Bisogna lottare per realizzare i propri sogni, stringere i denti e affrontare tutti gli ostacoli che si frappongono tra noi e la realizzazione di quello che desideriamo. È una battaglia impari, perché fin troppo spesso gli ostacoli sono numerosi e difficili da superare, anche laddove la meta sarebbe delle più semplici e realizzabili, ma quando il sogno è veramente grande, anche la spinta verso esso può diventare sufficiente a superare ogni difficoltà o barriera si presenti. Infatti l'aspetto più difficile è proprio mantener viva questa spinta, credere in quello che si fa ed essere decisi al punto da raggiungere il proprio obbiettivo. Ed essere abbastanza forti di mantenerlo.
È quello che racconta Isabel Coixet nel suo The Bookshop, film già premiato alla sua uscita spagnola da un buon riscontro di pubblico ed una dozzina di nomination ai Goya che gli sono valse ben tre premi, come miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura. Una mole di riconoscimenti che ci sembra francamente eccessiva dopo aver visto il film in quel di Berlino, perché il lavoro della regista è probabilmente appetibile per lo spettatore medio, ma non è certo esente da difetti.
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Una donna e il suo sogno
Protagonista di The Bookshop è Florence Green, giovane donna, vedova da sedici anni, che decide di perseguire il sogno che l'anima da una vita: aprire e gestire una libreria. Lo fa nel piccolo centro rurale di Hardborough, paesino costiero dell'Inghilterra, scegliendo un vecchio casale come sede per la sua nuova attività. Florence si dà da fare per la sua Old House Bookshop, ma proprio quando è praticamente pronta all'apertura, arrivano i primi segnali che non tutti in paese sono contenti di questa novità, ed in particolare la rispettata Signora Gamart le enuncia i piani che, invece, avrebbe avuto per la vecchia struttura in cui si è stabilita per vivere e condurre la sua attività. Florence va per la sua strada con decisione, ma ben presto il numero degli avversari cresce, esacerbati dal coraggio di alcune sue scelte nella selezione dei libri da promuovere, e la Green trova l'unico alleato nel recluso signor Brundish, un uomo che si è volontariamente isolato per godere della sua passione per la lettura.
Semplicità d'altri tempi
Partendo dal romanzo datato 1978 di Penelope Fitzgerald, Isabel Coixet ci porta nell'Inghilterra rurale degli anni '50 per raccontare una storia d'altri tempi con uno stile ugualmente classico. La regista fa ricorso ad abbondanti dosi di voce fuori campo per portare avanti la il racconto e condurci nella vita e nel sogno della Florence interpretata da Emily Mortimer con un efficace miscela di insicurezze e determinazione, mettendo i personaggi e le loro parole al centro della scena. Se il film non ci è sembrato riuscito non è per la prova della protagonista, né per quella di Patricia Clarkson nei panni dell'antagonista signora Gamart o di Bill Nighy che incarna il recluso Brundish. È piuttosto a causa di uno script, pur premiato ai Goya, che farcisce la sua struttura lineare con dialoghi semplicistici e poco ispirati.
Il potere delle parole
Ed è doppiamente da biasimare in un film che elogia l'importanza ed il potere della parola scritta, dei libri, della cultura e della sua diffusione. Un film che affida anche il più riuscito dei rapporti che descrive, quello incerto, misurato e cauto tra la Green ed il signor Brundish, ad una delicata corrispondenza comunicata allo spettatore, anch'essa, con voce fuori campo. Ciononostante, The Bookshop è un film che vuole e sa scaldare il cuore, e questo ci permette di sorvolare su difetti evidenti e lasciarci godere una storia mossa dalla forza dei sogni e dai buoni sentimenti. Un film che ha l'ulteriore pregio di raccontare una figura femminile, che pur nelle sue insicurezze, si dimostra indipendente e moderna.
Movieplayer.it
3.0/5