, "The Convert" si dimostra anche e soprattutto un approfondimento centrato e d'interessante caratura morale del nuovo ordine galattico, dove la Nuova Repubblica sembra il vecchio Impero, i punti di vista mutano e si alternano e The Mandalorian guarda ad Andor senza per questo rinunciare alla propria unicità.
Perché ci piace
- L'inseguimento iniziale tra Din, Bo e i caccia TIE: uno dei migliori della serie.
- Tra curiosità, nomenclature varie e zone inedite, Coruscant è più viva e interessante che mai.
- L'intera questione morale rimessa alla digressione con Pershing e Kane.
- La regia classica e funzionale di Chung.
Cosa non va
- Le parti sono ancora troppo slegate tra di loro.
- L'arco narrativo di Din e Bo sembra quasi secondario e non evolve un granché.