Le prime due stagioni di The Flash si erano distinte, nel panorama sempre più saturo di serial supereroistici, per il loro tono pittoresco e goliardico: i creatori Greg Berlanti, Andrew Kreisberg e Geoff Johns erano riusciti a trovare un equilibrio pressoché perfetto tra commedia e azione, delineando in modo preciso e puntuale i personaggi, le loro interazioni e le crisi che dovevano affrontare. In questa maniera, The Flash si era ritagliato uno spazio tutto suo nel panorama dell'emittente The CW, dando il via a un un universo televisivo in cui, fino a quel momento, esisteva soltanto Arrow, di fatto progenitore - a tutti gli effetti - delle avventure del Velocista Scarlatto.
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A un certo punto, però, qualcosa è cambiato, e negli ultimi due anni The Flash ha perso nettamente quella verve che lo caratterizzava, diventando soltanto l'ennesima serie TV sui supereroi con super problemi. I drammi personali si sono moltiplicati, le relazioni si fanno e si sfasciano nel giro di poche puntate, alcune sottotrame vengono accantonate per lunghi periodi o prolungate allo sfinimento. È come se gli sceneggiatori non sapessero come scandire la storia nell'arco di una ventina di episodi e conducano la baracca a tentativi. Da una parte è comprensibile, perché parliamo di un eroe che può spostarsi a velocità impossibili e che è virtualmente capace di sconfiggere qualunque nemico senza faticare: in questo senso, trovare un avversario all'altezza di Flash diventa più difficile ogni stagione che passa.
E certo non si possono sfornare velocisti come lui ogni anno, perché poi la questione diventa ridondante. Quest'anno, per esempio, si è deciso di mettere da parte i due alleati più potenti di Flash: Wally West (Keiynan Lonsdale) e Jesse Wells (Violett Beane). Sarebbe stato impossibile inventarsi una sfida che tre eroi super veloci non potessero affrontare, così gli sceneggiatori se ne sono sbarazzati nell'arco di qualche episodio, spostando Kid Flash nel cast di Legends of Tomorrow e Jesse Quick in una dimensione alternativa senza Flash. E qui casca l'asino, perché anche questa decisione ha contribuito a riempire di voragini narrative la quarta annata della serie, facendola diventare sempre più improbabile e paradossale.
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Il nemico più potente
The Flash è diventata una serie sempre più frustrante da seguire anche perché i poteri del protagonista Barry Allen (Grant Gustin) faticano a trovare una precisa consistenza. Flash può correre alla velocità del pensiero, può viaggiare nel tempo, generare tsunami, aprire buchi neri... eppure in alcune puntate fatica a inseguire le auto dei rapinatori o a schivare i pugni dei suoi nemici. Da questo punto di vista, è chiaro che ogni minaccia appaia esageratamente forzata, così quando quest'anno i creatori hanno pescato il Pensatore nel variopinto Universo DC, abbiamo sperato che Clifford DeVoe (Neil Sandilands) avrebbe dato a Flash maggior filo da torcere su un campo di battaglia completamente diverso.
È andata proprio così, ma il conflitto ha essenzialmente monopolizzato l'intera annata senza dare un attimo di tregua ai nostri eroi dello StarLabs. Sì, gli eroi dimostrano di che pasta sono fatti nei momenti più difficili, ma la quarta stagione di Flash ha lasciato ben poco spazio alle vittorie, catapultando i protagonisti in un susseguirsi di sconfitte che, a un certo punto, ci hanno persino smesso di stupire. I problemi individuali del cast, peraltro, non hanno contribuito granché a risollevare l'atmosfera: Cisco (Carlos Valdes) alla fine ha lasciato Gipsy (Jessica Camacho) e Caitlin (Danielle Panabaker) ha perduto la personalità di Killer Frost proprio quando aveva finalmente cominciato ad accettarla. Harry Wells (Tom Cavanagh) è stato forse il personaggio più sacrificato: avendo esaurito il suo scopo, ha fatto soltanto da voce della ragione fino a rendersi conto che bisogna dare spazio anche ai sentimenti, una morale stucchevole che ha motivato il suo addio al Team Flash... tanto c'è sempre un'altra versione alternativa dietro l'angolo da reclutare.
Le buone idee quest'anno ci sono state, ma si sono consumate nel giro di poche settimane. Il periodo in gattabuia di Barry, per esempio, o l'arco narrativo con protagonista Ralph Dibny (Hartley Sawyer) nel ruolo di spalla comica e tormentata al tempo stesso. Su queste sottotrame incombeva sempre l'ombra del Pensatore che, alla fine, ha perso ogni profondità, nonostante l'ottimo inizio, per diventare un villain megalomane come ce ne sono tanti. La sua sconfitta nell'ultimo episodio, e per il rotto della cuffia, ci è sembrata regalata, tutt'altro che guadagnata. Flash affronta DeVoe nella sua stessa mente - prevedibile fin dal momento in cui Cecile (Danielle Nicolet) ha acquisito i suoi poteri telepatici - e lo combatte insieme a Ralph in una scena che rievoca lo scontro con l'Agente Smith in Matrix Reloaded, sfortunatamente non in senso buono. Uno scontro finale a dir poco deludente, specialmente se si considera il livello di onnipotenza raggiunto da DeVoe dopo aver assorbito i poteri di numerosi meta-umani: anche questa volta si è ridotto tutto a una scazzottata.
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Verso il quinto anno
Tutto è bene quel che finisce bene, una volta tanto senza un cliffhanger strappalacrime: Joe (Jesse L. Martin) è di nuovo papà, Iris (Candice Patton) ha ritrovato la voglia di scrivere, il mondo non è regredito intellettualmente e Ralph è tornato in squadra. Nessuna vittima importante, nessun sacrificio per il bene superiore. È come se questa stagione non sia neppure trascorsa. Un nuovo arrivo, però, è destinato a scuotere lo status quo del Team Flash: Nora (Jessica Parker) arriva dal futuro ed è la figlia di Barry e Iris, ma per sapere cosa ci faccia nel nostro presente, e quale sia il grave errore che ha commesso, dovremo aspettare il prossimo autunno.
La critica e il pubblico non hanno risposto con grande entusiasmo a questa stagione così inconsistente, perciò possiamo solo sperare che gli sceneggiatori aggiustino il tiro il prossimo anno, facendo tornare The Flash a essere una serie divertente e avvincente, piuttosto che una brutta copia di Arrow. Questa quarta stagione, al di là di tutti i suoi problemi, ha dimostrato ancora una volta la versatilità di un cast che, stranamente, riesce a dare il meglio in situazioni più rilassate e divertenti: sarebbe veramente un peccato proseguire su questa rotta, troppo pesante anche e soprattutto per chi cerca un'oretta di svago per distrarsi dal trantran quotidiano.
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2.0/5