Tra tutte le filmografie ipotizzabili per un autore che ha nel world building il suo principale talento cinematografico, quella di Gareth Edwards è in verità piuttosto particolare. Prima di The Creator (qui la nostra recensione) per trovare una sua pellicola originale bisogna tornare infatti addirittura a Monsters, il suo debutto risalente ormai a tredici anni fa, un interessantissimo titolo che già faceva intravedere una grande capacità di giocare con immaginari classici. Dopo questo film il regista britannico si è destreggiato con due franchise piuttosto importanti, per usare un eufemismo, accettando dunque il compito di reinventare e non inventare.
Trattasi del primo capitolo del nuovo corso statunitense di Godzilla, il più riuscito finora, e di Rogue One: A Star Wars Story, il titolo più celebrato negli ultimi anni della saga al cinema, sia da parte del pubblico che da parte della critica. Quest'ultimo lavoro in particolare ha restituito un autore con un'idea di cinema talmente forte da riuscire ad imporla in un universo difficile da toccare, sia per motivi storici che per interessi produttivi. Alla luce di tutto ciò non è peregrino affermare che l'eccezionalità del cineasta sta proprio nell'essersi conquistato la riconoscibilità di una firma personale nonostante una carriera del genere.
Capite bene quindi quanta attesa potesse nascere intorno alla notizia di una sua nuova pellicola originale, per di più accolta oltreoceano come uno dei migliori film fantascientifici degli ultimi anni. Fiducia in parte ben riposta, perché, al netto di diversi problemi sul piano della scrittura, The Creator è la sentenza sulla bontà delle capacità di Gareth Edwards in tema di creazione di universi, rielaborando i classici, sperimentando con l'effettistica e lavorando con tematiche contemporanee. Proviamo a capire da dove deriva questo suo nuovo mondo.
[ATTENZIONE! SEGUIRANNO SPOILER]
Akira, Star Wars e No Man's Sky
The Creator è un war movie sci-fi antimperialista (e non propriamente antiamericano, attenzione) che ridisegna una realtà post esplosione atomica pur non essendo una realtà post apocalittica. Guarda al futuro, ma comincia dal passato e decide per questo di trattare l'argomento IA, perfetto a livello concettuale perché al cinema, pur partendo da lontano, sta acquisendo oggi di nuovo sempre più importanza per cause legate alla realtà che viviamo ogni giorno. Questa scelta ha quindi consentito ad Edwards di poter riprendere un immaginario classico, evidentemente ispiratore del suo percorso artistico, e poterlo riaggiornare in maniera originale così da creare un qualcosa in grado di parlare di futuro.
The Creator: le aspettative sul film di Gareth Edwards
Nell'immaginare la parte estetica del suo universo il regista britannico ha pensato ad un mix tra l'aspetto naturale e quello tecnologico, in modo da creare un ecosistema in cui poter proporre una versione di robot che non solo si comportano come gli esseri umani, ma che si sentono proprio esseri umani (e il risultato è sorprendente in questo senso). Per farlo Edwards ha guardato a registi che del cinema della scoperta del reale e della natura ne hanno fatto un mantra, ripensando contemporaneamente il design delle macchine. In questo caso si autocita, riproponendo delle soluzioni presenti in Rogue One e in generale nella saga di Star Wars, soprattutto per i robot veri e propri (non gli ibridi, che sono più vicini ad Humandroid di Blomkamp se vogliamo), la stazione spaziale Nomad, i carri da guerra statunitensi e qualche elemento del territorio. Quest'ultimo si allaccia ad una concezione di landscape che sembra provenire da un illustratore svedese conosciuto nel mondo del piccolo schermo grazie a Tales from the Loop e nel mondo videoludico grazie a No Man's Sky, tale Simon Stålenhag (qui potete trovare il suo lavoro). Grazie alla commistione che porta nei paesaggi contemporanei, prettamente rurali, inserendo elementi fantascientifici (di solito enormi macchinari), l'artista è stato in grado di dar vita a creazioni color pastello dov'è possibile incontrare un immaginario in cui è presente la decadenza del mondo che conosciamo e la contemporanea nascita di uno nuovo.
Sebbene il centro nevralgico di The Creator sia la discussione sulla differenza tra Intelligenza Artificiale e umana, il motore della narrazione del film è la ricerca di un essere divino. Per crearlo Edwards si rifà alla figura di Akira (la prima immagine in cui compare il personaggio è molto evocativa), ribaltando però il senso con cui lo ideò Katsuhiro Ōtomo e ripensandolo secondo una connotazione più spielberghiana: la bambina orfana alla ricerca di mamma e papà che con la sua innocenza ha la capacità di fermare ogni tipo di guerra. Un'arma pacifista che è anche il bene più prezioso e fragile del mondo. Se vi serve un'altra prova pensate che la piccola si chiama "Alfie", nome con lo stesso numero di lettere di "Akira".
Terminator, Blade Runner e la guerra di domani
Il punto di vista con cui The Creator affronta l'argomento dell'IA permette degli spunti originali, ma, in fondo, parte da dei presupposti già visti e con delle origini facilmente rintracciabili nella storia del cinema. L'idea di una guerra del domani in cui l'uomo combatte con le macchine può facilmente far pensare a Matrix, ma quando si inserisce nella narrazione una riflessione che pone sotto la lente di ingrandimento il rapporto che ha l'uomo con queste sue creazioni, allora si passa a riferimenti molto più vicini ai cineasti cari a Gareth Edwards.
Partendo dal già citato Steven Spielberg, si può affermare che la figura di Alfie richiama in un certo senso dei tratti del coming of age di cui è protagonista David di A.I. - Intelligenza artificiale, anche se c'è forse qualcosa di più proveniente da E.T. - L'extraterrestre in questo film. Impossibile non pensare poi alla saga di Terminator, soprattutto il secondo capitolo, quando il T-800 interpretato da Arnold Schwarzenegger diventa la guardia del corpo del piccolo John, figlio della celeberrima Sarah Connor. Per la verità in The Creator troviamo anche una di quelle simpatiche sequenze pregne di "mascolino cameratismo" con protagonisti dei marines che potrebbero essere usciti da Aliens o Avatar, sempre per rimanere in tema James Cameron.
Steven Spielberg: i cinque film più commoventi della sua carriera
Un altro riferimento, il più evidente dal punto di vista della riflessione filosofica e "fantasociale" sul rapporto tra macchine e uomo è, senza dubbio, Blade Runner. In un certo senso Edwards arriva a riproporre un triangolo simile a quello che muoveva il fragile sequel del film di Ridley Scott, in modo da riuscire a trovare una parentela che fosse metafora efficace della vicinanza esistenziale tra quelle che, in fin dei conti, divengono due vere e proprie razze con rispettiva storia e dignità. Un elemento su cui The Creator poggia la sua intera riflessione, inserendo le basi per la questione più interessante che pone allo spettatore. La guerra del domani è un riflesso di quella del presente voluta dagli adulti, una generazione a cui il mondo non apparterrà più in futuro, ma che sta comunque rischiando di trasformare in vittime i propri figli, siano essi robot o umani.