Era il 1997 ed in Italia, grazie a Panini Comics, arrivava uno dei manga sportivi più divertenti e intensi di sempre: Slam Dunk. Ben fermo nella mente di chi scrive anche il ricordo dell'anime che approdò sui nostri schermi qualche anno più tardi, grazie all'Anime Night di MTV e che per merito di questo (all'epoca) popolarissimo spazio televisivo, raggiunse definitivamente il cuore di tantissimi appassionati. L'hype per The First Slam Dunk era quindi alle stelle, da anni si aspettava un lungometraggio che adattasse l'ultima parte del fumetto, mai trasposta in anime fino ad ora; capitoli intensi che meritavano particolare attenzione e ai quali l'autore Takehiko Inoue ha sempre dimostrato di tenere molto.
Lui è infatti il regista di questo film, la cui pre-produzione si è rivelata nel corso degli anni piuttosto travagliata e ricca di prototipi scartati, lavori in cui si era alla ricerca della tecnica più idonea, che permettesse la miglior resa possibile, coerente e fedele con l'idea e l'opera di Inoue. Non staremo quindi a girarci troppo intorno: dopo una lunga attesa possiamo affermare che l'operazione risulta pienamente riuscita e in questa recensione di The First Slam Dunk vi spiegheremo esattamente perché, secondo noi, il lungometraggio animato ora al cinema, il 10 maggio in lingua originale con sottotitoli e dall'11 al 17 con doppiaggio, è uno dei miglior adattamenti mai prodotti, un'opera che coniuga qualità tecnica e narrativa senza mai tradire il manga da cui è tratta.
Una trama che adatta le ultime battute del manga
Proprio perché il film d'animazione racconta su schermo i capitoli finali del fumetto non scenderemo troppo nei dettagli con la trama. Gli eventi a cui si assiste sono quelli che intercorrono durante la partita del campionato nazionale interscolastico nella quale lo Shohoku si misura con i campioni del Sannoh, squadra tra le più forti del Giappone. All'inizio tutti danno i protagonisti per sfavoriti, ma la loro voglia di vincere e determinazione renderanno lo scontro incredibilmente avvincente, un match in grado di infervorare il pubblico della manifestazione così come noi spettatori in sala. La differenza sostanziale rispetto alla controparte cartacea, però, è che qui viviamo la maggior parte delle azioni non dal punto di vista del folle Hanamichi Sakuragi, ma da quello di Ryota Miyagi, playmaker della squadra, per il quale il basket è qualcosa di più che un semplice gioco.
The First Slam Dunk: tutto quello che c'è da sapere sul film
Il basket, uno dei protagonisti
Nei 124 minuti a sua disposizione il film adatta l'intera partita tra lo Shohoku e il Sannoh: un match vivo, dinamico, che vi terrà incollati allo schermo per tutto il tempo, tifando per le folli e sgangherate canotte rosse, le stesse che avete conosciuto nel manga o nell'anime e che avete imparato ad amare in quanto personaggi tanto folli quanto vivi e tridimensionali. Grazie a loro, magari, vi siete appassionati al basket o, semplicemente, avete rivolto la vostra curiosità verso questo sport che qui è rappresentato al meglio. Ogni azione compiuta dai giocatori sullo schermo risulta estremamente credibile agli occhi di chi guarda: gli scontri fisici, i cambi di direzione, la fatica, il sudore, paiono reali e veritieri. Non sembra di vedere un match fittizio ma quello di atleti in carne ed ossa, con dinamiche spaventosamente aderenti alla realtà e l'aggiunta di un punto di vista più vicino ai giocatori, che vi catapulta al centro dell'azione empatizzando con ciascuno dei personaggi in gioco.
La presenza del dramma
Ed è proprio la resa dei personaggi a costituire il cuore pulsante del racconto. Le digressioni sul doloroso passato di Ryota, in particolare, non solo ci aiutano a comprendere maggiormente il talentuoso membro della squadra, ma regalano alla storia quel protagonista che nei classici spokon (manga a sfondo sportivo) ha il compito di veicolare l'idea dello sport come elemento salvifico e mezzo di crescita personale. Se nel manga e di conseguenza nell'anime, il protagonista indiscusso era il folle Hanamichi Sakuragi che con le sue gesta fuori dalle righe e la sua noncuranza alleggeriva il racconto costituendo l'elemento comico, qui attraverso la figura del playmaker della Shohoku sperimentiamo maggiormente l'elemento del dramma. I toni si fanno meno scanzonati, più solenni e finalmente Slam Dunk può mostrare appieno quelle che sembrano essere le vere intenzioni narrative di Takeiko Inoue.
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La lunga strada verso il film
L'autore ha dimostrato nel corso degli anni di tenere particolarmente a questa storia, la pre- produzione è stata lunghissima: nel 2003 un produttore della Toei Animation chiese a Inoue di adattare in un film la parte del racconto non presente nell'anime ma la proposta fu respinta e ripresa qualche anno dopo, quando un team guidato da Naoki Miyahara e Toshio Ohashi svilupparono un video prototipo utilizzando la 3DCG. Impiegarono cinque anni ma anche questo tentativo non andò a buon fine e fu seguito dal altre lavorazioni fino a che, nel 2014, il produttore della Toei, Toshiyuki Matsui, non ebbe l'idea di far sceneggiare e dirigere il film interamente all'autore, l'unico in grado di garantire una vera continuità stilistica sia nei dialoghi che nella resa generale della storia.
L'attesa è comunque valsa il risultato: tecnicamente impressionante, The First Slam Dunk mostra gli enormi passi avanti compiuti dall'animazione giapponese nel campo della CGI, in questo film sempre perfetta e a supporto dell'estrema dinamicità delle azioni di gioco. Insomma, il ritorno dell'epico spokon è un successo su tutti i fronti e siamo sicuri che questo lungometraggio possa accontentare tutti quei fan di Hanamichi, Ryota, Rukawa, Mitsui e Takenori che per più di venti anni anni hanno sperato di vederli ancora, magari sul grande schermo. Il film è comunque godibile anche da chi non conosce l'opera da cui è tratto, lo spettatore non appassionato potrà infatti intrattenersi con una combattuta e avvincente partita di basket.
Conclusioni
Per riassumere la nostra recensione di The First Slam Dunk possiamo affermare che il film, diretto dallo stesso Takehiko Inoue, autore del manga, adatta alla perfezione gli ultimi capitoli del fumetto. Nello scegliere il punto di vista di Ryota come guida alla narrazione, il regista predilige toni più solenni e drammatici per quella che è a tutti gli effetti la degna conclusione di una storia tanto amata. Ottimi anche gli aspetti tecnici: la 3DCG è impeccabile e si adatta perfettamente alla dinamicità delle azioni di gioco.
Perché ci piace
- La storia narrata da un punto di vista inedito.
- La scelta del cambio di un registro meno scanzonato e più drammatico.
- La 3DCG, perfetta per rendere la velocità e dinamicità delle azioni di gioco.
Cosa non va
- Facciamo fatica a trovare un difetto ad un film che potrebbe non piacere solo a chi non apprezza gli anime sportivi.