Li abbiamo cronometrati, sprofondando sulle scomode poltrone della Sala Grande della Mostra del Cinema di Venezia, dove il film è stato presentato in concorso. Li abbiamo cronometrati perché, forse a discapito di ciò che il film poi diventa, i primi 20 minuti di The Killer sono cinema allo stato puro. Anzi, sono lo stato puro del cinema di David Fincher. Perché il regista di Fight Club e di Panic Room, al dodicesimo lungometraggio, continua imperterrito la sua esplorazione degli anfratti più neri dell'anima, passando però attraverso una meticolosa scansione di ogni microscopico dettaglio. Secondo dopo secondo (formidabili, come spieghiamo nella recensione), ci gustiamo la geometria e la matematica studiata al millimetro, per quello che possiamo considerare come uno dei migliori incipit visti recentemente... in streaming.
Già perché The Killer, nella sua indole cinematografica, è anche realizzato seguendo i canoni della visione casalinga, in questo caso avallata dal marchio Netflix (che negli States lo ha anche distribuito in alcune sale selezionate, nell'ottica dei premi). Due mondi opposti ma continui, che si incontrano nell'universo filmico di David Fincher: se per The Killer si è ispirato all'omonima serie di fumetti scritti da Matz su illustrazioni di Luc Jacamon, la sua personale poetica trova la giusta misura di un personaggio senza nome interpretato da un ritrovato Michael Fassbender. Misura espressa, come spieghiamo nel nostro approfondimento, nel primo capitolo del film: nello spazio di una mansarda parigina, in fase di ristrutturazione e impolverata, si aggira un abile assassino professionista. Di lui non sappiamo nulla ma, di controcampo, è come se sapessimo già tutto.
The Killer: se l'inizio del film vale la visione
L'inquadratura di Fincher, in questo caso, non conosce mezze misure: o campo largo, inglobando la figura del Killer in relazione al contesto, oppure sui dettagli, che sia un iPod che suona gli Smiths o un frugale pasto. Ipotizziamo che il Killer sia lì già da un po', in attesa di colpire il bersaglio nel momento giusto. Bersaglio atteso, notte dopo notte, scrutando le finestre di un lussuoso hotel, presidiato dal binocolo discreto dell'infallibile e metodico protagonista. In 20 minuti, allora, non accade nulla ma accade tutto, intanto che il regista indirizza la narrazione, legandosi al personaggio principale. Impariamo a conoscerlo, ascoltiamo il suo respiro che si distende, quando dormicchia sdraiato sopra le tavole di compensato, e quasi percepiamo l'odore di polvere che pervade nella stanza. Colpo su colpo, la tensione si fa più tagliente, come il freddo che si insinua da una finestra senza vetri.
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L'infallibilità come ossessione
Del resto, l'incipit di The Killer, come se fosse una sorta di prefazione ad un romanzo d'azione e d'avventura, è l'attimo di calma che anticipa il temporale: lo scenario iniziale costruito da David Fincher, se pensiamo poi all'intera struttura del film, è in netto contrasto all'umore tipico dell'action. In quel momento siamo dentro l'universo di un uomo solo, scollegato dal mondo, che si tiene a distanza dalla pericolosità dei sentimenti, delle emozioni e delle relazioni. Ciononostante, la riflessiva schematicità, asciutta, disinfetta ed enigmatica, è la componente migliore di quello che potremmo considerare un film nel film. Davvero, The Killer sarebbe stato comunque un grande titolo anche se fosse rimasto chiuso in quell'impolverata mansarda, senza uscire mai da un confine asfissiante.
L'immersività di cui si parla è infatti dettata dal profilo psicologico del killer di Fassbender: tra lo yoga e l'attesa, intervallata da sparute telefonate con il suo committente, la routine algida ed asettica (nonché straniante e noiosa, se pensiamo agli archetipi dei killer) si fa eccellente materia cinematografica, tramutata dal regista nei suoi tipici stilemi thriller, sfruttando al meglio la fotografia di Erik Messerschmidt e le musiche di Trent Reznor e Atticus Ross. E sì, li abbiamo cronometrati e ce li siamo gustati. 20 minuti bilanciati come è bilanciato lo sguardo di David Fincher, ormai applicabile sia al cinema che allo streaming. Un gusto unico, ancora più unico, quando poi la calma viene bruscamente interrotta: l'infallibilità del killer senza nome deraglia, implodendo nel colpo inaspettato che sancisce l'inizio effettivo del film. L'ordine cede il passo al caos, l'attimo da cogliere viene irrimediabilmente perso, e dietro una routine robotica esce fuori il fremito di un uomo finalmente libero di poter sbagliare.