Il furgone di un corriere si ferma davanti alla casa canadese di June. Deposita un pacco. June lo sta aspettando. Lo apre, e dal suo interno estrae un giubbotto antiproiettile. Dovrà parlare in pubblico e potrebbe averne bisogno. Per essere al sicuro. Si chiama proprio così, Al sicuro, l'episodio 10 della stagione 5 che vi raccontiamo, senza spoiler, nella recensione del finale di stagione di The Handmaid's Tale 5, la premiata serie disponibile in streaming su TimVision. Ed è un sostanziale cambio di prospettiva. Credevamo June al sicuro in Canada, lontano dalle violenze e dalle violazioni di Gilead. Non è così. Qualcosa è cambiato.
Gli americani, quei profughi mal voluti
La nuova stagione di The Handmaid's Tale, come tutto il racconto, è un gigantesco what if, una distopia, un provare a immaginare cosa accadrebbe se si dovessero realizzare determinate condizioni. Finora la distopia, il what if, il futuro inquietante era tutto incentrato su Gilead, mondo immaginario ma per niente slegato dalla realtà che stiamo vivendo oggi. Nessuno aveva pensato a cosa sarebbe accaduto nel Canada. La credevamo la Terra Promessa, la terra della libertà, dei diritti civili. Ma ora accade che non tutti i canadesi siano contenti di questa situazione. Nella storia immaginata dal Racconto dell'Ancella il Canada si è riempito di profughi fuggiti da Gilead, gli "americani". Ma ora sono troppi, portano via ai canadesi spazio, risorse. E così gli americani diventano i "rifugiati", e ci sono sempre più canadesi che li odiano. E lo manifestano apertamente. Che gli americani, per una volta, si sentano dall'altra parte, i rifugiati, quelli sopportati, mal voluti, è un ribaltamento davvero potente. Ed è un'altra grande idea di una serie che, alla quinta stagione, non ha esaurito le cose da dire.
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Un machiavellico gioco politico
Si evolve il Canada e si evolve Gilead. La stagione 5 ha anche mostrato il nuovo corso di Gilead, segnato dal potere sempre più grande del comandante Lawrence. Una sorta di Gorbaciov di Gilead, come è stato definito, che prova a dare un nuovo corso alla nazione, una sua perestrojka. Un nuovo modo di porsi verso il mondo, per essere tollerati, forse accolti, dalla comunità internazionale. Niente di naturale né di sentito, ma un machiavellico gioco politico per ottenere i propri obiettivi. Per apparire all'esterno una nazione democratica. E per tentare di invertire il flusso di migrazione versi l'esterno. Fino a tentare anche June.
Una terribile doccia scozzese
Nel finale di stagione di The Handmaid's Tale 5 i nodi vengono al pettine, le situazioni vengono esacerbate, il materiale altamente infiammabile, presente a Gilead e in Canada, finisce per esplodere. Le cose prendono un'evoluzione inaspettata, per quelle che erano le premesse all'inizio della stagione, ma che era stata adeguatamente preparata lungo gli ultimi episodi. Con il finale di stagione, The Handmaid's Tale si conferma una terribile doccia scozzese, un racconto che gioca a scottarci, a bruciarci continuamente, dopo che, per un attimo, ci eravamo sentiti rinfrescati, rinfrancati. Il finale di stagione, o meglio il sottofinale, ancora una volta, è struggente, straziante. Vorremmo davvero che questa serie finalmente finisse. Non perché non ci piaccia più: anzi, mantiene degli standard qualitativi altissimi. Ma perché, davvero, vorremmo che June vedesse finalmente la luce. Lei, ma anche tutti gli altri personaggi del racconto. Tutti, in egual modo, sono destinati a soffrire, ad essere senza pace.
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Un twist ending beffardo
Se il sottofinale è struggente, il finale è veramente una bomba, un twist ending, un colpo ad effetto terribile e beffardo. Non vi diremo niente, ma in qualche modo è coerente con quanto visto in alcuni degli episodi precedenti. L'ultimo episodio porta avanti due storyline che ci erano sembrate piuttosto secondarie, se non trascurate, come la vita a Gilead di Janine, e la vita sentimentale di Nick (probabilmente per preparare nuovi scenari per la prossima stagione). E, contemporaneamente, ne tiene nascoste altre, proprio per preparare ad arte il twist ending finale. Che secondo noi pone in evidenza quello che davvero può essere il messaggio chiave di tutta la serie. E che la stagione 6, la stagione finale, dovrà finalmente far uscire con potenza.
Conclusioni
Come vi abbiamo raccontato nella recensione di The Handmaid's Tale 5, la serie si conferma una terribile doccia scozzese, un racconto che gioca a scottarci, a bruciarci continuamente, dopo che, per un attimo, ci eravamo sentiti rinfrescati, rinfrancati. Il finale di stagione, o meglio il sottofinale, ancora una volta, è struggente, straziante. E il finale vero e proprio è un twist ending beffardo, che prepara quello che sarà il tema della stagione finale.
Perché ci piace
- Il cambio di prospettiva, che ci mostra anche il Canada sotto una luce diversa.
- Il ribaltamento che rende, per una volta, gli americani come gli altri, i profughi, i mal sopportati.
- Il sottofinale struggente e il twist ending finale, che preparano una grande ultima stagione.
Cosa non va
- Vengono riportare in scena alcune storyline che erano state trascurate e ci sembrano secondarie.