The Founder: il cuore nero di Ronald McDonald

Dopo Tom Hanks nei panni di Walt Disney, John Lee Hancock dirige Michael Keaton nel ruolo di un'altra grande leggenda americana dalla doppia valenza.

The Founder: Nick Offerman e John Carroll Lynch in una scena del film
The Founder: Nick Offerman e John Carroll Lynch in una scena del film

Nel mondo esistono oltre 35.000 ristoranti McDonalds. In ciascuno di essi viene servito il Big Mac: la formula della somministrazione è sempre la stessa, gli elementi della comunicazione sono riconoscibili, gli ingredienti e la percezione del prodotto da parte del cliente sono di base i medesimi. Probabilmente la maggior parte dei clienti di McDonald's nel mondo non si è mai chiesto chi ha fondato questo impero. Magari qualcuno pensa che davvero esista Ronald McDonald, e che sia un rubicondo statunitense medio che ha poi ispirato quell'inquietante pagliaccio (quale mente perversa ha potuto pensare che attirasse i bambini anziché spaventarli?), oppure che ci sia una perfida e oscura multinazionale alla base di tutto questo. Invece basterebbe fare un giro su Wikipedia per sapere che a costruire questo impero fu un uomo solo.

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Due fratelli fregati: la storia alla base di The Founder

Ray Kroc. Un nome a cui non daresti credito nemmeno se tentasse di venderti un frullatore. Per l'appunto. Perché fu vendendo milk shaker che Kroc incappò nei fratelli Dick e Mac McDonald nel 1954. I drive in erano diventati trappole malfrequentate, dove si mangiava male e con tempi inaccettabili per il consumismo che stava avanzando, dove i motociclisti infastidivano ragazzine e donne con figli, dove i teppistelli si incontravano per bere, fumare e far danno. I fratelli McDonald avevano inventato un sistema di ristorazione walk through, senza stoviglie da lavare e senza camerieri, avevano azzerato gli sprechi ottimizzando l'offerta ed esaltando la qualità del prodotto. Kroc ne fu affascinato, volle entrarci e inventò il franchising che poi sarebbe diventato il suo personale impero immobiliare. Da autentico squalo ante litteram, ben prima di quelli di Wall Street, snaturò McDonalds, ottimizzò il guadagno e si prese tutto, anche il nome. La genuinità delle sue intenzioni fu pari a quella del cibo che oggi viene servito nei fast food della catena più grande al mondo.

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Michael Keaton - o l'imprevedibile virtù della perseveranza

The Founder: Michael Keaton in un momento del film
The Founder: Michael Keaton in un momento del film

Per anni la gente ha ignorato quale grande attore fosse Michael Keaton. Comico fracassone, Batman osteggiato in quanto "non abbastanza sexy", poi il semi-oblio. Fino a Birdman, che lo ha riportato all'attenzione di tutti e ha fatto svegliare persino i più scettici. Lo scorso anno con Il caso Spotlight ha bissato il numero di testate che hanno parlato di lui e quest'anno si accinge a fare altrettanto. Con quel suo sguardo tondo, la bocca carnosa semiaperta e l'espressione curiosa è un Kroc perfetto. Imbruttito dal trucco che simula un'abbronzatura da decappottabile e la pettinatura che non gli dona, fa lo stesso lavoro di aderenza al personaggio che ha svolto per Robby Robinson. E poco conta che questo personaggio sia tutt'altro che positivo. Keaton è il protagonista assoluto, presente in quasi tutte le scene. È il cuore malvagio di questa storia e di questa pellicola, che procede con pochi giudizi. Ha perseverato, il buon Michael, e adesso si gode un successo meritato che lo annovera finalmente tra i grandi attori.

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The Founder: Michael Keaton in una scena del film
The Founder: Michael Keaton in una scena del film

Una storia americana

The Founder: Laura Dern e Michael Keaton in una scena del film
The Founder: Laura Dern e Michael Keaton in una scena del film

The Founder è il sogno americano. Quello di un uomo che, con il solo suo ingegno, senza nemmeno titoli di studio o grandi meriti, ha fondato un impero ed è diventato ricchissimo. Ray Kroc incarna la promessa stessa che gli Stati Uniti hanno sempre fatto a ogni cittadino. E poco contano i mezzi, se giustificati dal fine. Certo, la schiettezza del racconto, il personaggio marginale eppure ben definito di Laura Dern, i due fratelli McDonald fanno da contraltare al racconto, e il giudizio che si lascia allo spettatore non è nemmeno troppo celato nel suo essere indotto. Non è necessario arrabbiarsi o fare iperboli come in Super Size Me: di motivi per essere coscienti che mangiando al McDonald's si sostiene una multinazionale corrotta ce ne sono innumerevoli, senza nemmeno bisogno di scomodarsi a contare le calorie, la quantità di grassi saturi e l'elenco dei lavoratori sfruttati. Basta prendere i caramellosi colori degli anni Cinquanta, con le acconciature, le auto, le musiche che hanno fatto grandi gli Happy Days, e riportarli fedelmente, per mostrarne tutta la darkness, il rovescio della medaglia, per dichiarare senza slogan né prese di posizione come il capitalismo abbia posato le sue peggiori basi proprio in quegli anni, e di come ne siamo figli noi, ancora oggi. E questa volta lo sguardo di John Lee Hancock non è bonario, poiché non c'è nessun Mr. Banks da salvare.

Movieplayer.it

3.0/5