C'è poco da girarci intorno: le sale, almeno in Italia, non stanno vivendo un buon momento. Andrebbero considerati diversi fattori, ma sembra che non ci si possa aspettare molto di più dall'intero settore, salvo rari casi. Ed è certo che la distribuzione sarà via via sempre più attenta, scegliendo cosa e quando distribuire, tenendo in considerazione la quota obbligatoria dei film italiani. Un velocissimo preambolo, meritevole di essere approfondito, per sintetizzare: in questo senso, lo streaming può aiutare nel distribuire quei titoli che non hanno trovato spazio sul grande schermo. L'ultimo esempio? The Lighthouse di Robert Eggers. In verità, nel 2020, era già arrivato in digitale, in formato TVOD, e un po' in sordina (era il maggio 2020, la pandemia, lo "state a casa", e via dicendo...). Pur vero che il rilascio in pay-per-view non ha quasi mai la stessa onda dello SVOD (il classico abbonamento che ti permette di vedere tutto), perdendosi in cataloghi nutriti ma non troppo supportati.
Dunque, l'occasione è ora irripetibile: The Lighthouse è disponibile su Netflix, e con esso l'intera e geniale visione di un autore che ha rivoluzionato il genere horror. Potremmo dire che il film è un incubo espressionista, la destrutturazione post-moderna di Murnau, Fritz Lang, Robert Wiene. Tuttavia, prima di calarci nell'odore di guano e di cherosene, l'uscita di The Lighthouse su Netflix è un'ulteriore scusa per rimarcare il nostro spassionato endorsement alla A24, quella produzione-distribuzione che sta cambiando il volto del cinema contemporaneo. Già perché più dei sette Oscar vinti da Everything, Everywhere All at Once, la distribution company fondata nel 2012 è da sempre anticipatrice dei nuovi flussi narrativi, puntando sull'individualità e sulla libertà degli autori e dei registi.
Da The Witch a The Lighthouse
Come nel caso di Robert Eggers, uno dei nomi più rappresentativi dello Studio. Prima di The Lighthouse, presentato a Cannes, A24 aveva già distribuito il suo (pazzesco) esordio, ossia The Witch con Anya Taylor-Joy, a conti fatti uno dei primissimi horror in cui lo stile elevato (atmosfera, ambienti, toni) ha soppiantato la mostruosità o la paura più schietta. Il passo successivo, sarà poi lo strepitoso bianco e nero di The Lighthouse che, oltre citare Friedrich Wilhelm Murnau, si apre a numerose interpretazioni, tanto visive quanto (soprattutto) narrative: la psicoanalisi, la mitologia, la complessità della sessualità. Il tutto, appunto, racchiuso in un inquietante faro, eretto su un'isola al largo del New England.
Siamo alla fine del 1800, e il giovane Ephraim Winslow, interpretato da un ossuto Robert Pattinson, è incaricato di affiancare, per un mese, il livido e iroso custode, Thomas Wake, con il volto mefistofelico di Willem Dafoe. Ma, per una rabbiosa tempesta che non accenna a placarsi, il tempo di convivenza finisce per allungarsi. Con esso, le visioni e le pulsioni, le inquietudini e la claustrofobia. E il film, di conseguenza, finirà per salire inesorabilmente ad un piano elevato, fin sul punto più alto del faro: eccezionale il lavoro fotografico di Jarin Blaschke, racchiuso nel formato 1,91:1, ed è eccezionale il comparto sonoro, a cominciare dalle musiche di Mark Korven.
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Mostri marini e psicanalisi
La tecnica e l'intento scenografico, l'edificazione di un sogno inquieto e sferzato dal richiamo di una sirena, a simboleggiare l'impulso selvaggio dell'Es, tenuto a bada dal Super-Io. Su questa interpretazione, libera da ogni dogma oggettivo, Ephraim rappresenta il Super-Io, Thomas l'Es, il contesto generale è presumibilmente l'Io. Già perché, per stessa ammissione di Robert Eggers, che ha scritto il soggetto insieme al fratello Max, The Lighthouse è stato marcatamente influenzato dalle teorie di Sigmund Freud: il pensiero - e quindi l'immagine - che si sposta a seconda dell'inconscio, e gli istinti sessuali - e quindi erotici - come motore del comportamento umano, strutturato tra mente, corpo e impulsi. Ed è poi la sessualità, unita alla mitologia, l'ossessione suggerita dalla sceneggiatura immaginifica del film. Il faro stesso è un esplicito riferimento fallico, così come le fantasie sessuali e l'androfilia via via sfumata, esplodendo con il sopravvento fisico di Robert Pattinson nei confronti di Willem Dafoe.
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In mezzo, tra la furia del mare e la puzza di trementina, gli archetipi marinareschi e la mitologia classica: il Mito di Prometeo, il vecchio Thomas Wake rappresentato come fosse Proteo, divinità marina, ispirato dall'opera Il mostro marino di Albrecht Dürer. A loro volta, le molte commistioni - linguistiche e visive - sfociano nel simbolismo (un altro riferimento per Eggers è stato Sascha Schneider e il quadro Hypnosis), inseritosi negli umori sognanti e irreali provenienti dalla rivisitazione del racconto incompiuto di Edgar Allan Poe. Ciononostante, e considerando le infinite interpretazioni, come detto da Eggers, "The Lighthouse non è un film che offre risposte, piuttosto pone delle domande". Questo per dire: la visione su Netflix dovrebbe essere il più possibile scevra da ogni orpello o pre-giudizio, lasciando al film pieni poteri nei confronti delle nostre percezioni più intime. In fondo, è solo un incubo. O no?