Scarcerato da pochi giorni, Cary Agos deve riferire a un'agente supervisore sulla sua "buona condotta" per rimanere in libertà prima del processo; la donna intende sentire anche Alicia e Diane per verificare la situazione. Nel frattempo, la Florrick, Agos & Lockhart deve seguire il caso di un potente imprenditore agricolo che ha denunciato un vicino per appropriazione di semi OGM sotto brevetto; ma le parti in causa, di fronte alla violenza della battaglia in tribunale, chiedono di ricorrere all'arbitrariato religioso.
Nel frattempo, la situazione di Cary rischia di precipitare nuovamente a causa di un incontro tra Kalinda Sharma e l'informatore della polizia che era al servizio del boss malavitoso Lemond Bishop, e che ha fatto perdere le sue tracce, privando l'impianto accusatorio di Finn Polmar del suo strumento principale. Il procuratore James Castro, frattanto, decide di affrontare quella che crede sarà la sua rivale alle imminenti elezioni: la sua sciocca mossa è forse l'ultimo elemento necessario a convincere Alicia a sfidarlo davvero nella corsa all'incarico.
Perché è un bravo ragazzo
Uno degli elementi più interessanti di questo Dear God è il modo in cui sono gestite le conversazioni tra Cary, Alicia e Diane e il supervisore di Cary, ovvero l'agente Judy Grubick (Linda Lavin), che ha il potere di revocargli la cauzione rispedendolo in carcere in attesa del processo, oltre che quello di fare perdere un sacco di tempo ai nostri amabili ma impegnatissimi avvocati.
Oltre a preparare un piacevole twist per la storyline relativa a Cary e alla sua complessa vicenda legale, queste scene servono da veicolo per una serie di mini-flashback (o meglio, memory pops, nello stile di Michelle e Robert King) che arricchiscono l'episodio sia dal punto di vista narrativo che da quello emotivo: dai bollenti "festeggiamenti" per la scarcerazione tra Cary e Kalinda, al disagio di Cary dopo l'ingresso di Diane nella ex Florrick/ Agos, ai piccoli sotterfugi, le innocenti bugie, e i trascurabili tradimenti che complicano i rapporti tra tre personaggi che al momento dovrebbero essere uniti da un'alleanza inossidabile.
Anche in Dear God, i memory pops non sono mai manierismo stilistico, ma servono ad approfondire, in maniera estremamente efficace e intima, l'umore e i pensieri del personaggio a cui si accompagnano; e gli autori di The Good Wife continuano a usarli con giudizio e parsimonia, anche quando sono ad alto potenziale hot, come quelli della notte d'amore tra Cary e Kalinda: un'intera scena in apertura sarebbe stata forse più eccitante di questi deliziosi, intriganti momenti rubati?
I semi del Signore
Anche il case-of-the-week, questa settimana, è fonte di grande divertimento, e anche piuttosto originale nelle premesse. Il rapporto tra i due avversari, due uomini "di campagna", poco avvezzi ai ritmi e alla brutalità urbana, è ben tratteggiato con pochissimo sforzo, e il problema di diritto per l'utilizzo di semenze brevettate in agricoltura è più interessante di quello che può sembrare sulla carta. Inoltre la contesa ci conduce, per volere degli assistiti, lontano dalla solita corte, e precisamente in una chiesa, per una procedura di arbitrariato cristiano.
Cambiare brevemente scenario e prassi fa sempre bene al nostro show, e per di più qui diventa l'occasione per ritrovare il volto bonario e l'ironia di Robert Sean Leonard, nei panni dell'accomodante religioso che ascolta le ragioni dei contendenti e dei loro bellicosi legali, i quali sciorinano, a suo uso e consumo, più di un criptico versetto dai testi sacri (e Alicia va a lezione di studi biblici da sua figlia Grace, che rivediamo con piacere). C'è anche tempo, nonostante i ritmi serratissimi di The Good Wife, per dare spazio a riflessioni sulle convinzioni religiose, e a un interludio in cui Alicia e Dean, il più prominente tra i fuoriusciti della LG dopo Diane, imparano a conoscersi meglio.
Non credo di essere geneticamente capace di credere in Dio.
Se lo dice Gloria Steinem
Ma ovviamente la novità più importante della quale Dear God è latore per quanto riguarda Alicia non è l'attestazione del suo ateismo, ma il passaggio dalle tre parole "I'm not running", ribadite fino allo sfinimento in questi tre primi episodi della sesta stagione, alle tre parole "If I ran..."
Non siamo per nulla sorpresi, era anzi prevedibile che Alicia finisse per stare al gioco di Eli, ma è apprezzabile come lo show abbia sapientemente accumulato le ragioni per cui la nostra eroina si convince a una mossa così rischiosa per la sua carriera e la sua immagine. Alicia sapeva già di avere una reputazione vincente tra gli elettori, grazie ai suoi trascorsi da "brava moglie"; sapeva già di avere buone possibilità di vincere, e anche di avere le capacità per affrontare sia James Castro che il possibile incarico. Ma non era interessata a mettersi alla prova, non con la carriera politica. A farle cambiare idea, un rapidissimo, magico cameo di Gloria Steinem (il cui passaggio sul set ha fatto tremare le ginocchia alla stessa Julianna Margulies), che riesce, con tre battute, a solleticare il suo ego e a responsabilizzarla sulla necessità, per una donna forte e preparata, di scendere nell'arena. Mentre Alicia rimugina, fantasticando sull'investitura ricevuta dalla grande giornalista e attivista, arriva Castro che pensa bene di firmare la propria condanna a morte - beh, morte politica - accusando Alicia di avercela con lui per la morte di Will Gardner, il suo amante (una chiara minaccia sulle rivelazioni che il procuratore in carica potrebbe fare sul suo conto). Talmente vile è questa uscita che Alicia si decide finalmente a obliterare il ridicolo invertebrato, anche se questo significherà inevitabilmente creare attriti con Cary e Diane.
Prepariamoci ad una nuova campagna elettorale, dunque, come non ne abbiamo mai viste in The Good Wife: stavolta Alicia è al centro dell'azione e non al fianco del candidato, pronta al test estremo del suo senso etico e morale, delle sue convinzioni e delle sue ambizioni. Sperando che resti, almeno all'inizio, al fianco dei suoi colleghi nello studio legale che ha fondato, siamo pronti a garantirle il nostro voto.
Conclusione
Un altro ottimo episodio per la sesta stagione del raffinato legal drama della CBS, più calibrato nel passo e geometrico nella struttura rispetto a The Line e a Trust Issues, ma ugualmente denso e appassionante, con il bonus aggiuntivo di un case of the week spassoso e dell'annuncio di un'imminente rivoluzione, preceduto dall'incedere della nostra Alicia verso l'ufficio di Eli Gold.
"If I ran, what's the plan?"
Movieplayer.it
4.0/5