La vita dello spettatore di The Good Wife è un po' come quella della sua protagonista. Impegnativa, frenetica, in perenne multitasking. Dopo una brevissima parentesi meditativa e luttuosa seguita alla morte di Will Gardner, l'eccellente quinta stagione del legal drama della CBS aveva ripreso ritmi forsennati, accavallando storyline su storyline, facendo riemergere elementi del passato, complicando incessantemente l'ordito delle sue trame e la condizione morale dei suoi protagonisti.
Era plausibile attendersi, dopo il turbinoso finale della scorsa stagione, che si chiudeva con la "proposta indecente" di Eli Gold ad Alicia di presentarsi alle elezioni come procuratore, una premiere del sesto ciclo di episodi più quietamente cadenzata, che ci permettesse di tirare le fila del racconto e di focalizzarci con calma sul nucleo narrativo della nuova stagione. Ma per Michelle King e Robert King, nell'introdurci a questa nuova fase delle vicende di Alicia Florrick e accoliti, l'unico modo per essere plausibili è essere fedeli alla natura della loro storia e ai ritmi della loro eroina.
Il plot
Alicia e Cary sono nel bel mezzo di una sfida sulla possibilità di "accogliere" Diane Lockhart nel loro nuovo studio legale; quando le due donne si incontrano per discutere le esigenze di Diane e la strategia per il futuro, però, Cary non si presenta. Il giovane, infatti, è stato arrestato con capi d'accusa ancora nebulosi: al nocciolo della faccenda, in ogni caso, c'è il cliente più "bollente" della Florrick/ Agos, il narcotrafficante Lemond Bishop. Nel frattempo, Eli, che ha in visita in ufficio la frizzante figlia Marissa, non si arrende al rifiuto di Alicia e lancia dei sondaggi preparatori sulle possibilità di vittoria di Alicia nella corsa al posto di procuratore.
Dall'altra parte
La cosa più piacevole di The Line è il fatto che riporta al centro della scena Cary Agos, un supporting player di assoluto valore un po' trascurato e mortificato nella pirotecnica quinta stagione di The Good Wife. E come lo riporta in scena, vogliamo parlarne? La scena dell'arresto di Cary toglie letteralmente il fiato, con due pistole che entrano in campo tutto a un tratto e braccia rudi che trascinano il nostro incredulo eroe. Forse per la prima volta nell'intero corso dello show, The Good Wife ci porta davvero dall'altra parte della linea, lontano dagli uffici lindi degli studi legali, dai ristoranti eleganti dove si discute di potere e compromessi, e dagli appartamemeti della upper class di Chicago. Con incredibile rapidità e durezza, Cary finisce tra i ladri e i truffatori, tra gli spacciatori e i violenti, maltrattato e vilipeso, alleggerito del cellulare e del'orologio - privato quindi di tutto ciò che rappresenta la sua professionalità - tranne che della sua mente e della sua competenza che gli permettono di aiutare Alicia a organizzare la sua difesa e a destreggiarsi in una contingenza che può costargli ancora più cara grazie all'incresciosa liaison con il boss malavitoso Lemond Bishop.
Matt Czuchry è davvero notevole nel manifestare lo spaesamento, la sorpresa, il disagio fisico e il terrore di Cary, ma anche la tempra che gli permette di mantenere il sangue freddo in una situazione kafkiana che è difficile anche solo immaginare; ma lo show, da par suo, lascia apertissima la possibilità che Cary sia effettivamente colpevole, che si sia davvero reso complice di Bishop con un consiglio su come gestire la consegna di una ingente partita di eroina. Ma come con lo stesso Bishop, Alicia e Diane - due donne di principi - fanno il loro lavoro, non dimostrare la verità, ma dipingerne la versione più conveniente al loro cliente: c'è poco spazio, in un episodio dal ritmo così sostenuto, per riflettere sulle implicazioni morali del mestiere dei nostri protagonisti, ma non per questo lo show evita il problema. Anzi, ogni volta che appare Bishop, il problema sembra farsi più ingombrante.
Eli, le elezioni e la stagista hot
Per quanto sia appassionante la storyline - lasciata in sospeso da The Line - che ruota attorno all'arresto e all'imputazione di Cary, l'altra linea narrativa, decisamente meno drammatica, ma non per questo meno fruttifera, certamente non annoia e non ci fa rimpiangere i minuti che trascorriamo negli uffici del Governatore al fianco di Eli Gold e, in questa occasione, della sua simpatica progenie. Il disegno di Eli è quello di ottenere un alleato prezioso per convincere Alicia a proporsi come procuratore: Peter Florrick. Nel frattempo, deve anche affrontare una nuova minaccia all'integrità già traballante del Governatore dell'Illinois, una graziosa stagista che ha il vezzo di non portare le mutande. Peter capitola (con Eli, non con la signorina disinibita) e adesso Alicia dovrà vedersela anche con lui e con una possibile svolta nella sua carriera che rischia di dare più di uno scossone (ancora!) all'impianto di The Good Wife.
Conclusioni
Non ci si annoia mai con Alicia Florrick, e i King non sembrano avere intenzione di tirare i remi in barca per questa sesta stagione appena avviata: subito sorprese, nuovi sconvolgimenti, e la prospettiva di un cambiamento radicale. Niente male davvero, anche dal punto di vista dei ratings: The Line è stato visto da 11 milioni di spettatori, il miglior risultato da tre anni a questa parte. In fatto di episodi inaugurali, solo le premiere delle prime due stagioni avevano fatto meglio.
Movieplayer.it
3.5/5