Da Broadway al grande schermo, dal Tony Award per la miglior opera alla finale per il Premio Pulitzer per la drammaturgia. Stephen Karam trasporta al cinema la sua opera teatrale The Humans, nel quale affronta ossessioni, bugie e paure di una famiglia newyorkese, ritrovatasi in un appartamento appena comprato. Un appartamento vuoto, che rimbomba e scricchiola, suggerendo che ci sia qualche spettrale presenza. Oppure no, è una suggestione che risuona nella mente del protagonista, Erik Blake (Richard Jenkins), alle prese con una verità che via via verrà inesorabilmente a galla. The Humans è disponibile in Italia in streaming su Mubi. E, in occasione della release, abbiamo chiacchierato (via Zoom) proprio Stephen Karam, tenendo con lui una lunga intervista. La prima domanda? Non poteva non essere sugli umori e le sensazioni del film, che gioca con le ombre e i rumori. "Ho pensato al suono come a un elemento chiave della storia, come se fosse un personaggio, soprattutto in un film come questo che è una collisione di generi. È un vero e proprio dramma familiare in chiave commedia, ma a tratti è anche un thriller psicologico. È costituito da diversi rumori fragorosi, sviluppati come se una vera e propria qualità vibrante. Spero quindi che gli spettatori abbiano un buon sistema audio! Skip, che è un brillante sound designer e ha fatto molti film dei fratelli Coen, è andato nella sua casa a nord per carpire i rumori", racconta il regista, "Non c'è molta musica, e quindi volevo che il suono fosse protagonista, anche perché il film ha un'atmosfera tranquilla e non è supportato da una colonna sonora che spiega le emozioni. E così il pubblico inizia a far caso al sonoro, tra tonfi e rumori".
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The Humans è un altro grande film prodotto da A24, casa con sede a New York ma ideata in Italia, mentre il fondatore Daniel Katz percorreva l'autostrada A24 Roma-Teramo. Un brand che ricerca qualità e originalità, prefissandosi l'obbiettivo di lanciare grandi autori. "Sono incredibili - dice sorridendo Stephen Karam - Credo che siano le uniche persone che avrebbero potuto fare questo film. Così tante persone amano A24, e anche se ora sta producendo di più, permettono al regista di essere un autore. Questa è la linea di confine. E così quando la gente guarda, ad esempio, Moonlight o Lady Bird resta stupita. Il filo conduttore è proprio l'esperienza di guardare un film che realizza la vera visione di qualcuno, invece di un gruppo di cuochi aziendali in cucina che dicono: "Puoi far entrare una star in questo film?". E così anche i loro film d'azione, come Diamanti Grezzi - Uncut Gems. Stai guardando qualcosa che sembra uscito dalla mente di una o due persone, non da un grande studio. Lavorare con loro è pazzesco per il fatto di poter girare il film e di avere il supporto necessario. È stata una delle migliori esperienze della mia vita creativa. Spero di lavorare ancora con loro".
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New York City, senza mai farla vedere
Interessante la messa in scena teatrale che Karam ha dato al suo film, sviluppando raccontando New York City senza farla quasi mai vedere. Per questo, domandiamo al regista come abbia fatto a sviluppare Manhattan - l'appartamento in questione si trova tra Chinatown e Wall Street - in modo così originale. "Quello che hai notato, che stai dicendo, è la parte che preferisco, e rende il film strano e bizzarro. Sì, è un film molto newyorkese per essere un film che non mostra mai le strade della città, le metropolitane e il traffico frenetico. Credo che il segreto di questo sia sempre stato quello di concentrarsi sulle persone, sui personaggi e la famiglia. È ciò che ha reso l'opera teatrale sensata quando è stato lanciato nel 2014, sopravvivendo a elezioni presidenziali, rivoluzioni sociali, sconvolgimenti e una pandemia. Questa attenzione non è presente, credo, nel film. Il film esiste per essere un film realistico e leggermente surreale. E questo viene comunicato attraverso cose come il fatto di non mostrare molto la città. Come una sensazione e un brivido, come se ci si fosse quasi dimenticati che era lì. Che è lì che si trova questo piccolo edificio".
Il 9/11
New York City da una parte, le ansie post 9/11 dall'altra. The Humans, infatti, si inserisce nella poetica americana successiva a quel drammatico giorno di settembre, con le ansie amalgamate in una collettività profondamente mutata. Un gancio che Karam spiega così: "Mi interessa la politica filtrata attraverso il personale. Nel mio caso, mi sono trasferita in città subito dopo l'11 Settembre e quindi mi ha sempre interessato l'esperienza di come ci si sente a essere vivi in un momento in cui è accaduto qualcosa di indescrivibile, orribile, tragico, quasi impensabile. Che cosa è l'ansia? Dove va a finire l'ansia? Dove sono i luoghi nascosti in cui si insinua? Non sono uno scrittore di testi di riflessione. Non ho quel tipo di intelligenza per essere un saggista di quel tipo. Per questo, in un certo senso, credo che mi piaccia raccontare storie, perché non credo che potrei scrivere un'opera teatrale o un film sul 9/11, ma posso raccontare la storia di una famiglia che vive la propria vita in questo momento, provando sentimenti".
Gli incubi
The Humans gira attorno ad una famiglia riunita per il Giorno del Ringraziamento, ma i legami sembrano essere i loro incubi più reconditi. Ci si riconosce, perché tutti abbiamo un incubo ricorrente, che ci perseguita tenendoci svegli la notte. Perciò chiediamo al regista di raccontarci quale sia il suo. "Non ho un incubo ricorrente. Ho una specie di incubo che probabilmente non è molto diverso da quello che provano molti degli ansiosi: penso al personaggio di Amy Schumer in bagno mentre scorre Instagram. Anche io ho avuto incubi sui social media. Mi sono trovato nella sua situazione, quando l'amore che pensavi fosse destinato a durare per sempre... si spezza. Per me gli incubi peggiori sono quelli in cui pensi che siano reali, almeno fino a quando non ti svegli e ti guardi intorno alla tua stanza. E tu ne hai?", ci domanda ridendo. Gli spieghiamo che, chi scrive, ricorda vividamente di aver sognato da bambino una sorta di gigantesca montagna che aveva il volto pallido di una donna. Insomma, qualcosa di molto creepy. E Stephen Karam, sorpreso e divertito dalla risposta, ci saluta così: "Beh, dato il tuo incubo, sembra che tu sia pronto a lanciare il tuo primo film A24!". Effettivamente...