Un'opera di 3000 anni fa ancora incredibilmente attuali. Un'opera mastodontica, epica, immortale. Tra le inserzioni di un cinema moderno, alla Mostra del Cinema di Venezia 81 c'è stato spazio anche per il classico. Ed è un classico senza tempo The Mahabharata di Peter Brook del 1989. 173 minuti, un poema indiano rivisto dallo sguardo del regista, mischiando teatro e cinema.
Dopo trentacinque anni, l'opera torna a Lido (dove era stata presentata in anteprima) in versione restaurata, e accompagnata dal figlio di Peter, Simon Brook, che abbiamo incontrato per un'intervista. "È una storia incredibilmente contemporanea, che credo sia rimasta contemporanea nel corso dei Secoli. È come se il ragazzo senza età del film avesse migliaia di anni e parlasse di fratelli che uccidono fratelli, di cugini che uccidono cugini, della Terra che si ribella agli umani, del fatto che ci sono troppi umani sul pianeta e che la Terra è bruciata, che c'è un problema con il fuoco e con l'acqua. In questo momento siamo assolutamente in quella che chiamano l'era del Kali Yuga. Non è la fine del mondo, ma credo che sia la fine del mondo così come lo conosciamo".
Simon Brook rivede in 4K The Mahabharata
Con Simon Brook, all'ombra di un ombrellone dell'Hotel Excelsior del Lido di Venezia, abbiamo poi parlato del rapporto tra cinema e teatro. "Credo ci sia una relazione molto strana perché il teatro di qualità è suggestione e fa vedere cose che non esistono, mentre il cinema mostra cose che esistono e sfrutta l'immaginazione. Ma è qui che c'è la vera grande differenza, tra l'esperienza teatrale e quella cinematografica".
Poi, il pensiero si è spostato verso i ricordi che ha della lavorazione di The Mahabharata: "Mio padre affrontava sempre le cose con quella che chiamava 'un'intuizione informe', cioè aveva la sensazione che si dovesse andare in questa direzione. E ci andava per un po' e poi, se non funzionava, si andava da un'altra parte. E questo approccio al suo lavoro è qualcosa che si è applicato al Mahabharata, dove è iniziato con lui e Jean-Claude Carrière che volevano raccontare questa storia, ma non avevano idea della forma. Quindi è stato il contenuto a creare la forma. È molto diverso dal mondo del cinema, dove si inizia dicendo che il film deve durare tra i 90 minuti e le 3 ore. Per il teatro, la sua produzione, ha iniziato a fare ricerche, a sentire le storie, a ispirarsi alla cultura indiana, fino ad arrivare a un punto in cui lui e Jean-Claude Carrière sono riusciti a sintetizzare il tutto in uno spettacolo di nove ore".
Tra cinema e teatro
Peter Brook è stato un precursore del teatro. Ma quale riverenza sociale ha, oggi, il teatro? "Penso che sia incredibilmente rilevante dal punto di vista sociale, perché è stato il primo a dire che il multiculturalismo era davvero il linguaggio essenziale della comunicazione, e che avere persone di nazionalità diverse, paesi diversi, religioni diverse che lavorano insieme per raccontare una storia. Era un modo per creare armonia nel mondo e un'esperienza condivisa molto più ampia e per aprire gli orizzonti delle persone. È incredibilmente attuale, e lui è stato il primo a farlo".
Nella sezione Venezia Classici, come detto, The Mahabharata è stato proiettato in versione restaurata. Un lavoro complesso, ci dice Peter Brook: "È stato un progetto davvero molto impegnativo a tutti i livelli, sia per quanto riguarda il restauro, sia per quanto riguarda il recupero dei diritti, sia per quanto riguarda il restauro. Da un lato è stata una sfida straordinaria, dall'altro ci sono state coincidenze sempre straordinarie che hanno favorito la realizzazione del film. La sfida ora è trovare il tempo per mostrarlo a tutte le persone che vogliono vederlo, perché è un film davvero, davvero importante, rilevante".