A volte le vie del cinema sono strane e tortuose, e anche un po' misteriose. Le nostre uscite in sala, per quanto in generale si siano allineate maggiormente a quelle originali oltreoceano, addirittura anticipandole di un giorno perché è cambiato quello di uscita dei film al cinema in Italia rispetto all'estero (mercoledì-giovedì rispetto al venerdì), sono ancora al centro di fenomeni inspiegabili. Molti di questi si presentano tra la fine dell'annata e l'inizio della successiva, a volte addirittura saltando la cosiddetta stagione dei premi o arrivando troppo a ridosso di essa.
Abbiamo scelto di tornare su The Holdovers, che abbiamo potuto vedere in anteprima in concomitanza con i nostri cugini americani e con la presentazione del film al Torino Film Festival, perché si tratta di un caso davvero unico, ovvero di un prodotto profondamente natalizio... che però da noi non esce a Natale. Bensì nel 2024 (il 18 Gennaio, distribuzione Universal), quindi con la stagione delle festività ormai alle spalle, tralasciando qualsiasi possibile strascico e legame ci poteva essere uscendo più a ridosso della Befana. Perché? Proviamo a indagare e capirlo raccontandovi anche perché è uno dei più bei film di Natale di sempre - oltre uno dei migliori film di questo 2023, come detto nella nostra recensione di The Holdovers - Lezioni di vita.
La decisione di Universal
Intanto diciamolo subito: non vogliamo demonizzare Universal Pictures, che non è la prima (e nemmeno l'unica/l'ultima) a fare questo tipo di scelta, condivisibile o meno, efficace o meno (l'uscita posticipata di un mese di Oppenheimer della stessa Universal, per esempio, ha portato a ottimi incassi). Eppure non possiamo che trovarci in disaccordo. La sfida al box office durante le Feste è sempre difficile, soprattutto ora reduci degli anni di pandemia e casi come quello di Paola Cortellesi rimangono isolati. Ma saltare completamente il periodo avendo per le mani non solo un film in odore di nomination - già qualcuna è arrivata dai Golden Globes e dai Critics' Choice - ma anche una storia che non è semplicemente ambientata a Natale, ma ne incarna lo spirito e la quintessenza in doppia veste, ci sembra quantomeno folle e un po' autolesionistico. Tanto più che si tratta di una pellicola funzionale a essere vista con la famiglia, almeno con figli un po' più cresciuti, visto l'animo puramente indie che parla a più generazioni. Vederlo dopo il 18 gennaio, quindi, non ci sembra una scelta molto strategica per far sì che il pubblico si interessi e si affezioni grazie al passaparola di amici e familiari. Con la dovuta promozione, sotto le festività, avrebbe potuto portare pubblico al cinema, invece così rischia di allontanarlo o disinteressarlo passando inosservato.
Perché ci è piaciuto tanto The Holdovers
La trama di The Holdovers è la seguente: un professore burbero e letterato (un gigantesco Paul Giamatti) di una scuola privata del New England, la Baron Academy, rimane nel campus durante le vacanze di Natale per sorvegliare gli studenti che non possono tornare a casa. Costretti tra quelle quattro mura, stringerà un improbabile legame con uno di loro, un adolescente confuso e problematico (l'attore emergente Dominic Sessa), e con la cuoca della scuola, il cui figlio (l'unico nero dell'accademia) risulta di recente disperso in Vietnam (Da'Vine Joy Randolph, una conferma di bravura). Da queste poche informazioni si può intuire come la pellicola sia un incrocio tra L'attimo fuggente e Breakfast Club. Quello che invece forse si coglie meno è quanto si tratti di una riflessione su cosa il Natale rappresenti per ognuno di noi e non debba essere necessariamente qualcosa di positivo. Il periodo delle festività acuisce qualsiasi sentimento si provi durante l'anno, tanti quelli speranzosi quanto quelli tossici. La solitudine, la perdita di un figlio, un mancato rapporto coi propri genitori, tutto diventa ancora più insormontabile. Soprattutto se siamo negli anni '70 con tutti i cambiamenti che attraversavano gli Stati Uniti e la Guerra in Vietnam oltreoceano.
A Natale siamo tutti più tristi
The Holdovers è una grande lezione di vita (come recita il sottotitolo italiano) e di cinema perché ricorda qualcosa di importantissimo che spesso gli amanti del Natale, come anche chi scrive, dimenticano. Non bisogna essere necessariamente felici e gioiosi nel Most Wonderful Time of the Year come cantava Andy Williams, perché non lo è per tutti. C'è chi soffre particolarmente la mancanza della propria famiglia - proprio come i giovani protagonisti della pellicola, costretti a passare la pausa invernale nella scuola per bianchi ricchi da loro frequentata. Costretti a convivere in quei giorni così a lungo attesi e allo stesso tempo così angosciosi, con un professore che ha i propri traumi e i propri fantasmi da superare, che si fanno sentire maggiormente in questo periodo dell'anno. Ma una luce in fondo al tunnel c'è, se sappiamo dove guardare e dove cercare. È anche questo che cerca di dirci questo film di Natale e sul Natale che vive di dialoghi, drammatico, ma mai esasperato, comico, ma mai ridicolo, delicato, struggente. Nella fotografia, nella colonna sonora, nei primi piani e dettagli di Alexander Payne per acuirne l'intimità. Come una coccola, come la tragedia greca, dopo la quale ci si sente catarticamente più in pace con il mondo. Proprio come quella maledetta e magica Festa che è il Natale.