The Last of Us e Uncharted: perché i due progetti hanno un diverso approccio ai videogiochi

Le perle Naughty Dog hanno ispirato delle trasposizioni che sono totalmente agli antipodi.

The Last of Us e Uncharted: perché i due progetti hanno un diverso approccio ai videogiochi

The Last of Us e Uncharted, tralasciando per un secondo i grandi classici datati di Naughty Dog ovvero Crash Bandicoot e Jak and Dexter, sono i due capolavori moderni della company videoludica. Tali saghe, volte a soddisfare e solleticare desideri diversi (la prima instradata verso una componente fortemente narrativa e introspettiva, l'altra calata in una dimensione più esplorativa e avventurosa), hanno dato vita su schermo a degli adattamenti molto, ma molto lontani fra loro che tra l'altro hanno avuto un'accoglienza diametralmente opposta.

Se il film di Uncharted, diretto da Ruben Fleischer (Benvenuti a Zombieland, Gangster Squad) e scritto da Art Marcum, Matt Holloway e Rafe Judkins non ha convinto pienamente pubblico e critica, la serie su The Last of Us, firmata da Craig Mazin (Chernobyl, Effetti Collaterali) e Neil Druckmann, è stata un successo su tutta la linea. Per capire come mai c'è stata questa disparità, bisogna sottolineare molti aspetti, che nella loro totalità ci danno forse una risposta attendibile.

Media differenti

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Uncharted: Tom Holland e Mark Wahlberg in una scena

La differenza più scontata ed esplicita che divide i due titoli si nasconde nella natura stessa delle due opere, che ha portato poi a delle strade alternative. Con Uncharted, si è deciso di realizzare una pellicola one-shot così da poter avere tutta la libertà per decidere in futuro se dare il via ad una vera e propria saga cinematografica, seminando comunque degli agganci ad un possibile sequel. Con The Last of Us, invece, l'approccio seriale è stato probabilmente più costoso, sia a livello economico che di sviluppo vero e proprio, ma perlomeno ha chiuso in modo definitivo l'intero primo gioco del franchise e, con la conferma della seconda stagione, la probabilità che venga adattato il videogioco The Last of Us Parte 2 è molto alta. Chiaro che un prodotto del piccolo schermo dà un enorme spazio di manovra ai registi e sceneggiatori che in questo caso hanno gestito bene la narrazione verticale e orizzontale, mentre, al contrario, un lungometraggio è decisamente più limitante in generale e più complicato da costruire.

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L'importanza del canone

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The Last of Us: personaggi

Da sempre ci sono infiniti dibattiti su quale sia l'approccio migliore di fronte ad un adattamento e, nonostante non ci sia una formula perfetta, probabilmente la soluzione migliore è da ricercare in un titolo che, nonostante abbia delle diversità creative e strutturali, rispetti il canone di provenienza. Dire che Uncharted, sul piano stilistico, sia lontano dal videogioco è una menzogna, ma a quanto pare la scelta di proporre un Drake giovane, distante dalla controparte adulta della saga Naughty Dog così come una storia che racchiude più influenze dai vari titoli del franchise senza un'identità chiara sono elementi che hanno ostacolato il progetto. The Last of Us si prende tante libertà, è vero, ma ha rispettato fedelmente la tradizione, con una chiarezza d'intenti inossidabile: la caratterizzazione dei protagonisti, così come la narrazione matura del videogioco sono riproposti in modo impeccabile e non vi è confusione nella costruzione della trama, precisa almeno nei passaggi fondamentali.

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L'arte della decostruzione

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The Last of Us: una scena del terzo episodio

Contrariamente a quanto si possa pensare, per valutare al meglio un adattamento non bisogna solamente tenere conto di quante scene sono state riprodotte in copia carbone rispetto al materiale di partenza, ma anche se le differenze presenti hanno senso di esistere e, soprattutto, se sono adatte al contesto di riferimento. Con The Last of Us, l'episodio 3 è l'esempio perfetto di una decostruzione fatta con grazia e attenzione: si parte da due figure secondarie, Bill (Nick Offerman) e Frank (Murray Bartlett), ai quali è stato attribuito un peso maggiore sul piano narrativo, così da creare una storia stand-alone nuova di zecca sui personaggi che però è coerente con la filosofia e il messaggio del videogame. Uncharted vede al suo interno dei nuovi personaggi, assenti nella saga di videoludica, che non hanno spessore (in particolare l'antagonista principale, Santiago Moncada) mentre tutte le novità e le sperimentazioni a livello contenutistico sembrano troppo fini a sé stesse e acerbe per essere considerate riuscite.

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L'importanza autoriale

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Uncharted: Tom Holland in una scena action

In una trasposizione, coinvolgere l'autore dell'opera originaria è da sempre un'arma a doppio taglio perché non è sicuro che padroneggi bene l'altro medium, ma perlomeno conosce bene la sua creazione e sa come muoversi. Anche se Uncharted vede tra i produttori esecutivi conta Neil Druckmann, capo di Naughty Dog, a livello registico e narrativo si è appoggiato ad artisti dalla carriera altalenante: Fleischer ha fatto un ottimo lavoro con Zombieland, ma Venom è decisamente dimenticabile; mentre gli sceneggiatori non hanno alle spalle un curriculum incisivo, con a carico prodotti mainstream piuttosto mediocri. Per The Last of Us è stato intrapreso un approccio furbo ma cauto: affiancare allo showrunner di punta, Craig Mazin (apprezzatissimo per il suo impegno nella miniserie Chernobyl, vincitrice di ben 3 Emmy e altrettanti premi) l'ideatore del videogame, Druckmann stesso, che, rispetto ad Uncharted, ha un ruolo più importante e presente perché nella serie ha maneggiato direttamente il copione, senza guardarlo dall'alto.

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Adattabilità

Uncharted
Locandina di Uncharted

Se è vero che tutte le opere possono essere trasformate in un altro medium, è altrettanto vero che in alcuni casi si trovano degli ostacoli che rendono l'operazione più difficile del previsto. Pensate al fumetto The Sandman di Neil Gaiman che, dopo anni e anni di lavorazione, ha finalmente trovato uno spazio seriale adeguato dopo però tanti problemi produttivi. La serie di The Last of Us affonda le sue radici nei post-apocalittici e nei prodotti a tema survival di ultima generazione cercando anche le distanze, avendo così le spalle coperte fin dal principio, di conseguenza il lavoro, per quanto complesso, è stato facilitato da questo scatto iniziale ed è stato poi completato tratteggiando con intelligenza l'anima più pura del titolo originale. La saga videoludica di Uncharted, invece, avendo un valore più ludico e maggiormente derivativo (come non pensare a Tomb Raider ed Indiana Jones, per citare le fonti più famose) nel processo di adattamento ha trovato un muro invalicabile costellato di titoli simili da un lato, e dall'altro una traduzione più complessa del linguaggio proprio dei videogiochi.

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Sensibilità diverse

The Last Of Us Serie 2023
The Last of Us: una scena della serie

Tirando le somme, è assolutamente comprensibile il motivo per il quale The Last of Us ha vinto questa battaglia contro Uncharted, ma ha veramente senso mettere sullo stesso piano i due progetti, come fatto da tanti utenti Twitter che, di fronte all'apprezzamento della serie di Mazin e Druckmann, hanno boicottato il film su Nathan Drake? In realtà non deve trarre in inganno il fatto che entrambe le opere sono sotto l'egida di Playstation Productions, la nuova etichetta di Sony improntata agli adattamenti videoludici dell'azienda, perché ci sono finalità diverse dietro. La pellicola di Uncharted è palesemente un prodotto più commerciale e immediato, che vuole essere innovativo solamente in parte e che probabilmente è destinato più ai conoscitori della saga che ai nuovi avventori. The Last of Us è un titolo di tutt'altra tipologia: uno show più ricercato e studiato dove ad un rispetto maniacale del materiale originale si è affiancato uno sperimentalismo notevole e che è adatto a tutti, anche se ovviamente i giocatori del franchise PlayStation si godranno maggiormente la storia.

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