Tra i film più amati dalla critica a Venezia 80, The Green Border (recensione) di Agnieszka Holland è una delle prime opere a raccontare la complessa situazione che, da anni, coinvolge il confine polacco. Profughi provenienti da diversi paesi cercano di arrivare in Europa passando da lì, ma poi vengono spediti in Bielorussia, il tutto in condizioni disumane.
In The Green Border la regista polacca sceglie di mostrare diversi punti di vista, quello dei rifugiati, dei volontari che cercano di salvarli e dei militari stanziati lungo il confine. Le abbiamo chiesto, proprio a Venezia 2023, perché per lei fosse così importante rappresentare tutte queste esperienze diverse: "Prima di tutto volevo dare voce a chi non ce l'ha, ovvero i rifugiati. Nel film ci sono una famiglia siriana e l'insegnante afgano. Nel mio paese, e nel resto d'Europa, vengono presentati come un pericolo senza volto. In Polonia, con la situazione politica corrente, sono stati trasformati in un'arma ibrida. Quindi volevo dare loro una voce umana, la voce dell'esperienza individuale. Emozioni umane".
Agnieszka Holland non dimentica però anche altre figure coinvolte: "E poi volevo dare voce anche agli attivisti politici: stanno facendo un lavoro incredibile. Sono così coraggiosi, perseveranti, ma sono trattati dai politici e forze militari con grande disprezzo. I loro sforzi sono considerati atti criminali, vengono ostacolati e sono da soli. Non sono sostenuti dall'opinione pubblica, perché le persone preferiscono non saperne nulla. E poi anche ai militari che sono sul confine: non possono dire quello che pensano, non possono parlare. Sono soldati e devono rimanere in silenzio mentre eseguono gli ordini. Non sono preparati per questa situazione: molti di loro, non tutti, sono persone comuni, buone, che si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Si trovano a dover fare scelte tragiche. Questa storia non è mai stata raccontata prima: la situazione è così complessa e poco nota, sono la prima persona a parlarne, che non potevo mostrarne solo una parte. Ho cercato di dare una visione più larga possibile della situazione".
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The Green Border di Agnieszka Holland e la responsabilità dell'Europa
Ls regista di The Green Border è molto dura con il governo polacco e con l'Europa, che ritiene in parte responsabile di questa tragedia, che si aggiunge ad altre da cui, evidentemente, non abbiamo imparato molto: "Questo male deriva tutto dai geni dell'autodistruzione e della crudeltà. Ci sono molti filosofi che si sono fatti questa domanda. Soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale. C'è chi ha studiato la colpa dei Tedeschi. Non c'è una spiegazione razionale. Spesso la crudeltà deriva da una situazione in cui confluiscono una crisi economica e la crescita dell'identità nazionale, come successo per la Prima Guerra Mondiale".
"L'Europa oggi è come un club esclusivo con i confini chiusi. È diventata una specie di fortezza. Viviamo in un ambiente sicuro, pensando che non possa essere in pericolo. E non vogliamo dividerlo con altri, non vogliamo far entrare altre persone. Non abbiamo paura di loro, ma di noi stessi. Perché non vogliamo cambiare. In qualche modo il bene e il male sono dentro ciascuno di noi, tutto dipende da chi alimenti: le autorità, i governi e la Chiesa hanno aspetti positivi e negativi. Oggi la politica sta dando maggiore spazio al suo lato più oscuro: si punta sempre di più sul machismo, perché attecchisce più in fretta. Se cominci a nutrirlo cresce. Pensiamo di poterlo controllare, ma non è così. A un certo punto supera le nostre aspettative. L'Europa si sta trasformando in un'associazione di assassini: non siamo così lontani dai crimini contro l'umanità".
The Green Border: il bianco e nero
Holland ha scelto per The Green Border il bianco e nero. Utilizzato da moltissimi registi presenti in concorso a Venezia 2023. Per quanto riguarda la sua opera ci ha spiegato perché ha preso questa decisione: "Il bianco e nero ha l'urgenza del documentario e allo stesso tempo è la più semplice delle metafore. Sono cresciuta guardando film in bianco e nero, sono convinta che quella sia stata l'epoca migliore per l'arte cinematografica. Dato l'argomento trattato, credo che sarebbe stato più efficace raccontarlo in bianco e nero".