Si può fare una comedy culinaria che parla in realtà di comunicazione e sensibilizzazione verso le malattie mentali? Come spiegheremo nella recensione di The Bear, l'acclamata serie originale FX dal 5 ottobre su Star di Disney+ con tutti gli otto episodi disponibili, lo dimostra. Già rinnovata per una seconda stagione, la dramedy vede tornare in tv Jeremy Allen White, l'amato protagonista del remake statunitense di Shameless. Anche The Bear è senza peli sulla lingua ma dimostra un cuore enorme e un'attenzione incredibile per tematiche che possono sembrare inizialmente lontanissime dal mondo della nouvelle cuisine, invece ci vanno a braccetto.
Salvare il ristorante di famiglia
Carmen "Carmy" Berzatto (Jeremy Allen White), soprannominato il "Bear" del titolo ("orso"), era un giovane e promettente chef del sofisticato mondo della ristorazione newyorchese, premiato a soli 21 anni, che torna a casa in quel di Chicago per gestire la paninoteca di famiglia, "The Original Beef of Chicagoland", in seguito al suicidio del fratello Michael. Un trauma e un lutto familiare che hanno colpito tutti, compresi la sorella Natalie 'Sugar' (Abby Elliott), che si preoccupa per la salute di Carmy, e il cugino acquisito (in realtà migliore amico di Michael) Richard 'Richie' Jerimovich (Ebon Moss-Bachrach), che continua a dargli contro per come vuole rivoluzionare il sistema di gestione del ristorante che lui e Michael avevano costruito per anni, portandolo però quasi al fallimento. La gestione della cucina in una piccola impresa familiare è molto diversa da un grande ristorante stellato, ma potrebbe essere proprio quello che serve a "Jeff" (cioè Chef, come il protagonista insiste a chiamare tutti in cucina per evitare gerarchie). A New York era particolarmente stressato, vomitava ogni giorno prima di andare a lavoro e veniva praticamente bullizzato dal capo chef. Una pratica comune in molti campi lavorativi, soprattutto quelli che richiedono l'eccellenza, che Carmy si prefigge di sdoganare partendo dalla piccola realtà familiare che si ritrova in casa.
Salvare lo staff di famiglia
Carmy "The Bear" trova un muro anche nei propri collaboratori e sottoposti alla paninoteca, che non credono nel nuovo sistema e pensano si tratti di una serie di "snobberie" altolocate e non di una comprovata gestione per ottimizzare il lavoro di tutti e far emergere il talento di ognuno. A fare da collante e paciere la nuova arrivata, una tirocinante presto assunta, Sydney (Ayo Edebiri), la perfetta controparte di Carmy, piena di sogni ma anche di pragmatismo, che ben si sposano con le idee rivoluzionarie del giovane chef. È coinvolgente ed emozionante vedere come il protagonista provi ad aprirsi soprattutto con la sorella e con Sydney, come si tenti di comunicare meglio in cucina per farlo meglio nella vita. Far capire che non c'è vergogna nel chiedere aiuto, nel voler parlare apertamente di quello che ci succede dentro, nel voler migliorare il piccolo grande mondo in cui si vive... perché magari così miglioreremo anche quello più grande ancora. Creata da Christopher Storer (Ramy), The Bear ci mostra come una famiglia disfunzionale, anche lavorativa, possa diventare più funzionale e coesa con gli strumenti e l'atteggiamento giusto, e soprattutto con il cuore, tra un'imprecazione e una giornata (che sembra una vita) storta. Il serial parla anche di tematiche forti come il suicidio, l'alcolismo, l'ansia e gli attacchi di panico da stress, in una vita sempre più frenetica in cui ci sembra sempre di non avere mai abbastanza tempo.
Salvare le ricette di famiglia
Ovviamente la storia raccontata finora, trattandosi di una comedy culinaria, è valorizzata e incorniciata dai colori, i suoni e gli odori (che si possono percepire attraverso lo schermo) della cucina, dalla più basilare alla più ricercata, in un perfetto incontro tra nouvelle cuisine e street food per far capire che non devono essere necessariamente due mondi agli antipodi che si fanno la guerra, ma possono coesistere e imparare l'uno dall'altro. Sarà una vera e propria sfida per Carmy e Sydney trasformare "The Original Beef of Chicagoland" ma da spettatori non potremo che tifare per loro e seguirli mentre cadono e si rialzano di fronte agli ostacoli che troveranno sul loro cammino. Emblematico in tal senso è il personaggio di Marcus (Lionel Boyce), panettiere promosso a pasticcere che dimostrerà tutta la propria vena artistica attraverso i dolci che preparerà. Anche il montaggio serrato e frenetico, le inquadrature concentrate sui dettagli e la colonna sonora, che pesca molto da cantanti e band rock di Chicago degli anni '80 e '90, contribuiscono a colorare ancora di più il racconto sullo schermo: come Spiders (Kidsmoke) di Wilco, Via Chicago, Let Down dei Radiohead, Saint Dominic's Preview di Van Morrison, Animal dei Pearl Jam, Chicago di Sufjan Stevens, Last Train Home di John Mayer e Oh My Heart dei R.E.M. Jeremy Allen White è passato dalla famiglia disfunzionale dei Gallagher in Shameless a quella dei Berzatto, ma per quest'ultima ci sembra ci sia più speranza. Questione di prospettiva.
Conclusioni
Si può fare una comedy culinaria che parli in realtà dell'importanza della comunicazione e della sensibilizzazione verso ansia e malattie mentali? Lo abbiamo detto nella nostra recensione di The Bear. La serie si differenzia dalle altre per l’importanza e la delicatezza degli argomenti trattati, e per come riesce attraverso il cibo a mostrare, in una cornice familiare che si dimostra attuale, pragmatica e deliziosa, l'importanza di chiedere aiuto.
Perché ci piace
- Jeremy Allen White riesce a dare grande umanità al protagonista e la sua chimica con Ayo Edebiri è perfetta.
- Personaggi variopinti e coloriti.
- Parlare di cucina per parlare di comunicazione e gestione dell’ansia costante in cui viviamo oggi.
- Utilizzare i colori del cibo e della musica di Chicago per dare il giusto tono alla serie.
Cosa non va
- Il tono frenetico della comedy potrebbe non essere apprezzato da tutti.