Presentato lo scorso settembre al prestigioso Toronto International Film Festival, il chiacchierato The End We Start From di Mahalia Belo sbarca ora in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023. L'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo post-apocalittico di Megan Hunter ha alle spalle BBC Films e la Sunny March di Benedict Cumberbatch, che oltre a ricoprire il ruolo di produttore si ritaglia anche una piccolissima ma strutturata parte nel cast del progetto.
Un film attuale e drammatico che attraverso il genere tenta di riflettere sulla preoccupante tematica del cambiamento climatico, sulla potenza genitrice ma anche distruttrice della natura, sull'imprevedibilità degli inizi e la prevedibilità della fine. Un titolo che si muove con raffinata circospezione attorno al survival sfruttando un approccio profondamente esistenzialista, sconfinando in diversi territori di genere e strizzando l'occhio a tanti cult differenti senza mai perdere la propria identità, chiara e rintracciabile, efficace persino quando tutto risulta fin troppo compassato o persino ridondante.
Il cerchio della vita
Protagonista della storia è una credibile ed emozionante Jodie Comer. Veste i panni di una giovane donna senza nome. L'anonimato non serve a cancellare l'identità del personaggio: il film vuole che in lei si identifichino invece più donne possibili. Soprattutto, vuole che la protagonista della Comer incarni l'essenza del dolore e del sacrificio di una madre. La ragazza è infatti incinta del compagno, R (Joel Fry), e il momento del parto è ormai prossimo (la scene iniziale è splendidamente minimalista e centrata). Sembrano una coppia tenera e affiatata, pronti a diventare genitori e condividere una vita insieme, se non fosse che proprio nel mentre di questa nuova nascita si abbatte sull'Inghilterra una terrificante serie di alluvioni che destabilizzano l'ordine pubblico e sociale, oltre a distruggere con la loro naturale potenza buona parte dei centri cittadini più grandi, Londra compresa. È il caos e chi può fugge nelle campagne, esattamente come la coppia di neo-genitori, che si rifugia in casa dei parenti di lui.
La speranza è quella di poter presto tornare alla normalità e crescere il bambino - Zeb - in felicità, ma comprendono molto presto che non sarà possibile ritornare alla vita precedente, non per come erano abituati a conoscerla. Inizia per loro un drammatico viaggio tra centri d'accoglienza, assalti notturni, separazioni e comunità "negazioniste" che spingerà in particolar modo la protagonista a dimostrare una forza che non credeva di avere ma anche un istinto materno e un bene genitoriale che, appena sbocciato, rischia di appassire tra le fondamenta di un mondo in rovina mentre dentro lei tutto grida "aiuto". Eppure resta, soffre e combatte. Nonostante tutto. Per Zeb e per la speranza che non proprio tutto sia perduto.
Katherine Waterston star di The End We Start From accanto a Jodie Comer
Primi passi
Dicevamo della profonda anima esistenzialista di The End We Start From. Seppure in modo circospetto, il lungometraggio della Belo - così come il romanzo originale - pone un forte accento sul cambiamento climatico e l'inadeguatezza dell'uomo davanti alla possibili ed eventuali crisi ecologiche che via via dovremmo affrontare sempre più frequentemente. È un dipinto vero e drammatico delle condizioni del mondo e delle conseguenze legate alla salute traballante della Terra, eppure in Jodie Comer è forte un sentimento di auto-determinazione, davanti a tante e differenti possibilità di realizzazione. È una distopia ambientalista ed esistenziale che strizza l'occhio a I figli degli uomini di Alfonso Cuarón ma anche a The Road di John Hillcoat, tentando però una riflessione totalmente differente sul valore della sopravvivenza e del ricordo.
La Comer regala un'interpretazione estremamente sentita e molto sfaccettata, comunque diretta con indubbia competenza dalla visione cinematografica di Mahalia Belo, che scava a fondo nelle ferite del passato della protagonista per dare senso al suo presente e farla conoscere a se stessa dopo anni veloci e dispersi, felici ma non così decifrabili. Brilla accanto a lei Katherine Waterston in uno dei ruoli più convincenti della sua carriera, un carattere amico e fratello, fragile ma onesto e fedele. Lei è O ed è una compagna di viaggio della Comer, anche lei madre, anche lei sola. Anche O è nella fine che può esserci invece un nuovo inizio. Non per forza guardando sempre e solo avanti ma affacciandosi persino sul passato, su ciò che è stato, per creare nuove fondamenta, più solide, più vere, consapevoli. Dalle macerie del cuore può rinascere un sentimento, da quelle del clima la volontà di difendere la nostra Terra, dalle macerie civili un futuro più umano. Serve credere in tutto questo, anche se difficile. Chiudere gli occhi, sperare, riaprirli e voltarsi indietro per andare oltre. Sono questi i primi passi per non tradire noi stessi e migliore il mondo.
Conclusioni
In conclusione, The End We Start From di Mahalia Belo si muove tra post-apocalisse climatica, dramma familiare ed esistenzialismo sociale per confezionare un titolo distopico, ecologista ed efficace sul valore rinnovatore delle crisi, contrapposto all'inadeguatezza umana nell'affrontare un'emergenza ambientale in grado di strappare via con forza anche le radici civili, sentimentali o morali più sedimentate e profonde.
Perché ci piace
- La magnifica interpretazione di Jodie Comer.
- La regia di Mahalia Belo.
- La riflessione ecologista che abbraccia quella esistenziale.
- Il magnifico finale.
Cosa non va
- Il ritmo del racconto risulta un po' compassato.
- Il genere risulta un mero pretesto.