Gustarsi il viaggio senza bruciare le tappe. Assaporare ogni momento senza fare indigestione. Prima di avventurarci nella nostra recensione dell'episodio finale di The Mandalorian 2 (2x08) ci sembrava giusto sottolineare quanto la distribuzione settimanale degli episodi abbia contribuito a rendere la serie Disney+ un grande evento. Un momento sempre più atteso e agognato, capace di generare teorie, discussioni e interazioni tra i fan della serie starwarsiana. Cosa che il binge-watching avrebbe distrutto sul nascere. E così siamo arrivati a questo epilogo della seconda stagione con un bagaglio di aspettative pesante come un carico di beskar, e no, non siamo rimasti delusi. Perché questo Il Salvataggio assume subito la forma di episodio epocale, momento fondamentale all'interno dello show quando tocca un punto di non ritorno dal quale non si torna più indietro. Dopo aver solcato la sua strada per ben quindici episodi, il sedicesimo prende la rincorsa, chiude gli occhi e fa un grande salto in tutt'altra direzione.
Una scelta coraggiosa per alcuni, azzardata per altri, certamente emblematica nel costruire un'enorme diga nella storia dello show. Dopo questo finale ci sarà un prima e un dopo invalicabile. E The Mandalorian, forse, non sarà più lo stesso. E ora vi spieghiamo perché.
Nelle corazze mandaloriane
Lo avevamo lasciato tra le macerie. Il nostro Mando aveva perso quasi tutto. La sua fidata Razor Crest distrutta, il suo orgoglio ferito, il suo amato Grogu rapito dalle avide mani di Moff Gideon. Non avevamo mai visto il protagonista di The Mandalorian messo così con le spalle al muro, costretto a toccare il fondo per darsi una spinta propulsiva mai così violenta. E così eccolo minacciare il nemico in modo sfacciato (per quanto possa essere sfacciato il nostro Mando dietro il suo elmo), eccolo mettere su una squadra d'assalto niente male (con l'aiuto di Cara Dune e un certo Boba Fett), eccolo fiondarsi nel cuore del Male per salvare quel bambino che è sempre stato e continua a essere il motore di tutto, il senso di ogni cosa. Con un titolo (come sempre) emblematico nel dirci dove andrà a parare l'episodio, Il Salvataggio ci tiene a fare una premessa importante, mostrandoci ancora una volta quanto il popolo mandaloriano sia stratificato, frastagliato e diverso a seconda del proprio clan di appartenenza. Col procedere dell'episodio, poi, la mitologia di Mandalore viene esplorata ancora più nel dettaglio con un momento abbastanza didascalico (lo ammettiamo), fondamentale per esporre in modo esplicito il vissuto di un popolo ferito e nomade. Un popolo vincolato a riti rigidi, profondamente legato a dei dogmi a tratti assurdi, e per questo orgoglioso del proprio credo. Una puntualizzazione importante per due motivi. Prima di tutto per evidenziare quanto l'amore provato da Mando lo svincoli da questi antichi retaggi, rendendolo libero di seguire sentimenti tenuti nascosti dietro una corazza per tutta la vita. Poi, ricordare chi sono i mandaloriani è quasi un volersi legare a tutto quello che The Mandalorian è stato finora e che di lì a poco non sarà più.
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Dei treni facemmo navi spaziali
Si parla parecchio in questo finale di stagione, ma sarebbe folle non sottolineare quanto tutto l'episodio sia un meraviglioso concentrato di azione. Peyton Reed (regista di Ant-Man) riabbraccia l'anima più classica di Star Wars e ci catapulta sin dall'incipit dentro una vera e propria "guerra stellare". Un'azione declinata in tutti i modi, che rimanda ancora una volta alla matrice western della serie. Il Salvataggio è un poderoso "assalto al treno" galattico, dove i "destrieri" dei buoni sono le navicelle e il "treno" è la grande ammiraglia spaziale di Moff Gideon. E il carico da "saccheggiare", ovviamente, è il piccolo Grogu. Dentro, come detto, c'è di tutto: sparatorie, inseguimenti, duelli all'arma bianca, violenti cazzotti in pieno volto. Senza tralasciare un paio di momenti di pura tensione orchestrati come si deve. A emergere è (finalmente) anche un nemico infido come Moff Gideon, interpretato con un Giancarlo Esposito davvero viscido e insopportabile. Un antagonista borioso e scorretto, che si fa valere più con la lingua che con la spada grazie al suo talento manipolatorio da subdolo oratore. Sostenuto dal solito ritmo forsennato, ammettiamo che questo finale di stagione ci ha fatto avvertire il disagio del piccolo schermo televisivo. Perché un episodio così spettacolare in tv ci sta stretto, chiede spazio, avrebbe avuto bisogno di respirare in una sala. E se abbiamo sentito "profumo di cinema" è anche per un altro motivo.
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Azzardo, rivoluzione, addio
Visto che siamo in vena di confessioni finali, vi diciamo un'altra cosa: scrivere questa recensione "a caldo" è stato maledettamente difficile. Prima di tutto perché, per rispetto nei vostri confronti, non possiamo certo addentrarci nel territorio dello spoiler, per cui siamo costretti a parlare di una cosa importante (o forse dovremmo dire "epocale"?) rimanendo sul vago. E poi perché ci sono due modi di reagire davanti al clamoroso "momento fatidico" di questo episodio. Uno è "di pancia". Il secondo è "di testa". Il primo è un atteggiamento viscerale che ogni fan di Star Wars avrà dinanzi a una sequenza esaltante, sconcertante, davvero incredibile. Una scena orchestrata a meraviglia, con una veemenza soddisfacente e scioccante allo stesso tempo. Un ritorno che probabilmente sarà visto, rivisto e vivisezionato di continuo per godersi quello che, secondo noi, è il perfetto contraltare del finale di Rogue One: A Star Wars Story. Per significato simbolico, composizione delle immagini, spessore emotivo. La visione "di testa", invece, è ovviamente più razionale, non guarda solo all'attimo, ma scruta l'orizzonte, portando con sé tantissime domande e dubbi.
Questo perché, dopo questa scelta così drastica, Jon Favreau e Dave Filoni portano The Mandalorian su sentieri nuovi. La serie che aveva riacceso l'amore per Star Wars dichiarando di continuo la propria "indipendenza" da Star Wars, adesso riabbraccia quel mito che aveva sempre rispettato stando alla giusta distanza. The Mandalorian ora non è più pura televisione che va per la sua strada. The Mandalorian adesso si lega al destino del cinema a doppia mandata. Prendere o lasciare. Applaudire per il coraggio o dannarsi per una scelta così radicale. E se stiamo volutamente tralasciando le lacrime che abbiamo versato nella scena finale, è solo perché questa volta l'elmo lo abbiamo indossato noi per rimanere lucidi e obiettivi, e potervi raccontare cosa è stato questo finale di The Mandalorian 2. O meglio, questa fine di The Mandalorian. Almeno per come lo abbiamo sempre conosciuto. Quella era la via. Adesso si va altrove.
Conclusioni
Spiazzati, sconcertati, attoniti. Questa la tempesta emotiva dentro di noi mentre scrivevamo la recensione del finale di stagione di The Mandalorian 2. Un episodio teso, spettacolare, stracolmo di emozioni contrastanti. Un punto di non ritorno per tutta la serie che lega lo show televisivo al grande mito cinematografico e rivoluziona le prospettive future di Mando e Grogu. Tra lacrime e applausi, The Mandalorian ci dà appuntamento a dicembre 2021 per una terza stagione che sarà completamente diversa da tutto quello che abbiamo visto (e amato) finora.
Perché ci piace
- La spettacolarità di un episodio che avrebbe meritato il grande schermo.
- Il toccante epilogo che ci ha commosso (non poco).
- Una sequenza destinata a fare la storia del piccolo schermo con un ritorno in scena a dir poco clamoroso…
Cosa non va
- …ma che per alcuni potrebbe tradire lo spirito sempre indipendente di The Mandalorian.
- Qualche minuto in più, forse, sarebbe servito.