Che cosa hanno in comune Anita Ekberg e Monica Bellucci? Alta, glaciale, nordica la prima, morbida, dolce, mediterranea la seconda. Eppure, nella recensione di The Girl In The Fountain, il film documentario di Antongiulio Panizzi presentato al Torino Film Festival e in uscita evento al cinema il 1 e 2 dicembre, vi raccontiamo perché queste due attrici siano state accostate. Nel film si parla sì della diva svedese resa immortale da Federico Fellini ne La dolce vita (come avrete capito il titolo, la ragazza nella fontana, allude proprio alla famosa scena), ma soprattutto del rapporto tra una diva e la sua immagine, tra la vita pubblica e la vita privata. Qualcosa che Monica Bellucci conosce bene e può raccontarci. E qualcosa che, nel caso di Anita Ekberg, si è andato pericolosamente confondendo nel corso degli anni. The Girl In The Fountain è un documentario molto interessante. Da vedere per chi ama Fellini e La Dolce Vita, gli anni della Hollywood sul Tevere, ma non solo. È consigliato a chi ama il cinema, perché ci racconta i meccanismi del divismo.
Monica Bellucci: "Tolgo i tacchi e passo inosservata..."
Monica Bellucci racconta di essere sul punto di girare un film su Anita Ekberg. E, lungo tutto il corso del film, pare prepararsi davvero a un biopic, con prove di recitazione, lavoro sui gesti, prove costume e brevi provini con gli altri attori. In realtà il film sulla Ekberg che sta provando è quello che vediamo, e Monica Bellucci è un espediente per tirarci dentro la storia, per svelare punti di forza e fragilità di un'attrice che potrebbero essere quelli di tante altre. Monica Bellucci così è il nostro anfitrione. La vedremo riprodurre certi gesti, come quello di aprire un mantello in una famosa pubblicità della birra con Fred Buscaglione. O riprovare, con le mani, a fare dei movimenti che svelano il suo nervosismo, come in una famosa intervista. Ci fa sorridere, Monica Bellucci, quando, durante una prova d'abito, ammette di essere così diversa da Anita. "Io sono morettina, ho i capelli corti, tolgo i tacchi e passo inosservata". Inosservata Monica Bellucci, certo. Ma, quando lo dice, è sincera, e fa tenerezza.
The Girl in the Fountain, Monica Bellucci e il regista: "Anita Ekberg è un simbolo forte"
La voce di Anita Ekberg e quelle di Lucherini, Giusti, Masenza
Anita Ekberg viene raccontata dalla sua stessa voce, in tante interviste di repertorio, e da quella di tanti addetti ai lavori che in qualche modo hanno vissuto il suo mito, dal press agent Enrico Lucherini (il suo storico socio, Gianluca Pignatelli, compare invece durante un servizio fotografico di Monica Bellucci) a Marco Giusti e Claudio Masenza, storici giornalisti cinematografici. Peccato solamente che, mentre la loro voce fuori campo commenta le immagini della Ekberg, non appaiano delle scritte per unire i loro nomi alle voci e comprendere meglio chi sta parlando.
Anita Ekberg: negli Stati Uniti ancora minorenne
Anita Ekberg, svedese, era arrivata negli Stati Uniti ancora minorenne, senza sapere una parola d'inglese. E senza aver mai recitato. Le chiamavano starlet, erano le attrici che si facevano notare ma non avevano ancora avuto un ruolo da protagonista. Anita finisce spesso per interpretare se stessa, a riprodurre di continuo l'idea, l'immagine che l'opinione pubblica si era fatta su di lei, quella di una preda sessuale.
Il problema è quando Marilyn Monroe crede davvero di essere Marilyn Monroe
Sì, la chiave della storia di Anita Ekberg, e di The Girl in the Fountain, è proprio questa, ed è Monica Bellucci a spiegarla bene davanti a una platea di studenti universitari. Il centro del film è la distinzione che, nella vita di ogni artista, esiste tra la propria immagine e la realtà. Ogni artista deve saper dividere le due cose. Ma il problema è quando Marilyn Monroe crede davvero di essere Marilyn Monroe. Ecco, immagine e realtà si sono confuse spesso nella vita di Anita Ekberg. "Ogni attrice ha dentro di sé delle fate, e quando viene scelta per un ruolo tira fuori una di loro". È una bellissima definizione del lavoro di attrice, che Monica Bellucci racconta agli studenti.
Hai fatto i compiti?
Aver scelto Monica Bellucci per raccontare Anita Ekberg può sembrare una scelta curiosa. Eppure chi meglio di lei può raccontarci cosa voglia dire essere diva, cosa significa avere un'immagine ingombrante e un'attenzione mediatica costante? Una delle scene più belle di The Girl In The Fountain non ha a che fare con Anita Ekberg, ma proprio con la vita di Monica Bellucci. È la scena in cui, rientrata da un viaggio, entra in macchina, si toglie le ciglia finte dagli occhi e il rossetto dalle labbra e chiama la sua bambina per sapere se ha fatto i compiti. In un'altra scena - costruita ma verosimile - ripresa da un obiettivo che evoca quello di una macchina fotografica, dice a un ex compagno "ci sono i paparazzi, se ci vedono pensano che siamo tornati insieme e non voglio". Come detto, non è una scena vera, ma serve, ancora una volta, per centrare il punto della questione
Con arco e frecce contro i paparazzi
E ancora una volta così si viaggia dal presente al passato, da Monica ad Anita, dal film alla realtà. Perché Anita Ekberg i paparazzi li aveva sempre intorno, a Via Veneto ma anche davanti alla sua casa. Tanto che, una volta, uscì con arco e frecce e li cacciò in questo modo, finendo anche per ferire uno di loro. Anita Ekberg non nascondeva il fatto di andare a letto con gli uomini. Anche se, sentiamo dire nel documentario, non veniva mai usata, ma casomai era lei che li usava. Certo, sono definizioni da prendere con le pinze. Ma le cronache rosa si sono nutrite dei suoi amori con Tyrone Power, Frank Sinatra, Walter Chiari, Giovanni Agnelli (mai reso ufficiale, essendo sposato). E dei suoi matrimoni, sfortunati, con Anthony Steel e Rik Van Nutter (il Felix Leiter in Agente 007 - Thunderball: Operazione tuono). "Se avessi scelto l'uomo giusto avremmo potuto invecchiare insieme, e sarebbe stato meraviglioso" dice, con rimpianto, in un'intervista.
Fellini ammazza Anita Ekberg
Riconosciamo la voce di Marco Giusti, che, quasi verso la fine del film, fa un'affermazione piuttosto dura, ma che racchiude il senso del film. "Fellini ammazza Anita Ekberg". Perché il regista l'ha fatta diventare icona, immortale, storia del cinema in quel suo bagno in abito nero scollato nella Fontana di Trevi de La dolce vita, nel suo "Marcello, come here". E anche con Boccaccio '70, dove scherza con il suo corpo - un corpo che diventa davvero gigante - e con quella pubblicità "bevete più latte", altra scena iconica, anche se non al pari de La dolce vita. Per tutti Anita Ekberg era quello, "Anitona", la ragazza della Dolce Vita. Non riuscirà più a separarsi da quel personaggio, che diventerà una prigione. E, ci fa notare Giusti, non riesce più a trovare ruoli adatti e, pur di lavorare, negli anni Ottanta accetta parti in film al limite del trash.
Il segreto? Una grande voglia di vivere
Ci piace chiudere con due momenti che, più degli altri, ci sono rimasti impressi. Quando si parla del ruolo de La dolce vita come prigione, a Monica Bellucci viene chiesto se si sia mai sentita in una prigione. L'attrice italiana esita un attimo, fa un movimento inconfondibile con gli occhi verso l'alto, e accenna un lieve, malinconico sorriso. Che dice più di mille risposte. Dice tutto chiaramente, invece, Anita Ekberg quando risponde alla domanda, fatta in un'intervista alla tv italiana, su quale fosse il suo segreto. "Una grande voglia di vivere".
Conclusioni
Nella recensione di The Girl In The Fountain vi abbiamo parlato di un documentario molto interessante. Da vedere per chi ama Fellini e La Dolce Vita, Anita Ekberg, gli anni della Hollywood sul Tevere, ma non solo. È consigliato a chi ama il cinema, perché ci racconta i meccanismi del divismo.
Perché ci piace
- Il tema centrale del film, il rapporto tra una diva e la sua immagine, tra finzione e realtà.
- L'idea di coinvolgere Monica Bellucci, che ci fa vivere il suo punto di vista sulla storia della Ekberg.
- I racconti e le opinioni di esperti come Enrico Lucherini, Marco Giusti, Claudio Masenza...
Cosa non va
- ... peccato solo che non ci siano le scritte in modo che si possa associare ogni voce a chi parla.